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La frutta e la verdura italiana volano all’estero, ma pesano i rincari

Le esportazioni di frutta e verdura fresche e trasformate superano per la prima volta il muro dei 10 miliardi di euro, nonostante le difficoltà legate all’aumento dei costi per guerra in Ucraina e cambiamenti climatici

 
08 febbraio 2023 | 10:41

La frutta e la verdura italiana volano all’estero, ma pesano i rincari

Le esportazioni di frutta e verdura fresche e trasformate superano per la prima volta il muro dei 10 miliardi di euro, nonostante le difficoltà legate all’aumento dei costi per guerra in Ucraina e cambiamenti climatici

08 febbraio 2023 | 10:41
 

Come è la situazione dell’ortofrutta italiana? Secondo una analisi della Coldiretti, sulla base delle proiezioni su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno divulgata in occasione dell’inaugurazione di Fruit Logistica di Berlino, le esportazioni di frutta e verdura fresche e trasformate superano per la prima volta il muro dei 10 miliardi di euro grazie a un aumento dell’8%, nonostante le difficoltà legate all’aumento dei costi per la guerra in Ucraina ma anche degli effetti dei cambiamenti climatici che hanno penalizzato soprattutto il settore del fresco.

La frutta e la verdura italiana volano all’estero ma pesano i rincari

Record storico per l'esportazioni di frutta


Il primo mercato è la Germania

Proprio la Germania rappresenta il primo mercato di sbocco per l’ortofrutta Made in Italy, con circa un quarto del totale esportato, grazie anche a un aumento del 7% degli acquisti. Il secondo mercato di riferimento è la Francia, dove si registra però un arretramento del 2%, mentre al terzo posto c’è la Gran Bretagna che al contrario vede un incremento dell’export del 15%, nonostante le difficoltà commerciali legate alla Brexit. Al quarto posto si piazza la vicina Austria, dove le vendite crescono dell’8%, subito davanti agli Stati Uniti che sono il primo mercato extra Ue grazie a un incremento record del 20%.


Cresce la  pummarola Made in Italy

Sul totale delle esportazioni gli ortaggi freschi valgono oltre 1,8 miliardi che salgono a 5,3 miliardi di euro se si considera anche il trasformato, secondo l’analisi Coldiretti, dove con le salse e concentrati di pomodoro pesano per quasi la metà del totale. La pummarola Made in Italy ha messo a segno nel 2022 un incremento record del 27% a riprova del successo dei prodotti della Dieta Mediterranea all’estero nonostante guerre e pandemie. L’export di frutta fresca vale, invece, 3,8 miliardi, ai quali vanno aggiunti gli 1,2 miliardi di succhi, confetture e conserve.


Settore cruciale per l’Italia

Il settore ortofrutticolo nazionale garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari al 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, pari al 25% della produzione agricola totale, grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati in Italia e vanta ben 119 prodotti ortofrutticoli Dop e Igp. L’Italia primeggia inoltre in Europa con molte produzioni importanti: dalle mele alle pere, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne ma anche per molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi.


«Un risultato che potrebbe essere paradossalmente migliore se si riuscisse a superare il gap logistico e infrastrutturale che costa all’agroalimentare 7,8 miliardi di euro all’anno, secondo il Centro Studi Divulga, e, nel caso del prodotto fresco, è particolarmente penalizzante per le nostre imprese rispetto ad altri Paesi produttori» ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «occorre cogliere le opportunità offerte dal Pnrr per garantire trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo».


Sos per i costi raddoppiati

Al momento, come dicevamo, uno dei problemi maggiori per il settore sono i rincari energetici spingono i costi correnti per la produzione della frutta e della verdura italiane che arrivano anche a raddoppiare (fino a +119%) con un impatto traumatico sulle aziende agricole.
L’impennata dei costi di produzione ha colpito tutte le fasi dell’attività aziendale dal riscaldamento delle serre ai carburanti per la movimentazione dei macchinari, dalle materie prime ai fertilizzanti, con spese più che raddoppiate, fino agli imballaggi. Gli incrementi non hanno risparmiato neppure la plastica per le vaschette, le retine e le buste, la carta per bollini ed etichette, il cartone ondulato come il legno per le cassette, mentre si allungano anche i tempi di consegna. Aumenti che sono stati per la maggior parte assorbiti dalle imprese agricole stesse, aumentando le difficoltà del settore, con quasi un produttore di ortaggi su cinque (19%) che ha addirittura lavorato in perdita.


Tra barriere commerciali…

Ma a pesare è anche la concorrenza sleale delle produzioni straniere, con l’ortofrutta Made in Italy stretta nella morsa del protezionismo da un lato e del dumping economico e sociale dall’altro. Le pere cinesi Nashi, ad esempio, arrivano regolarmente nel nostro Paese, ma quelle italiane non possono andare in Cina perché non è stata ancora concessa l’autorizzazione fitosanitaria. E finché non è chiuso il dossier pere non si può iniziare a parlare di mele, perché i cinesi affrontano un dossier alla volta. Nonostante l’accordo Ceta tra Ue e Canada, non possiamo esportare i pomodorini nel Paese dell’acero perché i canadesi vorrebbero che fossero trattati con il bromuro di metile che da noi è vietato. Ma porte sbarrate anche ai kiwi in Giappone perché non è ancora completato il dossier fitosanitario aperto dal 2008, in barba all’accordo di libero scambio Jeta siglato dall’Unione Europea con il governo nipponico.

Ettore Prandini La frutta e la verdura italiana volano all’estero ma pesano i rincari

Ettore Prandini


… e concorrenza sleale

Alle barriere commerciali si aggiungono i danni causati dalla concorrenza sleale con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso spinto addirittura da agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea. Un esempio sono le nocciole dalla Turchia, su cui pende l’accusa di sfruttamento del lavoro delle minoranze curde. Ma ci sono anche l’uva e l’aglio dell’Argentina e le banane del Brasile gravati da pesanti accuse del Dipartimento del lavoro Usa per utilizzo del lavoro minorile ma con i quali l’Ue ha comunque avviato l’accordo commerciale di libero scambio Mercosur.


«È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute, secondo il principio di reciprocità» ha affermato Prandini.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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