Venezia torna a far parlare di sé nella versione meno nobile, quella di prezzi al bar o al ristorante che inaspettatamente vengono gonfiati per lo stupore della clientela. Il primo episodio post-covid è stato denunciato da un lavoratore veneziano che si è recato all’Illy Caffè dei Giardini Reali per un cappuccino e una spremuta e ha dovuto pagare un conto da 21 euro.
L'illy Caffè all'interno degli storici Giardini Reali e lo scontrino "incriminato"
Una motivazione (diversa dalle solite
di cui abbiamo puntualmente dato notizia) c’è, ma ha dato adito ad ulteriori polemiche: il cliente non ha potuto consumare l’ordine al bancone, ma è stato invitato a sedersi al tavolo per rispettare le normi anti contagio in vigore nei locali di tutta Italia e che tanto hanno
fatto gridare all'allarme crisi i ristoratori. In particolare il cappuccino è stato battuto a 9 euro sullo scontrino, mentre la spremuta a 12. Nel locale dei Giardini Reali, il prezzo del caffè è di un euro e mezzo al banco, ma si alza a 6 se servito al tavolo, il cappuccino passa da 3 a 9 e la spremuta da 5 a 12 euro. «Se questi sono i prezzi - ha spiegato l’uomo al Corriere della Sera mostrando lo scontrino - ci andranno solo i turisti».
Una riflessione che dà modo di spiegare la filosofia del locale, aperto a un centinaio di metri da piazza San Marco per dare la possibilità ai residenti di Venezia di potersi godere un break senza dover sostenere costi da turista (
e mantenere un decoro urbano per
contrastare il dilagare del turismo di massa). Ma qualcosa stavolta è andato storto.
«C’è dispiacere per quanto accaduto, episodi simili non devono succedere - commenta
Alessandra de Gaetano, retail director di Illycaffè - forse c’è stato un momento di stress al banco e gli operatori non hanno fornito tutte le informazioni che avrebbero dovuto dare. Per il divieto di assembramenti non possiamo servire al bancone oltre un certo numero di clienti. I nostri prezzi sono riportati dai menu e allineati con quelli dei vicini locali della zona. Capiamo che per i veneziani si tratta di cifre non sostenibili e per questo abbiamo attivato una convenzione con i gondolieri per il pranzo e ne stiamo predisponendo un’altra con prezzi agevolati per i frequentatori dei Giardini Reali. Questa in realtà avrebbe già dovuto esser attiva, ma l’emergenza sanitaria ci ha costretto alla chiusura e ha rallentato un po’ tutto».
«Come restituzione alla città fa pensare, cifre così elevate non sono certo per i residenti - interviene al Corriere la vicepresidente di Italia Nostra di Venezia
Lidia Fersuoch - avevamo già protestato perché il Demanio aveva concesso questa vasta area senza gara per una cifra molto contenuta di 28mila euro all’anno per 19 anni di concessione. Tutta l’operazione e il successivo restauro sponsorizzato da Generali non ha coinvolto la città».
Interviene sulla questione dello scontrino anche il presidente dell’associazione piazza San Marco
Claudio Vernier: «Non entro nel merito delle tariffe è però fondamentale, sempre, avvisare le persone che il prezzo al tavolo differisce da quello del bancone. Ne va dell’immagine della città. Per anni abbiamo cercato di toglierci una brutta nomea a riguardo e ora è fondamentale essere sempre chiari e corretti con i clienti».
Il timore che i prezzi di bar e ristoranti (ma non solo) potessero esplodere è nato sin dal momento in cui si era iniziato a parlare di riaperture. Codacons aveva rilevato e subito denunciato un effettivo rialzo dei prezzi, ma Fipe era subito intervenuta per spegnere le polemiche spiegando quanto fosse delicato come argomento e di come i gestori non abbiano alcuna motivazione per agire così perchè vorrebbe dire allontanare la clientela e continuare a perdere sempre di più.