Fa discutere la sentenza con la quale il Consiglio di Stato consente alle aziende artigiane del settore alimentare (come le gelaterie) di mettere a disposizione tavoli e sedie per il consumo sul posto dei prodotti. La Fipe prende posizione e chiede un immediato chiarimento della normativa. A rischio il decoro dei centri storici.
La reazione della
Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che all’indomani della pubblicazione della sentenza, chiede un chiarimento sulla normativa, è perentoria. Il timore è che la mancanza di una netta distinzione tra somministrazione e servizio al tavolo, rischi col tempo di dequalificare l’offerta commerciale nelle città e, soprattutto, nei centri storici, dove potrebbero proliferare sedie e tavolini destinati al consumo di panini, bibite e gelati, seppure in assenza di personale di servizio.
«Quando si parla di attività di somministrazione - è il commento di
Giancarlo Deidda, vicepresidente di Fipe - serve chiarezza per evitare distorsioni sul piano giuridico e normativo. Se la differenza tra un negozio alimentare, una pizzeria al taglio e un pubblico esercizio passa per l'assenza di camerieri che fanno il servizio al tavolo allora 100mila bar in Italia non sono pubblici esercizi».
Giancarlo Deidda
Un’affermazione che suona piuttosto come una provocazione. La questione, però, è seria, perché potrebbe interessare, come detto, migliaia di attività commerciali nei centri storici delle nostre città, anche dal punto di vista della sicurezza: «La recente sentenza del Consiglio di Stato - prosegue Deidda - scava un solco profondo tra interpretazione delle norme e realtà, ma soprattutto rischia di accelerare il già avanzato processo di dequalificazione dell'offerta commerciale di molte città in Italia, e di Roma in primis. Ci piacerebbe che i giudici che hanno espresso la sentenza ci spiegassero perché ci sono norme che impongono ad un qualunque bar, con e senza servizio al tavolo, l'obbligo del bagno, la sorvegliabilità dei locali e sanzioni penali in caso di alcol somministrato a minorenni, mentre gli stessi obblighi e sanzioni non sono previsti per negozi alimentari o pizzerie al taglio».
Da qui la richiesta di un chiarimento, «per evitare - ha concluso Deidda - che si generi una confusione potenzialmente in grado di mettere a repentaglio il nostro stesso sistema e la qualità dell'offerta commerciale dei centri storici».
Per informazioni:
www.fipe.it