La criminalità organizzata, come uno sciacallo, sta approfittando della grave situazione economica che attanaglia le imprese italiane a causa della pandemia. La mancanza di liquidità generata dal poco lavoro porta sempre più piccoli-medi imprenditori a vendere la propria creatura oppure a chiedere aiuti “alternativi” a quelli statali che non arrivano in misura adeguata.
In entrambi i casi rispondono spesso, troppo spesso, agli appelli acquirenti poco affidabili che fiutano l’affare e il bisogno urgente di soldi da parte dei venditori e comprano. Un circolo vizioso grave e pericoloso in ottica futura, che da un lato alimenta il mercato criminale e dall’altro distrugge la qualità delle attività artigianali italiane che si sono costruite nel tempo dando da mangiare a intere famiglie, non poche. E guardando al domani, soprattutto nel mondo della ristorazione e del turismo, viene da chiedersi quale sia la qualità dell’offerta di cui i consumatori potranno godere.
L'ombra della mafia su hotel e ristoranti
Napoli e Roma tra le province più colpiteL’
allarme era scattato già poco dopo lo scoppio della pandemia, ma ora sono i numeri a confermarlo. Quelli del
Cerved dicono - ad esempio - che in provincia di
Napoli hanno cambiato proprietà 663 tra aziende e negozi, ovvero il 2% del totale che rappresenta un dato molto superiore alla media degli altri anni. Un caso isolato? No, perché anche a
Roma questo turn-over sfrenato e sospetto è diffuso: tra fine febbraio e metà ottobre 2020 sono state cedute 1.265 attività.
A rischio 140mila società di capitaliTirando le somme nazionali, il
Cerved - specializzato nell’analisi del rischio delle imprese - disegna uno scenario da allarme rosso: 9.921 aziende hanno cambiato titolare in
Italia dal 28 febbraio al 15 ottobre 2020; 140mila società sono a rischio usura e riciclaggio, il doppio rispetto all’anno passato. Secondo l’agenzia di informazioni commerciali e di
rating Cerved sarebbero circa 10mila i
ristoranti esposti a rischio di
usura o riciclaggio, quasi 2mila gli
alberghi e 1.800 le
agenzie di viaggio
E se i numeri di oggi sono già preoccupanti, il
futuro non promette niente di buono: un quinto delle 723mila società di capitali attive in Italia sono a rischio default e la crisi di
liquidità - tra i primissimi problemi - fa gola a chi ha invece molto
denaro contante da ripulire.
Sulla questione il neo Premier,
Mario Draghi si è mostrato “sul pezzo” nel suo discorso al Senato spiegando che il rischio di
infiltrazioni è reale e che servono verifiche più incisive sui cambi societari, specie per gli esercizi commerciale e il settore
turistico alberghiero.
Colaiacovo: Si rischia di perdere un patrimonio enormeProprio quest’ultimo è in apprensione doppia da un anno: da un lato la chiusura prolungata e forzata, dall’altro le “tentazioni” di aiutini e acquisizioni non sempre così chiare. «Non abbiamo dati certi su questa tendenza - ha spiegato la vicepresidente di Confindustria Alberghi,
Maria Carmela Colaiacovo - ma il pericolo c’è. In Italia abbiamo 15mila alberghi a 3 stelle con una media di 30 camere e 6mila 4 stelle con una media di 70
camere; molte di queste strutture sono gestite da famiglie italiane che non hanno catene alle spalle e dunque sono maggiormente esposte al pericolo. Vedremo quante strutture sopravviveranno una volta passata la pandemia, è chiaro che se non vengono sostenute si perde un
patrimonio enorme per tutto il Paese».
Sempre a proposito di turismo, Cerved evidenzia che tra i settori che più di tutti soffrono c’è quello degli
autonoleggi, rimasti senza turisti: ne sono stati venduti 41 su 1.432 in tutta Italia dall’inizio della
pandemia.
Agromafie, business da 24,5 miliardiLa ristorazione dal canto suo non è messa tanto meglio. Nell’ultimo anno hanno cambiato gestione 586 società su oltre 33mila (con un’incidenza dell’1,8%). A queste se ne aggiungono 500 legate all’ingrosso di
alimentari. L’agroalimentare in genere è da tempo bersaglio facile e florido per la criminalità organizzata che riesce a “
fatturare” grazie a questo 24,5 miliardi di euro.
Le infiltrazioni
mafiose sono particolarmente preoccupanti per la filiera agroalimentare con la ristorazione indebolita finanziariamente dal
crack di 41 miliardi nel 2020 a causa delle conseguenze dell’emergenza Covid. La criminalità è arrivata a controllare cinquemila locali con l’agroalimentare che è divenuto una delle aree prioritarie di investimento della malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella
società civile e condizionare la via quotidiana della persone. L’allarme contenuto nella Relazione semestrale della
Dia trova particolare fondamento nella filiera agroalimentare dove pesa la crisi di liquidità generata dalla pandemia in molte strutture economiche che sono divenute più vulnerabili ai ricatti e all’
usura.
Le operazioni delle
Forze dell’Ordine svelano gli interessi delle organizzazioni criminali nel settore agroalimentare ed in modo specifico nella ristorazione nelle sue diverse forme, dai franchising ai locali esclusivi, da bar e trattorie ai ristoranti di lusso e aperibar alla moda fino alle pizzerie. In questo modo la
malavita si appropria di vasti comparti dell’economia green dai campi agli scaffali, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio
Made in Italy.
«Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto - afferma il presidente della Coldiretti,
Ettore Prandini - confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare. In questo contesto diventa più urgente l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla
Coldiretti».
Stoppani: Aiuti alle imprese per evitare queste conseguenze«Lo stiamo ribadendo a più riprese - ha detto il presidente della
Fipe,
Lino Stoppani - che tra gli effetti collaterali di questa crisi e dei mancati aiuti statali c’è un’esplosione della criminalità organizzata. Il problema esiste, non va sottovalutate ne drammatizzato, ma affrontato consentendo agli imprenditori di lavorare con regolarità, altrimenti più si va in
sofferenza e più i corteggiamenti della malavita trovano terreno fertile sul quale fiorire».
«I dati - ha spiegato a Repubblica
Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved - indicano che le imprese sono passate di mano soprattutto nelle regioni e nei settori dove i fenomeni di infiltrazione mafiosa sono più comuni. Non a caso Campania, Lazio e
Sicilia sono le regioni dove le cessioni sono più frequenti. Lì emergenza
sanitaria e lockdown si sono accaniti su un sistema già fragile. Ma tutta la Penisola vive questa recessione: subito dopo ci sono Abruzzo, Liguria, Friulia Venezia Giulia e Lombardia».
I numeri del Cerved sono sostenuti anche da quelli della
Banca d’Italia. Nell’ultimo semestre 2020 è stato registrato il 10% in più di segnalazioni di operazioni sospette. Spesso le stesse sono state considerate dalla Guardia di Finanza “rilevanti”. Secondo quanto riferito in audizione a Montecitorio da
Giuseppe Zafarana, comandante generale delle Fiamme Gialle, «ci sono oltre 2mila approfondimenti su flussi collegati a tentativi di infiltrazione della criminalità nell’economia, di sviamento di sussidi pubblici e abusi di mercato».