Silvana Stazio, chef del ristorante La Locanda del Castellano di Aulla (Ms) e in precedenza del ristorante Parodi di La Spezia, ha accusato le guide Gambero Rosso e Michelin etichettandole come 'obiettive e di parte” ed il giornalista gastronomo Paolo Marchi definendolo «l'essere più cattivo, sgradevole, rozzo che possa esistere».
La Stazio, dichiarando 'disgustoso” il metodo che alcune guide (vengono menzionate, senza mezze parole, la Michelin, Gambero Rosso e L'Espresso) applicano nel giudicare i ristoranti italiani, ha sostenuto, ai microfoni dell'inviato di Striscia la Notizia, che spesso gli inviati delle guide «arrivano al ristorante accompagnati da parenti ed amici con la pretesa di non pagare». «Da quando abbiamo imparato a presentare il conto – ha precisato la Stazio - ci hanno troncato le gambe e tolto le stelle». «Il dottor Perrotta del Gambero Rosso addirittura è venuto commentando e recensendo un primo e un dessert che però non aveva consumato. Ci ha risposto che aveva assaggiato una forchettata dal piatto di un cliente nella sala accanto. è l'offesa all'intelligenza!».
Passando poi a definire nel dettaglio le situazioni "negative" vissute da Silvana Stazio è emerso, nell'intervista, il nome di Paolo Marchi, giornalista gastronomo ideatore ed organizzatore di Identità Golose. Secondo la Stazio Marchi avrebbe scritto sulle pagine de Il Giornale (va precisato che l'articolo risale al Settembre 2005) un giudizio non positivo sul ristorante di Castellano di Aulla a seguito del conto presentato dopo un recente pranzo: «Era accompagnato da 4 persone - ha commentato la Stazio -, ha fatto tanti complimenti, mi ha fatto avere il biglietto da visita e quando ho presentato il conto si è zittito ed è uscito furibondo».
Il video di Striscia la notizia: qui
Abbiamo ritenuto opportuno, visto che le accuse non son da poco, sentire anche cosa ne pensasse Paolo Marchi per dargli la possibilità di controbattere le dichiarazioni di Silvana Stazio. «La mia risposta - ci ha risposto Paolo Marchi - è una sola: basta leggere la rubrica per capire come stanno le cose e cosa stigmatizzavo».
Riportiamo dunque integralmente l'articolo di Marchi, a cui fa riferimento la Stazio, apparso su Il Giornale del 19 Settembre 2005
" Parodi, una presa in giro cara come il fuoco
Caprigliola è un delizioso borgo tra Aulla e Santo Stefano Magra che va visitato per le suggestioni che regala,apattodi evitare il suo ristorante blasonato. Non che da Parodi i piatti siano cattivi, non foss'altro perché il mare è autentico,è tutto il resto che non funziona, soprattutto la sorpresina del conto. Per mangiare e bere sono pronto a pagare anche cifre folli, però voglio deciderlo io, in anticipo, e non il ristoratore a posteriori. Sì perché Parodi Giuliano (in cucina sua moglie Silvana) non solo non mostra mai uno straccio di menu con i prezzi (cosa che dovrebbe fare per legge), ma quando glielo si fa notare se ne esce con uno scandaloso «le ho forse fatto spendere troppo?».
Un mito: discorsi su discorsi sull'Italia abbandonata dagli stranieri, sull'italiano che fatica ad andare al ristorante e sui ristoratori che faticano a riempire i tavoli, e in provincia di La Spezia c'è uno stellato Michelin (vergogna!) che chiede quello che gli pare, immagino in base ai coperti (meno sono più si paga?) e all'immagine che emanano i clienti (mangioni = spendoni?).
Quattro persone, stesso numero di piatti ognuno: tre antipasti tra il discreto (salati gamberi avvolti nel lardo croccante) e il buono (tortino polpo e patate, zuppetta di moscardini), un buon secondo (gamberi rossi all'ischitana, dentice ai porcini o sanpietro con petali di cipolla di Tropea) e un dessert (tutti banali, sorvolo). Nei bicchieri uno champagne rosé allo stesso prezzo, lo stesso a parole, del Ferrari Rosé, ordinato ma esaurito (per davvero o ad arte?).
Morale, per un «pasto a prezzo convenuto», una spudoratezza perché subito e non certo convenuto, 135 Euro a testa. A parte che se si chiede di assaggiare i tre antipasti elencati a voce non si portano tre porzioni intere, ma si calibrano le dosi a mo' di menù degustazione, attendo ancora di sapere quali fattori concorrono a formare questo totale da barzelletta. Ma anche davanti al conto più limpido di questo mondo, me ne sarei uscito lo stesso di pessimo umore per l'untuosità del patron, uno che definisce i suoi piatti «prelibatezze con baciamano», che chiede gli siano«palesati» i nostri gusti (e perché lui non palesa i suoi prezzi?), uno a cui chiedi dei funghi alla genovese e ti risponde sprezzante «no, mia moglie non è genovese», salvo poi portarti una quasi cruda millefoglie di patate e porcini. Su tutto, uno che parla un mellifluo, delirante italo-francese, salvo dare disposizioni in cucina con schietto timbro ligure. Come direbbe Totò, ma mi faccia il piacere... Pernacchia, maestrooo.
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