Nelle situazioni di difficoltà economiche, dove la fragilità non è solo misurabile nei soldi che mancano in cassa ma anche (o forse soprattutto) psicologica, proliferano gli sciacalli che attendono il momento giusto per azzannare la preda morente e per guadagnarsi da vivere. La preda da ormai un anno sono le imprese della ristorazione e del turismo che necessitano di liquidità per non dover chiudere; gli sciacalli sono i clan della malavita organizzata che offrono i loro soldi “sporchi” per allungare i tentacoli su un business florido prima del covid e, si spera, florido anche a pandemia sconfitta.
L'ombra della mafia su turismo e ristorazione
10mila i ristoranti a rischio usuraSecondo l’agenzia di informazioni commerciali e di
rating Cerved sarebbero circa 10mila i
ristoranti esposti a rischio di usura o riciclaggio, quasi 2mila gli
alberghi e 1.800 le
agenzie di viaggio. Sin da subito le associazioni di categoria (comprese quelle dell’agricoltura) avevano acceso la luce su questa potenziale problematica forti di un numero allucinante, quel 24,5 miliardi di euro che rappresenta ad oggi l’ultimo dato sul business delle
agromafie secondo l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.
«La previsione che le mafie potessero infiltrarsi in un momento di grave emergenza - ha detto il procuratore nazionale antimafia,
Federico Cafiero de Raho - è fondata sull’esperienza. In ogni momento di emergenza le mafie hanno approfittato trovando gli spazi per poter trarre ulteriore arricchimento e soprattutto consolidare le loro
liquidità. Nessuno è al di fuori del rischio d’infiltrazione delle mafie».
Piccoli imprenditori ancora più in pericoloL’aspetto più preoccupante però è che l’analisi del
Cerved si basa solo sulle società di capitali, che sono decisamente inferiori rispetto alle tante
piccole realtà che sono ancora più bisognose e ancora più vulnerabili. Non è un caso che proprio il mondo della ristorazione sia da sempre nel mirino del riciclaggio per uso frequente di contante, per gli alti livelli di manodopera irregolare, per l’opacità della struttura
proprietaria.
Come detto poi il
lockdown (anzi, i lockdown) hanno contribuito a peggiorare la situazione. I mancati pagamenti della
ristorazione si sono infatti impennati fino ad un massimo del 73%: i
ricavi nel 2020 hanno registrato un calo del 56%. Montanti che hanno mandato ko 15mila ristoranti su 33mila che operano come società di capitale.
Lazio, Lombardia, Sicilia e Calabria le regioni più a rischioIl Cerved ha anche tracciato una mappa
geografica delle zone più a rischio. In testa a questa triste classifica c’è il
Lazio con 2.116 attività a rischio, poi la Lombardia con 1.370, quindi la Campania. Calabria e Sicilia tuttavia risultano essere le regioni più a rischio in proporzione al numero di ristoranti attivi sul territorio.
Non va meglio per gli
hotel. I mancati pagamenti causati dai lockdown hanno raggiunto addirittura il 78,7% e degli 8mila hotel che operano come società di capitale, quelli a maggiore rischio default sono circa 3mila. Anche in questo caso, considerando il numero di strutture ritenute più vulnerabili, è il Lazio la regione più a rischio (325 attività) e la Campania (236). In rapporto al numero di strutture presenti sul territorio regionale invece ancora Calabria e
Sicilia davanti a tutti con l’Abruzzo subito dietro.
E le agenzie di viaggio? La situazione è altrettanto drammatica. Mancati pagamenti per l’84,8% con oltre 2mila attività a società di capitale a rischio su 4.300 attive. Ancora Lazio, Lombardia e Campania le regioni più colpite. La Puglia è la regione con le agenzie che usciranno più fragili dal punto di vista finanziario dalla pandemia. Basilicata e Sardegna sono invece quelle più esposte al rischio.
«Lazio e Lombardia - ha detto a La Stampa,
Rocco Sciarrone, docente di sociologia della criminalità organizzata dell’ateneo di Torino - sono molto a rischio, ma l’attività di riciclaggio risulta generalmente in crescita nelle regione del
Nord. E non c’è dubbio che bar, ristoranti e alberghi sono i più esposti a questo tipo di rischio. Oggi poi i contatti tra economia reale e criminalità non hanno neanche bisogno del riciclaggio nel senso penale del termine. Il problema è l’area “grigia”: da qui nasce il patto tra imprenditore e mafia. Una domanda di servizio alla mafia. E su questo ci si focalizza poco, non si viene catturati dal riciclaggio, perché il denaro formalmente è pulito: questo è il vero problema».