Da Roma si leva forte la richiesta del patentino vaccinale. A riproporre l’idea sarebbe stata la Regione Lazio sulla scorta del pressing sempre più deciso delle categorie economiche locali: turismo, commercio e ristorazione in primis. Non si tratta di una novità. Già i presidenti delle Regioni Luca Zaia e Vincenzo De Luca avevano sostenuto l’introduzione di un certificato che attestasse l’avvenuta vaccinazione. Un documento che potrebbe garantire la veloce riprese delle attività ma che deve scontrarsi con il rallentamento della campagna di vaccinazione.
Federalberghi Lazio rilancia l'idea del passaporto vaccinale per la stagione 2021
Proprio i ritardi, secondo le differenti componenti economiche, non possono essere l’
alibi per la mancata creazione del patentino (o passaporto) vaccinale. «I ritardi non devono indurre a perdere tempo, perché le basi devono essere gettate fin da adesso. Il patentino venga fatto e rilasciato non solo ai vaccinati ma anche a chi ha già avuto il virus», ha rilanciato
Giuseppe Roscioli, presidente di
Federalberghi Lazio.
L’
obiettivo è quello di arrivare preparati alla prossima
stagione vacanziera. La primavera e l’estate 2021 non possono ripetere gli errori di programmazione visti lo scorso anno. E, sebbene la comunità scientifica sia al momento scettica sull’utilità e l’attendibilità dei certificati di avvenuta immunizzazione, per chi ha un bar, ristorante o albergo sapere che il
cliente è stato vaccinato permette di operare con maggiore tranquillità; sia sanitaria che economica.
I precedenti italianiNei mesi scorsi, a partire
dalle colonne di Italia a Tavola, il tema del passaporto vaccinale aveva già fatto breccia nella comunità
Horeca e non solo. Prima del supporto della Regione Lazio, erano arrivate le proposte di
Luca Zaia e
Vincenzo De Luca. Il progetto, lanciato dal presidente della regione Campania, prevede il rilascio di una
tessera dotata di chip che permetta la verifica dell’effettiva vaccinazione incrociando i dati in mano alla sanità regionale. A Nord Est, invece, già a fine dicembre il presidente della regione Veneto si era speso più precisamente a favore del passaporto vaccinale spostando tuttavia la data di entrata in vigore dello strumento una volta che sarà raggiunta l’
immunità di gregge.
Un tema europeoSempre sul passaporto vaccinale, si era esposta anche
la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen rilanciando la proposta del premier greco Kyriakos Mitsotakis. L’idea è semplice: dotare le persone di un documento che gli
permetta di viaggiare fra un paese e l’altro senza l’obbligo di quarantena fiduciaria all’arrivo o la necessità di presentare un test molecolare effettuato al massimo tre giorni prima dell’imbarco. Eppure, nonostante la buona volontà, la questione ha subito sollevato dei quesiti sia di natura
giuridica sia
etici paventando un rischio di discriminazione sanitaria. Problema che dovranno tentare di risolvere i singoli Paesi membri a cui è in capo anche la gestione della lotta al virus.
Il dilemma delle palestreSul tema della certificazione
passpartout si è innescata la polemica nel mondo delle
palestre. Protagonisti dello scontro,
Giampaolo Duregon, presidente di
Anif-Eurowellness (associazione che raggruppa 100 mila centri sportivi) e
Giorgio Averni, presidente del
Circolo antico tiro a volo.
Casus belli, l’intervista rilasciata da quest’ultimo al
Messaggero in cui si dichiarava favorevole al documento per riprendere le attività. Secondo Duregon, invece, «le palestre, le
piscine e tutti i luoghi di sport hanno, già da maggio, adeguato le strutture ai rigidi protocolli emanati dal ministero dello Sport proprio per assicurare a tutti i frequentatori la massima sicurezza sanitaria. Il livello di contaminazione registrato nei centri sportivi è risultato effettivamente molto basso, al di sotto dell'1 per mille».
Le alternative di Fipe e FiepetIn attesa che la politica e gli esperti decidano il da farsi, chi ha deciso di non aspettare sono
Fipe e
Fiepet. Le due associazioni di categoria che raggruppano bar, ristoranti, pub e pubblici esercizi hanno già presentato
la propria proposta ai membri del
Comitato tecnico scientifico. Nell'incontro del 21 gennaio, le due associazioni datoriali «hanno avanzato alcuni criteri per una possibile e graduale riapertura in sicurezza delle attività di somministrazione. Il Cts ha manifestato grande attenzione e si è riservato di valutare le proposte nel merito già nel corso della prossima settimana», si legge in una nota diramata dalle due associazioni. In sostanza: rafforzare i
protocolli di sicurezza (già i più alti in Europa), ascoltare il parere degli scienziati e cominciare a riaprire anche la sera nelle zone gialle e, almeno di giorno, in quelle arancio quei locali che per
superficie e garanzie possono essere considerati “sicuri”.