La Lombardia degli alberghi guarda al futuro con grande preoccupazione e sostituisce le parole ai numeri e alle stime concrete. Senza un supporto concreto, gli albergatori lombardi spiegano che dovranno licenziare tutti i dipendenti alla fine della cassa integrazione straordinaria: a rischio ci sono fino a 30mila posti di lavoro tra dipendenti fissi e collaboratori nelle 2800 strutture ricettive della regione.
Alberghi lombardi a serio rischio
L’allarme (
già arrivato da altre sponde) arriva da Atr, l’associazione degli albergatori della città metropolitana di Milano aderente a Confesercenti, alla luce dei
contenuti del Decreto rilancio. Spiega il presidente
Rocco Salamone: «Abbiamo sperato e atteso questo decreto ma gli aiuti sono insufficienti: apprezziamo sicuramente i contributi a fondo perduto e l’annullamento delle rate Imu, ma sono solo una
goccia nel mare dei costi fissi che dobbiamo sostenere».
Rocco Salamone
La contestazione al DL rilancio parte dal fatto che la misura principale del provvedimento, il Tax credit vacanze, è dedicata principalmente alle strutture del centro e sud Italia che hanno un afflusso turistico estivo mentre le città del nord sono, di fatto, escluse. A luglio, secondo le previsioni di Atr, finirà la cassa integrazione straordinaria e gli hotel, non potendo pagare i dipendenti, potrebbero utilizzare i permessi straordinari (non retribuiti) fino a Ferragosto. Dal 17 agosto, infine, quando si potrà tornare a licenziare per giusta causa, molti lavoratori rischiano di trovare un’amara sorpresa.
Per questo motivo Salamone si appella alla Regione Lombardia per un
contributo ulteriore al settore ricettivo: «Se non ci sono eventi e non ci sono voli non arrivano neanche turisti. E se non è possibile stabilire una data vera per la ripartenza del turismo, per gli hotel sarà più conveniente restare chiusi. Nel momento in cui Regione Lombardia ci ha concesso di riaprire doveva anche metterci in condizioni di farlo: tutelare gli hotel vuol dire tutelare non solo i dipendenti, ma tutto l’indotto di fornitori che ruotano attorno a una struttura».
Ma il problema non è solo degli alberghi e non è solo del Nord Italia. A fine marzo gli operatori turistici di Positano si sono riuniti per formare una nuova associazione di categoria con l'obiettivo di pensare, ripensare e reinventare il loro settore di appartenenza, all’insegna della massima sicurezza verso i clienti e i dipendenti. Tale sodalizio ha preso parte alle riunioni della Regione, comunicato agli enti locali e nazionali le preoccupazioni degli associati e fornito costantemente spunti e proposte.
Positano
Sebbene le indicazioni contenute nel Dpcm del 17 maggio, nelle ordinanze regionali n. 48 del 17.05.2020 e n.49 del 20.05.2020, e nei diversi protocolli di sicurezza elaborati da Inail e Regione Campania lasciano intravedere un'apertura nei confronti del settore turismo, a Positano sono state comunque riscontrate delle oggettive limitazioni operative, che si scontrano con le precipue caratteristiche degli storici locali ivi ubicati e del modo di intendere ristorazione e sicurezza in questo posto. Allo stato attuale, i protocolli vigenti dunque non permettono agli operatori, pur volendo, di riaprire in totale serenità per i collaboratori e per i clienti.
«Non per questo ci fermiamo - affermano i rappresentanti dell'Associazione dei Ristoratori di Positano - come noi, continua a lavorare anche il Coordinamento delle Strutture Ricettive di Positano, a rappresentanza degli interessi di un altro settore cardine della accoglienza turistica. Insieme, continuiamo costantemente a combattere e a rappresentare Positano nelle sedi adeguate, per trovare le soluzioni più adeguate a contemperare le diverse esigenze di sicurezza e di ripresa economica delle nostre attività e, di riflesso, del nostro stupendo Paese».