Dopo la “sbornia” del 2020, come sta andando il commercio alimentare nel largo consumo confezionato (noto anche con la sigla Lcc che indica tutti i beni di consumo primario prodotti e confezionati)? La domanda se l’è posta Iri che a Tuttofood ha presentato una ricerca ad hoc relativa ai primi mesi dell’anno in corso. Primo risultato? La distribuzione si sta consolidando. Se lo scorso anno il mercato era stato caratterizzato da un aumento dei prezzi a causa della riduzione dell’attività promozionale, ora quest’ultima cresce e si avvicina ai livelli del 2019. Il tutto a fronte di vendite che hanno toccato, nell’anno in corso, i 58,8 miliardi di euro (progressivo aggiornato a settembre 2021).
Alimentari (ortofrutta) e bevande (alcolici) guidano le vendite
Andando più nello specifico, se il 2020 ha visto forti crescite di reparti generalmente poco performanti, come quello della Cura della casa, nel 2021 si assiste alla tenuta degli alimentari e delle bevande: +4,3% il progressivo 2021 a settembre delle vendite a volume e +3,6% a valore per i primi; +7,1% a volume e +8,6% a valore per la seconda categoria merceologica (che ha beneficiato sia del clima caldo estivo che del boom di alcune referenze come birra, aperitivi e liquori utilizzati per la preparazione dei cocktail). A livello di reparti merceologici, spicca quello del fresco: +6,6% a volume e +4,9% a valore con l’ortofrutta di IV e V gamma sugli scudi.
Per la distribuzione un fatturato aggiuntivo di 9 miliardi rispetto al 2019
Andamenti che, sommati, forniscono alla distribuzione moderna un fatturato aggiuntivo di 9 miliardi di fatturato (a fine agosto 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019) derivante dalle performance di acquisto nel largo consumo confezionato. Di questo “gruzzolo” i formati caratterizzati dalla convenienza, dalla specializzazione e dall’attenzione al servizio sono riusciti a ottenere un vantaggio consistente. In perdita, con una quota del 10% delle spese per il largo consumo confezionato, gli ipermercati che lasciano sul terreno qualcosa come 608 milioni di euro di mancata spesa.
Diversamente, i supermercati, con una quota del 53,6% delle spese per il largo consumo confezionato, assorbono 4,5 miliardi di acquisti ma restano comunque in calo rispetto al 2019 (anche in questo caso raffronto con l'anno terminante ad agosto) del -0,4%. Se si allarga lo sguardo al periodo pre-pandemia, però, è il discount il vero campione dei consumi: +2% fra agosto 2021 (circa 3,1 miliardi di euro di spesa) rispetto ad agosto 2019.
La polarizzazione dei consumi
A distanza di quasi due anni dallo scoppio della pandemia, i dati Iri tracciano anche un processo di premiumizzazione (ossia di preferenza di acquisto per prodotti a maggiore valore) nelle tendenze di acquisto delle famiglie italiane: i prodotti di fascia super premium guadagnano lo 0,3% rispetto al 2019 mentre perdono il -0,8% i prodotti di più largo consumo. Ad avvantaggiarsene sono i prodotti a basso prezzo che ad agosto 2021 occupano una quota del 24,9% degli acquisti con un +0,4% sul 2019. Trasversale a queste dinamiche è la conferma di alcune preferenze come il prodotto 100% italiano, a basso contenuto di grassi e sale, senza lattosio o zucchero, biologico, integrale, vegetale.
L'italianità dei prodotti, un trend inarrestabile
Per quanto riguarda i prodotti 100% italiani, i dati Iri confermano che siamo di fronte a un trend ormai consolidato e inarrestabile. Se nel 2018 la loro crescita era del 4% per un valore di circa 3,1 miliardi di euro, nel 2020 il tasso di crescita è stato del +10,1% per un valore pari a 3,6 miliardi di euro. In questo segmento, i prodotti a denominazione d’origine hanno rappresentato sicuramente il driver principale con un tasso di crescita del +9,6% nel 2020 per un totale di 2,7 miliardi di euro.