La lotta ai diritti passa anche attraverso i ristornati. Anche se in modo silenzioso, infatti, il settore della ristorazione è tra quelli che negli ultimi anni ha contribuito al progresso in tema di uguaglianza nelle sue azioni quotidiane. Basti pensare che, secondo un sondaggio condotto da TheFork in occasione del mese del Pride, tra i ristoratori iscritti alla piattaforma nel mese di giugno 2022, il 59% dei ristoratori dichiara che il proprio ristorante è sensibile alle tematiche della comunità LGBTQIA+, mentre il 30% effettua una comunicazione attiva sull’inclusività.
La piattaforma TheFork registra un importante progresso sulla sensibilizzazione ai temi LGBTQIA+
Ristoranti inclusivi: dalle parole ai fatti
Dichiarazioni che nel concreto si trasformano in azioni: più della metà degli intervistati ha implementato o intende implementare, nella propria scheda ristornate, i tag "LGBTQ-friendly” e “Transgender Safe Space”, per indicare che il proprio business è uno spazio dove l'accoglienza fa parte del biglietto da visita.
Ma non solo il 62% degli intervistati prevede sanzioni in caso di comportamenti discriminatori all’interno del ristorante e si impegnano per implementare misure di sensibilizzazione e educazione. Il 69%, inoltre, dichiara di avere un approccio proattivo alla comunicazione a tema anti-discriminazione comunicando le policy di formazione e sensibilizzazione relative alla diversity ai dipendenti.
«Un settore così ampio e culturalmente ricco come quello della ristorazione ha un peso importante nella lotta per i pari diritti e per il progresso - ha dichiarato Carlo Carollo, Country Manager di TheFork Italia - C’è ancora tanto da fare, ma il sondaggio TheFork evidenzia come, i piccoli e grandi gesti -simbolici e concreti- del settore, siano un impegno a creare uno spazio sempre più accogliente e familiare. Non possiamo ovviamente che esserne felici, da sempre siamo convinti che le cose migliori accadono intorno alla tavola, e questo ne è un esempio virtuoso, oltre che una testimonianza importante».
Che cosa significa l'acronimo LGBTQIA+?
Come riferito dalla Treccani, gli acronimi LGBTQ, LGBTQI, LGBTQIA, LGBTQIA+, LGBTQQIA+ sono oggi utilizzati per designare sinteticamente l’insieme delle minoranze sessuali, cioè tutte le persone che per orientamento sessuale, identità e/o espressione di genere, caratteristiche anatomiche non aderiscono agli standard del binarismo cisessuale e dell’eterosessualità - ossia alla netta divisione della specie umana in maschi e femmine, con corrispondenza dell’identità di genere al sesso biologico e con desiderio verso le persone di sesso opposto al proprio. L’uso di queste sigle conferisce coesione ai movimenti e alle comunità delle minoranze sessuali, veicolando l’idea che esse abbiano esigenze comuni, tanto da costituire un unico gruppo sociale. Al tempo stesso, esso evidenzia la molteplicità delle soggettività che l’acronimo tiene assieme, per evitare che alcune ottengano un eccesso di visibilità occultando le altre. Proprio a questo scopo, negli anni Ottanta del Novecento, si iniziò a utilizzare la formula GLB, poi LGB, per nominare le lesbiche e le persone bisessuali accanto agli uomini gay. A partire dal decennio successivo, si aggiunsero poi le altre lettere: la T per le persone transessuali e transgender (da donna a uomo e da uomo a donna), una o due Q per le soggettività queer e/o gender questioning, la I per le persone intersessuali, la A di asessuali, e infine il + per segnalare come l’elenco possa proseguire con altre espressioni del genere e della sessualità (persone gender fluid, gender queer, gender creative, non-binarie, pansessuali, demisessuali ecc.).