Pensioni: tutto potrebbe cambiare, dall’età ai contributi. Governo e sindacati sono pronti al primo confronto sulla riforma che dovrebbe superare l’era della quota 100 e che, quindi, entrerebbe in vigore dal 1° gennaio 2022, terminata la sperimentazione triennale dei pensionamenti anticipati. L’obiettivo è rendere l’impianto delle pensioni meno rigido.
L’obiettivo è rendere l’impianto delle pensioni meno rigido
Due ipotesi sul campo. La prima consentirebbe ad alcune categorie di lavoratori, a cominciare da
quelli che svolgono attività gravose o usuranti, di andare in pensione già a 62 o 63 anni con un’anzianità contributiva di 36 o 37 anni senza troppe penalizzazioni. Questi lavoratori potrebbero sfruttare il canale alternativo dell’Ape sociale in versione potenziata e strutturale.
La seconda ipotesi è quella che fisserebbe la
soglia minima di uscita a 64 anni con 37 di contributi per tutti gli altri lavoratori, compresi dunque i ristoratori, i baristi e i professionisti dell'horeca. Ci sarebbero, comunque, delle penalità per ogni anno di anticipo rispetto al limite dei 67 anni della pensione di vecchiaia.
Ipotesi non del tutto sgradita ai sindacati per i quali, comunque, la priorità resta l’uscita garantita per tutti alla maturazione dei 41 anni di contribuzione.
Ma il cammino verso un accordo rimane lungo anche perché, al momento, le attenzioni sono puntate sulla legge di bilancio, che conterrà un mini-pacchetto pensioni ma senza grandi novità, e la definizione del Recovery plan con la decisione dell’utilizzo dei 209 miliardi di aiuti europei messi a disposizione dell’Italia.