Lo aveva annunciato il sindaco di San Vito Lo Capo (Tp), Giuseppe Peraino, nel 2019, unendosi alla richiesta già avanzata da diversi paesi del Maghreb: l’Unesco non potrà non accorgersi del cous cous. Un piatto che abbraccia tutto il Mediterraneo. E che abbassa i muri spesso alzati da religioni, credenze e cultura. E persino dai gusti: perché il cous piace in una moltitudine di ricette diverse. E così è stato: il cous cous è stato iscritto nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'Unesco.
Piatto della pace
E a dimostrazione che il cibo unisce: fatto piuttosto raro nella storia dei Paesi del Maghreb, Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia, la candidatura, nel marzo 2019, è stata presentata insieme, senza dispute sulla paternità di questo piatto tradizionale a base di semola o di grano duro, accompagnata da verdure, carne o pesce sapientemente speziati. Tanto che in molti sperano che il piatto possa essere l'inizio di un riavvicinamento politico.
In questi quattro Paesi "donne e uomini, giovani e anziani, sedentari e nomadi, del mondo rurale o urbano, nonché dell'emigrazione, infatti si identificano" con questo piatto simbolo del "vivere insieme", afferma il file di candidatura all'Unesco che non fornisce tuttavia alcuna ricetta pratica.
Una ricetta antichissima
Gustato dalle sabbie del Sahel e del Sahara fino alle coste dell'Atlantico e del Mediterraneo, l'origine del cous cous si perde nella notte dei tempi, e la sua "dimensione universale" è "notevole".
Ma, nel settembre 2016, l'annuncio da parte dell'Algeria della sua intenzione di presentare un dossier sul cous cous all'Unesco aveva suscitato le ire del vicino Marocco, suo grande rivale politico, diplomatico e culturale, fino al raggiungimento di un accordo sulla presentazione di un fascicolo comune.
La costruzione di un grande Maghreb è minata dai rapporti tesi tra i due vicini, nel mezzo della crisi che circonda la questione del Sahara occidentale, ex colonia spagnola rivendicata sia dal regno marocchino che dai separatisti del Fronte Polisario.
I dissensi sullo status di questo immenso territorio desertico ostacolano l'attuazione dell'Unione del Maghreb arabo (Algeria, Marocco, Tunisia, Mauritania e Libia), facendo perdere a questi paesi diversi punti di Pil, secondo diversi esperti internazionali.
Presente nel Sahel (Mauritania, Mali, Senegal), il cous cous si è diffuso molto presto nel Mediterraneo e poi nel resto del mondo. Proposto nei ristoranti più modesti, "rivisitato" dai più grandi chef, il piatto compare in un banchetto al "Gargantua" scritto nel XVI secolo da François Rabelais, il più famoso scrittore del Rinascimento francese.
Rocco Pace
Ma il cous si pesce sembrerebbe nato a San Vito Lo Capo«La notizia ci fa molto piacere – dice
Rocco Pace, chef del ristorante
Crik & Crok di San Vito Lo Capo - Per noi di San Vito, il cous cous è
un’istituzione. È profondamente radicato nelle nostre
tradizioni. Si racconta, infatti, che i
pescatori di San Vito Lo Capo lo abbiano “rubato” dalle coste del Maghreb e riadattato alla
cucina locale, cioè con la
zuppa di
pesce. Infatti, sulle coste africane il cous cous è a base di carne. In pratica possiamo dire che il cous cous con il pesce è una ricetta siciliana. O meglio trapanese. Non dimentichiamoci, infatti, che il cous cosus si mangia tradizionalmente nella provincia di
Trapani. Qui a San Vito è da sempre il pranzo della festa. Quello che le nonne preparavano la domenica irrorando la cucina di spezie e profumi».
Il Cous Cous Fest tra cucina e integrazioneEd è qui a San Vito Lo Capo che è nato il
Cous Cous Fest dove chef da tutto il mondo si sfidano in quello che è a tutti gli effetti il
piatto della pace e dell’integrazione culturale per eccellenza.
«Il Cous Cous Fest è nato nel 1998 su una
tradizione cittadina: i ristoranti di San Vito a fine estate preparavano il cous cous per omaggiare i turisti nella piazza. Da lì l’idea di fare di questo momento qualcosa di più grande. E con significati più profondi: basti pensare che un anno hanno cucinato vicini un palestinese e un israeliano», ricorda Pace.
Ma non solo per San Vito, il Cous Cous Fest, che quest’anno è stato annullato per la
pandemia, è fondamentale anche per
l’economia cittadina e del territorio: «Per noi il Cous Cous Fest è la ciliegina sulla torta che chiude in bellezza la stagione – continua Pace – Se a fine agosto la Sicilia si svuota, le luci rimangono puntate su San Vito e il suo cous cous».
Luci che si spera possano riaccendersi nella prossima edizione.