«Ogni forma di Grana oggi in commercio è totalmente sicura», così Stefano Berni (nella prima foto in basso), direttore del Consorzio Grana Padano, rassicura i consumatori sulla qualità del formaggio italiano, dopo lo “scandalo aflatossina”. Le forme di Grana sequestrate dai Nas vanno ben oltre le 4mila annunciate qualche giorno fa. «Le forme sequestrate - dichiara Berni - sono circa 7mila, numeri che vanno rapportati ai 4,6 milioni l’anno di forme commercializzate», ma aggiunge: «Non ci risulta che Grana Padano prodotto con latte contaminato sia arrivato sulle tavole dei consumatori perché è stato bloccato in magazzino, per cui i consumatori possono stare assolutamente tranquilli».
Foto: Riccardo Melillo
Le 4mila forme di Grana di cui si è parlato inizialmente sono state prodotte in un solo caseificio della provincia di Brescia, le restanti 3mila forme appartengono ad altri 3 caseifici della bassa bresciana e uno sul lago di Garda. Tutto il formaggio prodotto con il latte incriminato, perché conterrebbe livelli sospetti di aflatossina (sostanza potenzialmente cancerogena), è rimasto nei magazzini, in attesa dei dovuti controlli sanitari.
«Noi - aggiunge Berni - abbiamo come principale mission la tutela del consumatore e da sempre ci battiamo per raggiungere questa finalità. In tal senso abbiamo sempre collaborato con le autorità sanitarie preposte alla sicurezza degli alimenti, e con tutti gli organismi deputati ai controlli, a cominciare dai Carabinieri dei Nas. Il consumatore e la sua tutela sono e resteranno sempre il faro-guida delle azioni del Consorzio e anche questa solerte, tempestiva e lodevole iniziativa conferma che l’Italia è tra i primi Paesi al mondo, se non addirittura il primo, nella sicurezza alimentare».
Purtroppo da questa vicenda il Consorzio Grana Padana ne uscirà danneggiato, e preoccupano le ripercussioni economiche che potrebbe causare la vicenda, visto l'allarmismo diffuso tra i consumatori. Ma il direttore Berni rassicura: «Per fare un chilo di grana servono 15 litri di latte. E il limite massimo di aflatossina stabilito dal ministero della Salute è di 275 nanogrammi al chilo per i formaggi duri, non di 50 come per il latte. Per questo siamo tranquilli: credo siano pochissime, se non pari a zero, le forme con contaminazioni fuorilegge».
A preoccupare dovrebbero essere i “furbi” che, sulla scia del risparmio a tutti i costi, hanno acconsentito a produrre formaggio sapendo di avere a che fare con latte contaminato. Sarebbe però improbabile che il fenomeno del latte contaminato sia circoscritto solo alla provincia di Brescia e dintorni, di conseguenza il sospetto che possa riguardare anche altre province e regioni si fa sempre più vivo. Per questo come dichiara lo stesso Stefano Berni è bene che le autorità continuino ad effettuare i dovuti controlli.
Nel frattempo la Regione Lombardia ha annunciato un piano di gestione straordinaria dell’emergenza aflatossine. La decisione è stata presa nel corso di un incontro a cui hanno partecipato il comandante gruppo carabinieri tutela della salute, gli operatori della filiera latte, le associazioni degli allevatori, delle industrie di trasformazione, del settore dei mangimi e i rappresentanti dei laboratori di analisi coinvolti nell’esecuzione delle prove di autocontrollo.
Presente anche l'assessore all'Agricoltura,
Gianni Fava (
nella foto appena sopra) che ha ribadito la trasparenza del comparto in Lombardia. «Il latte lombardo è controllato e sicuro. Il problema si è già protratto troppo a lungo, a causa del comportamento scorretto di pochi operatori economici che ha penalizzato la grande maggioranza della filiera».