C'è grande interesse sul Pinot nero in rosso e il mercato si aspetta prodotti di grande qualità. Del resto questa uva è nota universalmente perché produce uno tra i più raffinati e 'romantici” vini al mondo. In questo momento il Pinot nero è sicuramente il vino che risponde maggiormente alle esigenze e al gusto dei consumatori, che prediligono oggi vini dove eleganza, armonia e finezza sono caratteristiche più ricercate e apprezzate rispetto a qualità come la possenza e la struttura che riscuotevano un certo interesse in passato. Rispetto agli altri rossi prodotti in Oltrepò, il Pinot nero rappresenta non a caso l'apice qualitativo tra i rossi del territorio.
A confermare la tradizionale vinificazione in rosso del Pinot nero è, fra gli altri, Fabrizio Maria Marzi (nella foto accanto), direttore ed enologo dell'azienda Travaglino di Calvignano (Pv): «Non è una novità. sono 30 anni che accanto alla produzione spumantistica trasformiamo in rosso il Pinot nero. Certo, la produzione di spumanti è ancor prevalente ma non escludo che nei prossimi anni possa aumentare anche quella dei rossi. Dal 2005 abbiamo infatti introdotto una nuova etichetta, il Perlnero, un rosso più leggero e il più naturale possibile su cui puntiamo molto. Essendo un vino fresco e beverino si adatta a un mercato trasversale».
Anche per Gabriele Marchesi, dell'Azienda agricola Marchesi di Montalto di Montalto Pavese (Pv), la strada della vinificazione in rosso per il Pinot nero è già stata tracciata: «Anche se il fiore all'occhiello della produzione rimane il Riesling, con un 40% della produzione, un buon 30% è destinato al rosso. Nell'Oltrepò il Pinot nero ha tradizionalmente preso 2 strade: quella spumantistica classica e quella del rosso. In questi anni abbiamo incrementato la produzione di rosso e siamo convinti che il mercato possa offrire ampi margini di guadagno».
Storia di vini e di territorio
La più grande area coltivata a Pinot nero in Italia, è terra di vini e di castelli, di sapori forti e decisi e dolci contrasti tra pianura, colline e montagna. Un cuneo oggi lombardo che s'insinua fra Emilia e Piemonte che fa delle mappe dell'Oltrepò quasi un grappolo, quasi a sottolineare la vocazione di queste terre argillose, che vantano oltre 13mila ettari di vigneti.
Fino dall'antichità l'Oltrepò era conosciuto per l'ottima produzione di vini come ci tramanda Plinio il Vecchio parlando delle colline tra Casteggio e Retorbido. Durante il Medioevo la viticoltura fu incentivata dalle casate nobili dei Malaspina, Visconti, Beccaria, Dal Verme fino all'anno 1743, che con il trattato di Worms sancì l'appartenenza dell'Oltrepò al regno sabaudo. Solo nel 1860 tornò a far parte della Lombardia.
Attualmente l'Oltrepò costituisce la più consistente produzione vinicola lombarda, è la terza area italiana per estensione viticola Doc, preceduta solo dall'Asti e dal Chianti. Sono 42 i comuni ricadenti nella denominazione, con 2.700 viticoltori/produttori di uva che rivendicano la Doc e la Docg. Una realtà associativa complessa con 228 associati al Consorzio, di cui 5 cantine sociali.
Siamo sul 45° parallelo, che non è il titolo di un romanzo di Joseph Conrad, ma una straordinaria linea che nel mondo vitivinicolo unisce la qualità. Il paesaggio è tra i più eterogenei, non a caso molto simile alla Borgogna, dove nascono vini originali e indimenticabili, tra cui non a caso il Pinot nero, che dà origine, oltre che a spumanti metodo Classico e Charmat, a splendidi vini rossi fermi da invecchiamento. Il tutto arricchendo sul piano qualitativo una delle offerte enologiche più ricche d'Italila per varietà e tipologie.
Le nostre selezioni:
Op Pinot nero Doc Poggio della Buttinera 2002 di Travaglino
Pinot nero Oltrepò Pavese Doc Ca' Nuè di marhcesi di montalto
Articoli correlati:
Nel mare di vino dell'Oltrepò la perla del Pinot nero
Pinot nero Extra Dry di Vanzini: dall'Oltrepò pavese il miglior Charmat d'Italia