I dati dell’osservatorio Bit promosso da Fiera Milano parlano chiaro, il 49% dei “gastronauti” è straniero, il 50% è italiano. Tutti insieme spendono il 25% del budget della vacanza nel food&beverage.
Gli stranieri sono per lo più francesi, tedeschi e inglesi, ma crescono gli americani e si mantengono i giapponesi che scelgono la nostra Penisola per la ricchezza delle tipicità enogastronomiche. Il 75% dei viaggiatori sceglie come meta di vacanza una destinazione rinomata per il cibo spendendo fino al 35% del proprio budget tra cibo e vino, cui si aggiunge l’indotto, inoltre i turisti stranieri, tornati a casa, continuano a cercare prodotti italiani per rivivere anche nei loro Paesi l’esperienza vissuta e creando un effetto di emulazione su nuovi turisti che scelgono l’Italia.
L’effetto è anche supportato da recenti leggi e iniziative istituzionali, dalla approvazione della legge sull’
enoturismo di cui vedremo i risultati nel corso del 2018 che «rappresenta una
novità storica nel settore - afferma
Carlo Pietrasanta, presidente nazionale del
Movimento Turismo del Vino - finalmente le attività di visita, didattiche potranno essere regolamentate è supportato dalla normativa con una spinta occupazionale positiva».
Anche il governo ha compiuto aperture in questo senso: «I turisti - commenta il sottosegretario al Turismo
Dorina Bianchi - cercano sempre più una “esperienza italiana” durante il loro viaggio. Nostro compito è favorire questa tendenza proponendo percorsi e offerte turistiche che valorizzino i centri minori, il patrimonio di arte, paesaggio e tipicità gastronomiche ed enologiche dei nostri territori. Vanno fatti conoscere, oltre alle grandi mete turistiche e le città d’arte i borghi e le zone di produzione delle eccellenze italiane».
Anche i “
distretti del cibo”, recentemente istituiti dal ministero delle Politiche agricole, potranno contribuire, consentendo uno
sviluppo costruttivo del turismo agricolo, che unisce alla scoperta di
gioielli artistici e naturali, una fruizione “eco friendly” della vacanza.
Tutto ciò crea inoltre un traino alle esportazioni agroalimentari: nel 2017 il volume ha superato
i 40 miliardi di euro, con una crescita di oltre il 70% nell'ultimo decennio. Un impatto che è però anche qualitativo: il turismo enogastronomico caratterizza la destinazione, valorizza le mete meno note, contribuisce alla destagionalizzazione e favorisce la fidelizzazione dei viaggiatori.
13,7 milioni gli italiani, riporta il Censis, hanno scelto, nel 2016, vacanze o gite giornaliere enogastronomiche, per un giro d'affari complessivo stimato da Città del Vino (2017) in circa 2,5-3 miliardi di euro, con prospettive di crescita.
Insomma, il settore agroalimentare, enologico e gastronomico può davvero diventare fonte di reddito e sviluppo, serve consapevolezza del valore e qualche battibecco in meno tra comparti e rappresentanze di categoria, polemiche delle quali all’estero non sanno, polemiche che vanno messe da parte individuando, invece, obiettivi di sistema Paese.