È morto, all’età di 91 anni, il regista, attore e comico Jerry Lewis. Il decesso, per cause naturali, è avvenuto nella sua abitazione a Las Vegas, dove viveva con la seconda moglie, la ballerina Sandee Pitnick. Una carriera unica, la sua, e una lunga vita, malgrado i problemi di salute affrontati negli anni, come i quattro by pass coronarici, il diabete, un cancro alla prostata asportato e una fibrosi polmonare.

Jerry Lewis (foto: Fox News)
Nasce nel 1926 nel New Jersey e già a cinque anni faceva imitazioni e cantava con i genitori. Un po’ scapestrato a scuola (espulso, ma con la buona ragione di aver difeso le sue radici ebraiche), incontra durante la sua strada Dino Crocetti, per il mondo Dean Martin: con lui crea una collaborazione che frutta non poco alla Paramount, ottenendo un contratto di 5 anni, redditizio per 5 milioni di dollari. Insieme alla carriera porta innanzi la sua vita personale e sentimentale: si sposa nel ’44 con la cantante Pattu Palmer, con cui avrà quattro figli, e poi nell’83, come già detto, con la ballerina Sandee Pitnick, con una figlia nata nel 1992.
Come dimenticare i suoi più grandi successi? Molti dei quali sono stati ottenuti a braccetto con l’amico cantante di Thats’ amore. Cabaret, radio, tv, teatro e night, una vita dedicata allo spettacolo. L’elenco dei film che è il risultato della fervida collaborazione, è da invidiare: “La mia amica Irma”, “Il caporale Sam” e ancora “Hollywood o morte”, poi i modi ironici con cui trattare i generi (“Mezzogiorno di fifa”), i remake (“Il nipote picchiatello” e “Più vivo che morto”). La rottura tra i due arriva nel 1956, e Lewis continua la sua carriera, crescendo come attore tra western e melò, rimanendo comunque fedele alla satira, esasperando il tipo buffo dell’infantilito sapienteper 23 film, fino al ’70.
Non solo attore, non solo comico a fianco di Dean Martin o solo: è stato anche regista. La tradizione della sua filmografia realizzata è quella del piccolo ebreo vittima del mondo: si tratta dell’eterno perdente contro cui si scaglia la società che lo ridicolizza e lo rimanda al mittente, al pubblico. Ecco così “Ragazzo tuttofare”, “L’idolo delle donne”, “Jerry otto e tre quarti” (titolo felliniano per una satira del mondo del cinema), “Tre sul divano” (inevitabile parodia del freudismo all’americana) e il divertentissimo Le folli notti del dr. Jerryll che nel ’63 lo vede nel classico psico horror doppio di Jeckyll e Hyde.
Le pellicole continuano fino al ’72, poi un lungo silenzio dovuto alla malattia, al lavoro benefico, all’impegno politico-democratico, alle tournée teatrali. Nel ’79, il rientro con “Bentornato picchiatello” (e poi in “Qua la mano picchiatello”) si rivela per un esperimento patetico. L’unico vero ritorno come attore glielo offre Martin Scorsese con “Re per una notte”. Una carriera lunga, meritevole, forse a salti a causa delle tante occupazioni e dei tanti problemi di Lewis, ma celebrata da numerosi riconoscimenti: il premio alla carriera che Tarantino gli diede nel 2010, la retrospettiva dedicatagli dal MoMa di New York per i suoi 90 anni, e tornando indietro, il Leone d’Oro alla carriera del ’99 a Venezia e moltissimi altri attestati dai critici europei.
Questa la
vignetta realizzata da Giovanni Beduschi per la rubrica Tiramisù di Italia a Tavola in memoria del comico americano.