Business e sostenibilità possono andare d’accordo? Quando si parla di l'olio di palma, l'olio vegetale più utilizzato al mondo (contenuto secondo alcune indagini del Wwf in almeno il 50% di tutti i prodotti confezionati) e il più contestato, la risposta è molto difficile.
Da una parte l’olio di palma continua, infatti, ad essere il più richiesto, tanto che si stima che la sua produzione globale raggiungerà circa 108 milioni di tonnellate entro i prossimi cinque anni. Con effetti positivi per l’economia e l’occupazione di alcuni Paesi come in via di sviluppo.
Secondo il Wwf è presente in almeno il 50% di tutti i prodotti confezionati
In mezzo secolo le coltivazioni cresciute esponenzialmenteDall’altra il problema della
salvaguardia ambientale. Vista l’enorme richiesta, come riporta
La Repubblica, negli ultimi 50 anni le
coltivazioni sono, infatti,
cresciute esponenzialmente, soprattutto in
Malesia e in
Indonesia. Con la conseguenza di aver
danneggiato le
foreste pluviali e
tropicali e riducendo gli
habitat di diverse specie, fra i quali
l'orango, animale diventato simbolo di chi si oppone all'espansione delle colture di palme. La stima dello Iucn, Unione internazionale per la conservazione della natura, prevede che 193 specie in via di estinzione siano ulteriormente a rischio a causa dell'espansione delle piantagioni di palme.
Il tutto mentre ancora si dibatte sulle
proprietà nutrizionali dell’olio di
palma. Con
l'Oms che, proprio in tempi di pandemia, consiglia di utilizzare grassi insaturi invece che l’olio di palma.
È possibile un olio di palma sostenibile?Ma al di là della, seppur importante, diatriba tra
medici e
nutrizionisti, sul baco degli imputati ci sono proprio le coltivazioni da cui l’olio di palma si ricava. La domanda che tutti, compreso il
Senato italiano (che nel mentre ha approvato un emendamento per dire basta a olio da palma e sussidi pubblici al biodiesel dal 2023), è possibile un
futuro sostenibile dell'olio da palma che continui a soddisfare il mercato?
Olio di palma: una coltura efficienteBisogna subito dire che a differenza, ad esempio di
soia,
caffè e altre
colture impattanti, quella
dell’olio di
palma è particolarmente
efficiente: un ettaro di terreno può infatti produrre 3,3 tonnellate di olio rispetto a 0,4 tonnellate di soia. E inoltre, come sostengono le aziende, che se oggi si smettesse di produrre quest'olio il "
fabbisogno di
terre aumenterebbe di una superficie pari a cinque volte l'Italia entro il 2050" dato che tutte le altre colture da olio "necessitano di un quantitativo maggiore di terreno rispetto alla quantità di olio prodotto".
Occorre la certificazionePer rispondere alla domanda, la strada intrapresa, in particolar modo da Malesia e Indonesia, per poter continuare a usare l'olio da palma sembra essere quella della
certificazione, un sistema che dovrebbe garantirne la
sostenibilità.
Una
richiesta che arriva soprattutto dai
Paesi che consumano il prodotto, come
l'Europa, e dalle aziende, spesso alimentari, che
usano e
trasformano l'olio.
Il 92% dell’olio di palma usato in Italia è sostenibileSecondo il report annuale di Roundtable on Sustainable Palm Oil (Rspo) dell'Unione per l'Olio di Palma Sostenibile, in
Italia, ad esempio, “il 92% dell’olio di palma utilizzato
dall’industria alimentare nel 2019 è
certificato sostenibile" e "sempre più vicino all'obiettivo del 100% entro il 2020 fissato dalla Dichiarazione di Amsterdam".
E anche il "restante 8% proviene comunque da produttori che hanno adottato politiche di sostenibilità Ndpe, ovvero impegnati nella lotta alla deforestazione, allo sfruttamento delle torbiere, dei lavoratori e delle comunità locali".
Ma non solo: l'Italia è oggi il
quinto paese al mondo per numero di imprese (226) che hanno aderito all'Rspo e che la quota di olio da palma certificato è raddoppiata in soli tre anni.
E se per
Greenpeace l'idea della palma sostenibile non sia attuabile, il
Wwf non è contrario purché ci sia la certificazione Rspo.
Per il Wwf, Ferrero azienda virtuosaAnzi il Wwf nel suo rapporto Palm Oil Buyes Scorecard ha stilato una classifica delle
aziende in grado di
utilizzare o meno l'olio di palma in maniera
sostenibile. Nessuna azienda, tuttavia, ha raggiunto il voto massimo. Tra i 173 rivenditori, produttori e società di servizi alimentari di diversi Paesi del mondo,
Ferrero ci è andata però vicina, raggiungendo un punteggio di 21,5 (su un massimo di 22) e "lanciando un
segnale di
incoraggiamento al mondo dell'industria sul fatto che una filiera di olio di palma sostenibile e priva di impatti sulle foreste è possibile", scrive il Wwf.
Anche
Legambiente è recentemente intervenuta sulla questione ma più per l’olio di palma nel biodiesel, dato che il 70% di quello importato in Italia è destinato a questo settore. L'Europa impone lo
stop di olio di
palma nei
biocarburanti entro il 2030, ma l'associazione italiana, ricordando che c'è "più olio di palma nei motori che nei biscotti" e specificando i danni a livello ambientale e anche per le tasche degli italiani a livello di sussidi, chiede l'abolizione dell’olio di palma nella produzione di biocarburante già dal 1° gennaio 2021.
Anche perché si è quasi certi che l’olio di palma rimarrà quello più richiesto al mondo anche dopo il 2023.