Regole e burocrazia sono diventate la norma e la frustrazione più grande per i ristoranti e i pubblici esercizi. Da un lato, la volontà di ottemperare alle varie imposizioni pur di continuare a operare – seppure a scartamento ridottissimo visto le attuali disposizioni in materia sanitaria; dall’altro, l’insopportabilità di alcuni episodi che rendono ancora più pesante una nuova normalità che sembra un grande caos.
Da Bologna ad Arezzo, si moltiplicano i casi di "nervosismo" dietro al bancone
Tre, in particolare, i
casi che hanno alzato
il livello del nervosismo nel mondo Horeca: il bando indetto da
Unioncamere Emilia-Romagna e Regione, la
querelle legale che ha contrapposto dipendente e titolare di un punto vendita di Arezzo e la vicenda dell’
Halloween Pub di Bologna.
Un bando, tanta burocraziaA sollevare le polemiche intorno al
bando indetto da Unioncamere Emilia-Romagna e dalla Regione sono i
criteri di partecipazione. Sul piatto, un aiuto complessivo a bar e ristoranti pari a 21 milioni di euro. Per accedervi, però, le
imprese in difficoltà dovranno dimostrare di avere subito un calo del fatturato medio di almeno il 20% (nel periodo 20 novembre-31 dicembre 2020) rispetto al 2019 e di essere in regola con i contributi Inps e Inail (tempo fino al 31 maggio 2021). Paletti che, in una situazione normale, non comporterebbero alcun problema per bar e ristoranti. Ma che, vista l’eccezionalità dell’emergenza
Covid e il calo di fatturato conseguente alle serrate e alle limitazioni di zona, diventano dei veri e propri muri insormontabili.
A complicare le cose, anche la richiesta di utilizzare la piattaforma
Restart per presentare la domanda. Un ulteriore giro burocratico (vedi la necessità di dotarsi di
Spid) che rischierebbe di lasciare fuori
i ristoratori più anziani o comunque meno avvezzi alla tecnologia. Nervi tesi dietro al banconeIn provincia di Arezzo, invece, il termometro della crisi ha toccato livelli di
nervosismo che hanno obbligato l’intervento del
Tribunale. Con una sentenza pubblicata il 13 gennaio, il giudice ha dato ragione a un dipendente che, rifiutatosi di servire un cliente senza mascherina, si è visto minacciare il
licenziamento per giusta causa da parte del datore di lavoro. Motivo? Con la sua decisione, il dipendente avrebbe danneggiato gravemente l’immagine del locale; con buona pace per la
sicurezza e quel senso di comunità per cui sarebbe dovuto andare tutto bene.
A rimettere tutto sul giusto piano ci ha pensato la
sentenza che ha ricordato come sia diritto del lavoratore, costituzionalmente garantito, svolgere la propria prestazione in condizioni di sicurezza. Un diritto che, ricordano i giudici, può arrivare anche all’astensione dal lavoro nel caso in cui il rischio esponga il lavoratore a un danno per la propria persona.
Il pub ribelleDa Bologna, invece, giunge la storia del ribelle Halloween Pub. Ormai conclusa con la chiusura e i sigilli imposti dal gip del Tribunale del capoluogo emiliano. A determinare questo esito, la reiterata violazione delle norme anti-Covid che proseguiva da ottobre;
multe comprese. La resistenza dell’Halloween Pub è costata al gestore l’accusa di
epidemia colposa. Troppo secondo il legale che segue il pubblico esercizio: «Bisognava rimanere aderenti alla legge che per questi casi indica di procedere per via amministrativa. È una situazione di una gravità inaudita, perché si perseguitano persone che non delinquono in senso stretto», ha commentato l’avvocato
Mauro Sandri sulle pagine del
Corriere di Bologna.
A incidere sulla vicenda, anche
un precedente seguito sempre da Sandri (la palestra GimFive di Vignola) e conclusosi con il dissequestro del locale. Esito che rinnova la necessità di trovare un nuovo protocollo che permetta almeno alle attività di una certa dimensione, con spazi grandi e capaci di mettere in pratica tutte le misure di sicurezza necessarie, di riaprire e
tornare a operare. Il rischio è che
un tessuto socio-produttivo già slabbrato finisca per strapparsi definitivamente.