Il consumatorre può «utilizzare sacchetti di plastica autonomamente reperiti» per comprare frutta e verdura nei supermercati, sancisce il Consiglio di Stato, anziché acquistarli nei punti vendita.
Ovviamente questi devono essere «idonei - riporta il Consiglio di Stato - a preservare l'integrità della merce e rispondenti alle caratteristiche di legge».
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La
questione dei sacchetti bio aveva già, appena entrata in vigore, creato
qualche disappunto tra i più. Se da una parte infatti, Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, era convinto che gli italiani l'avrebbero accolta di buon grado, avendo «apprezzato molto il bando dei sacchetti biodegradabili», di altro parere - indubbiamente più centrato - era il Codacons, che parlava, attraverso le parole del suo presidente Carlo Rienzi, di «una vera e propria tassa occulta a danno dei cittadini italiani».
Si parlava di una spesa obbligatoria che avrebbe interessato le famiglie italiane per una cifra compresa tra i 20 e i 50 euro. Ad oggi però, dopo l'adunanza del 21 marzo e la pubblicazione effettiva del 29 dello stesso mese, il Consiglio di Stato ha sottolineato che bisogna contemperare le esigenze del consumatore con quelle di tutela della sicurezza ed igiene degli alimenti.
Alla luce di questo, «laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato dall'esercizio commerciale per l'acquisto di frutta e verdura sfusa», è corretto «possa utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti solo se comunque idonei a preservare l'integrità della merce e rispondenti alle caratteristiche di legge. In tal caso, richiamando le considerazioni già svolte, non sembra possibile per l'esercizio commerciale vietare tale facoltà».