Il 2020, l’annus horribilis della ristorazione italiana, si è chiuso nel peggiore dei modi: 37,7 miliardi di euro di perdite, circa il 40% dell’intero fatturato annuo del settore andato in fumo. Per questo la Fipe - Confcommercio, Federazione italiana pubblici esercizi, insieme alle principali sigle sindacali del Commercio e del Turismo, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, ha scritto al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, chiedendo un incontro urgente per elaborare insieme un piano organico di interventi per le imprese e i lavoratori dei pubblici esercizi, anche con l’obiettivo di programmare una riapertura in sicurezza dei locali.
Lino Enrico Stoppani e Stefano Patuanelli
Conti di fine anno sul tavoloIl punto di partenza della discussione saranno proprio i
conti di fine anno elaborati dall’Ufficio Studi di Fipe, che ha messo in luce come il colpo più duro al settore sia arrivato dalle
chiusure di novembre e dicembre. Storicamente, nel periodo delle festività dicembrine per una parte rilevante dei locali si arriva a generare
fino al 20% del fatturato annuo: nel quarto trimestre 2020, invece, le
perdite registrate hanno superato i 14 miliardi di euro, con un
-57,1% dei ricavi, peggio ancora di quello che era successo nel secondo trimestre, quello del
primo lockdown.
Questa fine anno ha vanificato gli sforzi estivi che pure avevano portato ad un contenimento delle perdite in alcune aree turistiche del Paese. Le grandi città, ed in particolare le
città d’arte, dove ha pesato di più l’assenza del turismo internazionale, non hanno invece beneficiato nemmeno della tregua estiva, registrando
perdite complessivamente superiori all’80%.
Stoppani: Ristorazione senza pace«La ristorazione italiana – dichiara
Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio -
non ha pace: ogni volta che si avvicina la scadenza delle misure restrittive, ne vengono annunciate di nuove e
si riparte da zero. Così anche il primo provvedimento del 2021 ha disposto la chiusura di bar e ristoranti nei fine settimana, lasciando gli imprenditori nell’incertezza dall’11 gennaio in poi, con i danni e le distorsioni che ne conseguono. Chiediamo a Governo e Comitato Tecnico Scientifico di dare prospettive diverse - più certe, ma anche più motivanti - ad un
settore che ha pagato un prezzo altissimo, ma soprattutto che ha già
dimostrato di poter lavorare in totale sicurezza. Non è più accettabile che i pubblici esercizi, insieme a pochi altri settori, siano i soli a farsi carico dell’azione di contrasto alla pandemia, richiesti di
un sacrificio sociale non giustificato dai dati e
non accompagnato da adeguate e proporzionate misure compensative. È indubbio che per uscire da questa crisi ci sia bisogno del contributo di tutti, ma proprio per questo non si può imputare sulle spalle sempre delle stesse categorie il peso del contenimento della pandemia, affossando nel frattempo
un settore strategico per l’economia del Paese e per la vita quotidiana delle persone».