Dopo un 2020 tragico, la ristorazione guarda al 2021 come l’anno del Rinascimento. Una speranza più che un’ipotesi visto che la pandemia è ancora in atto e le scelte del Governo quando si tratta di stringere e limitare picchiano duro proprio su bar e ristoranti.
Ma parlare di Rinascimento può già essere un primo passo importante verso una svolta. Significa inquadrare la cucina italiana non come colei che sfama gli italiani in pausa pranzo o permette di non prendersi la briga di cucinare una sera in casa propria, ma come quell’arte tutta tricolore che contraddistingue una cultura e un modo di vivere tipico del nostro Paese.
Massimo Bottura e Giuseppe Conte
La cucina come cultura per essere ascoltati dal GovernoForse, spostando l’attenzione sul valore sociale della cucina anche chi prende le
decisioni potrebbe
cambiare punto di vista e premere un po’ di più sull’acceleratore quando si
tratta di decidere cosa e quando lasciare aperto. Non che il ragionamento sia nuovo, molti cuochi in questi mesi lo hanno ribadito, ma questo è il momento di farlo presente con convinzione, progettualità, interesse reale sostenuto da idee
innovative, cambiamenti, maniche che si rimboccano invece che bocche che ogni giorno
chiedono aiuti economici e basta.
Bottura al governo: Un ristorante vale una bottega rinascimentaleLo spunto “culturale” è stato colto anche dal
Corriere della Sera dopo la tre giorni di “Cibo a Regola d’Arte 2020” al quale hanno preso parte molti
cuochi stellati e anche il Premier
Giuseppe Conte.
Massimo Bottura -
che già si era esposto proponendo al governo alcune sue soluzioni per sostenere i ristoranti in crisi - ha scritto un lettera al Corriere rivolta al
governo italiano.
“Mi domando - scrive - ma noi chi siamo? Io credo che oggi un ristorante, in Italia, valga una
bottega rinascimentale: facciamo cultura, siamo ambasciatori dell’agricoltura, siamo il motore del
turismo gastronomico, facciamo formazione, ed ora abbiamo dato inizio ad una rivoluzione culinaria “umanistica” che coinvolge il sociale. L’ospitalità e la ristorazione, l’arte e l’architettura, il design e la luce sono gli assi portanti della nostra identità».
E ha posto poi l’accento sull’importante contributo che un ristoratore può dare al suo territorio: «Negli ultimi cinque anni a
Modena, grazie ad un micro ristorante come l’Osteria Francescana, sono nati oltre
80 b&b. È nato il turismo gastronomico dove migliaia di famiglie, coppie, amici, passano due o tre giorni, in giro per l’Emilia, a scoprire e celebrare i territori e i loro eroi: contadini, casari, artigiani, e pescatori».
Oldani: Cucina è incrocio di mondiDavide Oldani, sempre al Corriere, ha invece scritto: “La cucina è incrocio di mondi. Sostenerla equivale ad aiutare chi vuole unire le persone, farle stare bene, valorizzare lavoro e qualità, luoghi e
storie. Ce l’abbiamo messa tutta per arrivare fin qui, vorremmo poter continuare a farlo». I
pubblici esercizi italiani rappresentano l’1,8% del Pil nazionale (96 miliardi). Questo, ogni tanto, va ricordato. Anche a noi stessi”.
Oltre a loro il Corriere ha chiamato a raccolta altri nomi dell’alta cucina italiana: Massimiliano Alajmo, «Le Calandre» (Sarmeola di Rubano, Pd); Bobo e Chicco Cerea, «Da Vittorio» (Brusaporto, Bg); Ernesto Iaccarino, «Don Alfonso» (Sant’Agata sui Due Golfi, Na); Antonia Klugmann,«L’Argine a Vencò» (Località Vencò, Go); Norbert Niederkofler, «St. Hubertus» (San Cassiano in Badia, Bz); Niko Romito, «Reale» (Castel di Sangro, Aq); Antonio Santini, «Dal Pescatore» (Canneto sull’Oglio, Mn).
Gruppo unito per aprire un tavolo di confrontoL’idea di scrivere una lettera aperta al governo italiano ha l’obiettivo di chiedere un impegno a creare un
tavolo di lavoro, subito, attorno al quale sedersi e ragionare su cosa si può fare per riconoscere alla ristorazione un ruolo di primo piano. Lavorando sullo studio delle specificità dei diversi ristoranti, sui nuovi codici
Ateco e su come tendere una mano reale a uno dei tanti settori che da questa pandemia rischia di essere cancellato.
Perché servono misure che rendano possibile la visione di un futuro che, al momento, appare difficile da immaginare. Questo gruppo è sostenuto dallo stesso
Corriere della Sera il quale si fa promotore dell’apertura di una
discussione pubblica che accolga il contributo di tutti gli chef e ristoratori che vorranno aderire. E domanda con forza all’esecutivo, in particolare al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, l’apertura di un confronto immediato.
Ma cultura non fa rima con aiuti concretiUn obiettivo che ha nei grandi nomi stellati della
cucina nostrana i trascinatori, ma che punta a sostenere soprattutto le piccole realtà presenti su tutto lo Stivale, le quali più di tutte rappresentano la
tradizione italiana e danno da mangiare (nel senso di tenere in vita grazie agli stipendi) migliaia di famiglie. Tutto questo premettendo che cultura non fa rima con garanzia di sostegno; basta chiedere ai musei, alle guide turistiche, al mondo del turismo culturale a quale triste destino stanno andando incontro da marzo a oggi e fino a chissà quando...