Spendono meno in beni non essenziali, visitano più raramente i negozi fisici e supportano il business locale, con grande attenzione alla sostenibilità dei prodotti. È questo il profilo dei consumatori post-Covid tratteggiato dall’EY Future Consumer Index che ha sondato 14mila cittadini in tutto il mondo, di cui 500 italiani, per approfondire il cambiamento nei comportamenti d’acquisto determinato dalla pandemia.
Consumatori post-Covid, per EY gli italiani vogliono più sostenibilità ma al giusto prezzo
Per gli italiani servirà un altro anno per uscire dalla pandemia
In particolare, in Italia il 43% dei consumatori è convinto che la pandemia continuerà ad avere un impatto sulle nostre vite per almeno altri 12 mesi, finché la maggior parte della popolazione non sarà vaccinata (30%). Tuttavia, la crisi sanitaria fa meno paura rispetto al passato, mentre a preoccupare sono soprattutto le condizioni economiche dell’Italia (69%), il rischio di vedersi privati della libertà di godersi la vita (49%), e la salute della famiglia (47%).
Parola chiave: sostenibilità. Ma il prezzo fa sempre la differenza
Ma la parola chiave della survey è senza dubbio: sostenibilità. La gran parte dei consumatori italiani afferma infatti di prestare sempre più attenzione all'impatto ambientale (74%) e sociale (66%) di ciò che acquista, con un occhio di riguardo al cambiamento climatico (65%), e di riciclare prodotti o imballaggi dopo il primo utilizzo (85%).Tuttavia, il prezzo resta ancora il principale driver che guida le scelte di consumo per la maggior parte dei settori merceologici, con la sola eccezione del cibo fresco per il quale si cerca invece di privilegiare le caratteristiche salutistiche e l’origine locale.
I cambiamenti indotti dalla pandemia
«La sostenibilità sta diventando sempre più centrale nelle scelte di consumo in Europa così come in Italia. Tuttavia, restano ancora delle barriere che ostacolano i comportamenti d’acquisto più rispettosi dell’ambiente e della società. Oggi ci troviamo di fronte ad un paradosso: sempre più consumatori vogliono comprare prodotti sostenibili ma i prezzi troppo alti, il marketing ingannevole o la bassa qualità tendono a scoraggiarli», ha commentato Paolo Lobetti Bodoni, consulting market leader di EY in Italia.
Vorrei ma non posso: l'approccio degli italiani alla sostenibilità
Nell’ultimo anno e mezzo, una maggiore vita casalinga (nel 72% dei casi) sommata a una riduzione delle occasioni di acquisto (il 53% afferma di recarsi meno frequentemente nei negozi fisici) ha aumentato le opportunità di compiere scelte più sostenibili. Tanto è vero che il 57% del campione dice di spendere meno in beni non essenziali e il 21% è disposto a cambiare brand pur di sopportare il business locale. Tuttavia, la preoccupazione per l’impatto del Covid-19 sull’economia della nazione, sulla salute e sulle finanze genera un sentimento di insicurezza che insieme ad altri fattori finisce per limitare un consumo più ampio di prodotti sostenibili. In particolare, tra gli elementi che scoraggiano l’acquisto di beni e servizi sostenibili vi è la bassa qualità (63%), il marketing ingannevole (63%), le informazioni fuorvianti sul prodotto (58%) e l’alto prezzo (57%). Per le aziende è dunque fondamentale mostrarsi il più trasparenti possibili fornendo tutte le informazioni utili per consentire di valutare la sostenibilità di un prodotto.
Le preoccupazioni per il prossimo futuro che incidono sulla propensione alla spesa
L’elemento più importante ha però a che fare con il gap esistente tra intenzione ed azione. I consumatori, infatti, pur avendo preso coscienza dell’importanza della sostenibilità, traducono solo in parte questa consapevolezza in azioni ad alto impatto sull’ambiente. Il più delle volte preferiscono invece limitarsi a piccoli gesti legati all’opportunità di ricavarne un risparmio. In cima alla graduatoria dei comportamenti virtuosi ci sono infatti il riuso delle borse della spesa (94%), il risparmio d’energia e d’acqua (93 e 91%), il riciclo o riutilizzo dei prodotti dopo l’uso (86%) e la riduzione delle emissioni (84%). Mentre altre azioni più drastiche ed impegnative raccolgono percentuali decisamente minori, tra queste: ridurre l’utilizzo dell’automobile a favore di bici e mezzi pubblici (51%), evitare di mangiare carne (45%) e latticini (31%) e utilizzare l’energia solare per la propria abitazione (28%).
La palla passa alle imprese
È da parte delle imprese che gli italiani si attendono gli sforzi maggiori per favorire un consumo più etico. In particolare, il 72% degli intervistati sostiene che le aziende devono proporsi come leader nel guidare le azioni positive verso l’ambiente e la società. Mentre una quota minore dei cittadini (60%) crede che siano i consumatori a dover spingere le imprese verso modelli più sostenibili. Le azioni che vengono richieste alle organizzazioni non si esauriscono soltanto nella maggior trasparenza (85%) delle scelte ambientali ma coinvolgono l’intero processo produttivo. Dalle aziende ci si aspetta infatti un comportamento etico verso i lavoratori e la comunità (84%), una produzione sostenibile (82%) e la scelta di fornitori con alti standard di sostenibilità (85%).