Da una parte c’è chi già promette un fiume di sconti per quando potrà ricominciare a vendere biglietti, dall’atra chi invece si cuce la bocca in attesa di capire come e quando riprenderà l’attività aeroportuale italiana e internazionale. Una cosa sola pare essere ormai chiara, in questo momento di profonda incertezza globale. Finita l’emergenza sanitaria, neppure il trasporto aereo – come tanti altri settori – non sarà più quello di un tempo.
In coda con la mascherina e a distanza. Così sarà la nostra vita negli aeroporti
Anche in questo caso si sprecano cifre e ipotesi; la verità è che la stragrande maggioranza dei voli, da settimane, è a terra e si parla di perdite complessive per circa 320 miliardi di euro. Uno tsunami che si sta abbattendo in primis sulle compagnie aree, ma anche sulle società di gestione degli aeroporti. Le prime, soprattutto nel settore low-cost, si stanno già dando da fare per ripartire:
Michael O’Leary, amministratore delegato di
Ryanair, che opera in questo periodo una ventina di voli al giorno contro una media di 2.400, ha già annunciato una “inondazione” di sconti, mentre Easy Jet si sta portando avanti, vendendo (al buio) biglietti per l’autunno, in modo da assicurarsi della liquidità.
Una mossa azzardata, quest’ultima, considerando che alla ripresa dovremo tutti fare i conti (e chissà per quanto tempo) di regole e restrizioni destinate a rivoluzionare l’intero sistema, sia a terra che in volo. Fino ad oggi le compagnie low-cost puntavano il tutto per tutto sul “load factor”, ovvero sulla percentuale di riempimento degli aeromobili, sempre superiore al 90% di media. Nei prossimi mesi non potrà essere più così: come succederà nei ristoranti, bisognerà lasciare più spazio tra un passeggero e l’altro, abolendo (si prevede) la fila centrale. Sulla questione l’ad di Ryanair ostenta come sempre grande ottimismo, assicurando che nonostante i sedili vuoti siano “una follia”, «noi saremo in pareggio anche con un aereo pieno al 66%». Da parte sua, anche il numero uno di Easy Jet,
Johan Lundgren, si mostra ottimista: «Abbiamo i soldi per sopravvivere anche in caso di stop per nove mesi», ha detto intervenendo come O’Leary su Repubblica.
E le società di gestione degli aeroporti? Per il momento nessuno parla. «Siamo in attesa delle linee dei ministeri dei Trasporti e della Salute per capire come sarà strutturata l’organizzazione a terra e in volo», spiegano da Sacbo, la società che gestisce l’aeroporto di Orio al Serio, terzo in Italia con 13 milioni di passeggeri l’anno, di cui oltre l’80% rappresentato da clienti Ryanair. Si parla di “nuova normalità” e di una situazione da gestire che ancora non si conosce e sulla quale circolano solo ipotesi e illazioni. Una riduzione di voli e passeggeri di Ryanair e delle altre compagnie, porterebbe necessariamente a un ridimensionamento dei numeri per lo scalo bergamasco, almeno nel breve periodo, sia in termini di traffico che di fatturato. Ma quantificare ora sarebbe più che azzardato, vista l’incertezza che regna in queste settimane.
Chi sta lavorando al futuro piano nazionale degli aeroporti italiani è
Giulio De Carli di One Works tra i maggiori esperti europei del settore: «La riapertura rapida è fondamentale per favorire i collegamenti nord-sud – ha detto – ma gli algoritmi applicati allo scalo di Bergamo prevedono già molte code, anche se si sta studiando il modo per ridurre al minimo i rallentamenti».