A quasi un anno dal primo lockdown, ritorna a galla la questione canoni d’affitto. Una spesa che in un periodo di perdurante crisi economica e sanitaria diventa quasi proibitiva per tutte quelle attività che hanno dovuto abbassare la serranda, prima, e riaprire a mezzo servizio poi. Ristoranti, bar, pasticcerie, negozi e pubblici esercizi in genere si sono trovati, spesso, nell’impossibilità di sostenere un affitto mancando quel flusso di cassa costante che permetteva la sostenibilità dell’impresa. Da qui la necessità di una rinegoziazione del canone che ha messo allo stesso tavolo proprietari immobiliari e inquilini con esiti diversi.
Canoni d'affitto, il nuvo spettro dell'Horeca?
Il caso fiorentinoSecondo una rilevazione della
Camera di commercio e di
Confesercenti Firenze, per esempio, delle circa 50 procedure di rinegoziazione seguite (escluse quelle tra privati), il 70% ha avuto esito positivo. Tuttavia, se si considera solo il
centro storico della città, questa percentuale scende al 30%. Cifre che segnalano una
differenza sostanziale fra l’impatto della pandemia in centro e in periferia. I motivi sono diversi e vanno da una questione di
opportunità (quella di non vedere scomparire una fonte di reddito oppure quella di poter contare su un portoflio di immobili molto ampio) a una di
business (le vacancy non piacciono a nessuno) ma che in ogni caso potrebbero pesare sulla ripresa economica del settore
Horeca (
che rischia di finire nel mirino della criminalità).
In attesa del decreto
Ristori V, impossibilitati a utilizzare il
credito di imposta al 60% sul canone d’affitto (previsto nel 2021 solo per le agenzie turistiche),
con costi fissi che continuano marciare, infatti, molti esercizi commerciali non reggerebbero un nuovo giro di restrizioni, con il rischio che in mancanza di aiuti concreti, possa esplodere il rapporto economico fra proprietari e inquilini.
«Una situazione che era
prevedibile già a seguito del primo lockdown quando il numero delle rinegoziazioni è aumentato vertiginosamente ma ha rappresentato solamente un’
aspirina per un settore che aveva bisogno di un
antibiotico», afferma
Armando Vitali dell’ufficio studi
Fimaa. In media, secondo la Federazione italiana mediatori agenti d’affari, il tasso medio di riduzione del canone è stato del 25-30% mentre il 50% dei canoni d’affitto è stato abbonato prevedendo una spalmatura della somma negli anni successivi. «Accordi sottoscritti a maggio-aprile 2020 e che ora si stanno avvicinando alla scadenza», ricorda Vitali; con tutte le conseguenze del caso, aggiungiamo noi.
Armando Vitali
Le possibili soluzioni Eppure le
soluzioni per disinnescare il problema non mancano. «Pensiamo alla
cedolare secca, ossia l’imposta agevolata fissa al 21% sul reddito da locazione che, dopo essere stata estesa agli affitti commerciali nel 2019, non è più stata rinnovata. Una sua re-introduzione permetterebbe un abbassamento del canone a fronte di un risparmio fiscale che garantirebbe quel margine di
liquidità necessario per avvicinare le posizioni di locatari e conduttori», ricorda Vitali.
Un’alternativa potrebbe arrivare anche da un maggior coinvolgimento delle
istituzioni locali. A proporla è
Fiaip, la Federazione italiana agenti immobiliari professionali: «Attraverso una temporanea e parziale riduzione dell’
Imu al proprietario che concede uno sconto all’inquilino potrebbe innescarsi un circolo virtuoso che coinvolge pubblico e privato e rafforza i legami fra le parti. Ci tengo infatti a sottolineare come mai come oggi i diversi attori del mercato immobiliare non siano su posizioni contrapposte ma condividano le stesse preoccupazioni e gli stessi problemi», afferma
Gian Battista Baccarini, presidente nazionale di Fiaip.
La stessa Fiaip ha anche avanzato la proposta di «prevedere un credito di imposta al 60% del costo dell’affitto per i prossimi tre anni così da accompagnare la sperata ripresa del mercato. Oppure l’estensione del
bonus abitazioni, che ora riguarda solo il residenziale e prevede uno sconto del 50% fino a un massimo di 1.200 euro annui, al settore commerciale. E ancora, la
deducibilità dell’Imu a chi decide di investire nell’immobiliare così da attirare anche investitori stranieri, la destinazione dell’
imposta di soggiorno al rilancio delle strutture turistiche, ecc», elenca Baccarini.
Gian Battista Baccarini
Nel 2020, +225mila attività su strada chiuseTutte proposte valide che poi devono tenere in considerazione la
realtà dei fatti. Secondo Fiamm, nel 2020 hanno chiuso 225mila attività in più rispetto al 2020 e un buon 30% di quelle chiuse su strada hanno determinato una
vacancy. Per evitare che questo numero aumenti, allo studio c’è un’evoluzione del classico contratto d’affitto commerciale che prevede il pagamento di un canone fisso da corrispondere ogni mese. «Il ricorso al
canone flessibile, ossia la possibilità di corrispondere una cifra fissa e una legata alle performance dell’impresa, era una tendenza fiacca negli anni precedenti ma ora sta sempre più prendendo piede e potrebbe essere un trend consolidato alla fine della crisi. Questo sta succedendo di più nei centri storici dove i locali sono presidiati da brand importanti con risultati dimostrabili, tracciabili, trasparenti. Un’altra variante potrebbe essere quella di un
canone progressivo che raggiunga una cifra concordata con un aumento costante in un tempo determinato», sottolinea Vitali.
Le prospettive del 2021Dinamiche che dovranno
essere testate sul e dal mercato che, nel frattempo, si è mostrato più
resiliente di quanto si pensasse: «Dalle ultime rilevazioni è emerso che il calo delle
compravendite nel 2020 rispetto al 2019, precedentemente attestato intorno a -120mila operazioni, sia più contenuto, intorno alle 40mila compravendite in meno; il -7%. Questo significa che il mercato immobiliare ha tenuto, è attrattivo e, unitamente all’aumento dei
risparmi degli italiani, cresciuti di 160 miliardi rispetto al 2019, e ai
tassi di interesse ai minimi storici, presenta i presupporti per un 2021 comunque positivo», conclude Baccarini.