Con la ripresa delle attività ordinarie e a cinque giorni dal via libera agli spostamenti tra Regioni, Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, accende i riflettori su un altro problema che rischia di compromettere questa fase di ripartenza graduale, quello delle aperture frammentate.
Riaprire i ristoranti
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La politica delle deroghe e delle aperture a macchia di leopardo determina squilibri pericolosi per la nostra categoria. È giunto il momento di adottare un approccio di
filiera: se le città tornano alla vita, con gli uffici che riaprono in presenza anche in zona arancione, è giusto che vengano ripristinati anche i servizi essenziali, come i ristoranti per chi lavora. Altrimenti si rischia una confusione che non fa bene a nessuno».
Una posizione, quella di Fipe-Confcommercio resa ancora più forte dal fatto che le stesse Regioni, nello scrivere le
linee guida per la riapertura delle attività
sciistiche, approvate dal governo, definiscono rifugi e
ristoranti “presidio” essenziale per zone nelle quali il flusso di persone è molto elevato. Una fattispecie che si ritrova nelle città con grandi concentrazioni di
uffici e attività produttive o cantieri. Da qui la richiesta di un approccio coordinato e coerente in tutte le zone del Paese che si traduce, di fatto, nella riapertura delle attività di ristorazione anche la
sera.
A preoccupare, in particolare, è l’approccio che prevede aperture a
singhiozzo per le attività di ristorazione, reso evidente non solo dalle nuove linee guida ma anche dalla possibilità di aprire i ristoranti in
zona arancione, purché siano appannaggio esclusivo dei lavoratori.
Nella estenuante cronologia delle richieste di aprire i locali il 5 febbraio c'è stata una puntata per certi versi determinante.
Con alcuni distinguo e la richiesta di un
rafforzamento delle
norme e dei
controlli, nonchè col solo riferimento a quei locali che possono disporre di ampi spazi, quel giorno c'è stato infatti l'atteso parziale via libera da parte degli scienziati che si occupano del controllo della pandemia per una possibile riapertura di quei
ristoranti (che possono garantire la totale applicazione dei protocolli di sicurezza) la sera nelle zone gialle e a pranzo in quelle arancione.
Ogni decisione resta rinviata ai politici, tenendo anche conto della condizione dei
contagi che a oggi è ancora preoccupante. Una possibilità che, va sottolineato, è in ogni caso condizionata da una netta distinzione fra locali che hanno volumetrie e aree per con posti a sedere ben identficati e contingentati (e che applicano i protocolli di sicurezza) e chi non può invece offrire queste garanzie.
Non è stato ancora un disco verde dunque, che può venire solo da un nuovo Dpcm, ma certo la proposta che era stata avanzata con forza dalla stessa Fipe con Fiepet trova un primo sostegno a cui la politica non può non dare ora una risposta. C’è un preciso verbale del Cts e, aspetto non trascurabile, ora Conte, che è fuori gioco, non può più fare finta che non ci sia stato un pronunciamento esplicito.
A livello politico, almeno fino a che si considerano ancora in gioco i protagonisti del Governo Conte, va peraltro detto che
questa ipotesi non piace per nulla al Ministro Speranza che anche su questo caso si trova in contrasto col suo vice
Sileri, che invece aveva plaudito al documento approvato dal Cts quando da giorni parlava dell'ipotesi di riaprire, con le debite precauzioni, i ristoranti con più spazio. Posizioni davvero molto contrastanti tanto che anche il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, intervistato da Radio Popolare riguardo a questo tema aveva detto che «da molti mesi credo che i ristoranti possano essere riaperti, in zona gialla, in sicurezza e con controlli rigidi fino alle 22. Sicuramente per le zone gialle credo che l’indirizzo sarà quello di tenere aperti i ristoranti alla sera».
In questo periodo lungo di crisi non è mancata qualche piccola buona notizia. Per i ristoratori delle regioni in zona gialla e arancione c’è infatti una possibilità in più per
salvarsi, ovvero:
trasformare i propri ristoranti in mense aziendali. Cosa significa? Che pur dovendo rimanere
chiusi al pubblico, i ristoranti che ne fanno richiesta possono aprire ai dipendenti di aziende con le quali è stato stipulato un contratto per i pranzi di
lavoro quelli che “spezzano” il turno mattutino da quello pomeridiano. Un'idea che è piaciuta subito e che sta prendendo piede in tante regioni.