Come un fulmine a ciel sereno, il Consiglio di Stato ha deciso che le concessioni balneari in essere scadranno a fine dicembre 2023. Poi via alla concorrenza e ai bandi di gara. Una doccia fredda per gli attuali gestori che dopo averla scampata nel decreto legge sulla concorrenza (che prevedeva solamente una mappatura delle concessioni attive) ora si mobilita per fare ricorso verso quella che per Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari (Sib), è una «sentenza dirompente che preoccupa una fetta importante dell’economia del nostro Paese. In ballo ci sono decine di migliaia di famiglie che vivono ore di sconforto».
In Italia su 61mila concessioni demaniali marittime, circas 12mila sono date agli stabilimenti balneari
La decisione del Consiglio di Stato: due anni per predisporre le modalità di gara
La decisione del Consiglio di Stato, con le sentenze numero 17 e 18 pubblicate il 9 novembre, prevede che, al fine di promuovere la concorrenza del settore e sanare la mancanza di un’organica disciplina nazionale sulle concessioni demaniali marittime (in contrarietà all’ordinamento comunitario), non si possano concedere ulteriori proroghe alle circa 61mila concessioni balneari attualmente assegnate, di cui 12mila per gli stabilimenti balneari che fruttano allo stato circa 100 milioni (secondo dati di Legambiente). Per mitigare «il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere», il massimo organo della giustizia amministrativa ha previsto una finestra di due anni. Dopodiché, «non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza».
La decisione del Consiglio di Stato dà tempo due anni alla pubblica amministrazione per stabilire le modalità dei bandi di gara
Nei due anni di tempo da qui alla fine del 2023, la Pubblica Amministrazione è chiamata a stabilire le modalità con cui si svolgeranno le procedure di gara per assegnare le nuove concessioni demaniali. In poche parole, spetterà al Governo guidato da Mario Draghi trovare una soluzione per adeguare la normativa alla sentenza del Consiglio di Stato; a partire, forse, già dalla prossima Legge di Bilancio in discussione in questi giorni.
Associazioni di categoria pronte al ricorso, a rischio 30mila lavoratori
Nel frattempo, però, fra i gestori è scoppiato il panico. E la rabbia. «Sto cercando di capire le motivazioni di una sentenza così sconvolgente. Sembra saltata la certezza del diritto e con essa la giusta tutela per gli investimenti effettuati dagli operatori del settore», ha aggiunto Capacchione sulle pagine del Corriere della Sera. In prospettiva, c’è il rischio di una lunga querelle legale che potrebbe arrivare fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Prima, però, bisogna leggere le carte. Anche perché una legge statale del 2019 aveva di fatto allungato le concessioni fino al 2033.
Una posizione condivisa anche da Laura Cascione che con la sorella Chiara gestisce i Bagni Bisori di Marina di Cecina, uno degli stabilimenti più antichi d’Italia recentemente premiato al Sun di Rimini, manifestazione di settore organizzata dal Sib: «In famiglia non ne abbiamo ancora parlato. Ma sicuramente prima di esprimere qualsiasi giudizio dobbiamo interfacciarci con le associazioni di rappresentanza. Insomma, al momento dobbiamo ancora metabolizzare la notizia. Anche perché, nel nostro caso, la concessione pubblica è solo una piccola parte rispetto alla spiaggia privata. Cosa succederà ancora non lo sappiamo». Quel che è sicuro è che dopo la legge sulla concorrenza europea del 2006, la Bolkenstein, il settore dei stabilimenti balneari si sente sotto attacco: «In Italia la gestione degli stabilimenti è una questione famigliare, si tramanda di padre in figlio. Se la Bolkenstein venisse adottata anche dall’Italia il settore sarebbe sicuramente destabilizzato. Per non parlare dei contraccolpi a livello occupazionale: ogni stagione noi diamo lavoro a 5-6 persone. Chi pensa a loro?», conclude Cascione.
A promettere battaglia è anche Federbalneari: «Quanto deciso dal Consiglio di Stato mette a repentaglio oltre 30mila famiglie che lavorano nel settore turistico balneare, decretando il blocco degli investimenti con gravi ripercussioni anche a livello occupazionale», ha affermato il presidente Marco Maurelli al Corriere della Sera sostenendo l’intenzione di approfondire le motivazioni della sentenza e fare ricorso.