Mentre le vaccinazioni proseguono, con più o meno rallentamenti, in tutto il mondo, l'idea di un passaporto Covid per tornare alla circolazione internazionale pre pandemia prende sempre più forma e sostanza. Un articolo ripreso da Nota Diplomatica e di seguito riportato integralmente riflette sulle conseguenze di questo “vaccination passport”. Muovendo i primi passi con le decisioni già attuate, in questa direzione, da Governi come quello statunitense, spingendosi fino a problematiche di discriminazione, come nel caso dei giovani, che potrebbero ricevere la dose del vaccino (e il suo richiamo) anche fra anni.

Il sistema dei passaporti sanitari digitali prende piede in tutto il mondo
“Molti Stati iniziano a pianificare un sistema di “
passaporti Covid” per agevolare la circolazione internazionale di chi dimostra di essere libero dal
contagio. Il progetto più avanzato è quello del
Regno Unito, dove un “vaccination passport” è in fase di test per verificare la tecnologia nel caso si riuscisse a dimostrare che i vaccini non solo diano l’
immunità al Covid, ma che ne blocchino anche la
trasmissione. Piuttosto che un documento fisico, si pensa a una “
app” sul cellulare.
Progetti simili sono allo studio nei Paesi più avanti con la vaccinazione, come gli Usa e Israele.
In Europa, Spagna e Grecia - due Paesi particolarmente interessati a vedere una ripresa del
turismo internazionale - hanno suggerito che l’
Ue faccia altrettanto, ma l’Europa, già indietro con le immunizzazioni, parrebbe avere per ora problemi più urgenti.
Anche molte
linee aeree annunciano che
apriranno i voli solo ai passeggeri in possesso di certificazione che li attesti o vaccinati o “liberi” dal contagio. Tra queste: United Airlines, British Airways, Virgin Atlantic, Swiss International AirLines e JetBlue.
Il
Governo Usa ha appena emesso una direttiva secondo la quale i passeggeri internazionali in arrivo negli
Stati Uniti devono essere in possesso di “prove” - sotto forma di risultati di analisi non più vecchie di 3 giorni - relative all’assenza di Covid o dell’effettiva guarigione dalla malattia. Il divieto d’entrata si applica agli stessi cittadini Usa, a cui si avvisa che quelli “presenti in Paesi dove il testing anti-Covid è inadeguato al bisogno dovrebbero rientrare immediatamente oppure prepararsi a restare (all’estero) fino a che non riescano a soddisfare il regolamento”.
Un sistema che inevitabilmente penalizzerà categorie come i giovani viaggiatori
C’è dunque ogni indicazione che una sorta di passaporto Covid sia in arrivo, per quanto non si conosca ancora quale forma avrà. La questione però va molto oltre l’aspetto tecnico perché il passaporto sarà fortemente
discriminatorio. Come esempio d’attualità, uno dei primi atti del neo-Presidente americano
Joe Biden è stato di rescindere il decreto trumpiano che vietava l’ingresso negli Usa dei cittadini di una serie di Paesi islamici. Un bel gesto, apprezzabile, ma vuoto di significato concreto se quei popoli provengono - com’è il caso - da Paesi dove non può essere soddisfatto il nuovo obbligo sanitario...
C’è anche un caso forse più grave e certamente più universale, quello dei
viaggiatori giovani. Il vaccino anti-Covid è fortemente contingentato. Nelle categorie di priorità stabilite per la somministrazione - i vecchi, il personale sanitario e così via - i giovani sono sempre in
ultima posizione. Potranno volerci anni prima che si arrivi a vaccinarli. È vero che le nuove generazioni - tranne in casi rari - non corrono rischi mortali per la malattia. Anche loro però pagheranno costi alti per l’epidemia in termini di
mancata scolarizzazione, di “non-socializzazione” in un’età tipicamente legata a una socialità spinta, e di
disoccupazione che affronteranno tornando alla vita economica in tempi che si promettono grami.
Come reagiranno quando genitori e nonni potranno andare dove vogliono - a Londra per lo shopping, a Corfù per il sole - e loro dovranno restare bloccati a casa? Già i rapporti intergenerazionali sono sotto tensione come mai si ricorda. Li puniamo per essere troppo sani da curare?
”