«A casa anche il primo maggio? Credo proprio di sì». Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, si esprime così ai microfoni di Radio Anch'io. «Gli esperti analizzano quelle che sono le curve di evoluzione dell'epidemia ma sono i fatti che contano, i dati che arrivano dalle regioni: io mi attengo a quelli e ci dicono che diminuisce il numero dei nuovi ricoverati e di quelli che entrano in terapia intensiva, aumenta il numero dei guariti e aumenta in modo contenuto il numero dei positivi e cala sensibilmente rispetto ai giorni scorsi quello dei deceduti. Siamo in una situazione stazionaria, i medici negli ospedali possono tirare il fiato», aggiunge.
Le città resteranno deserte ancora per un mese
«I contagi restano perché sono frutto dei comportamenti passati, di due settimane fa», osserva. Le misure restrittive, vista la situazione, sono
destinate a rimanere in vigore. «Purtroppo sì, dobbiamo stare in casa ancora per molte settimane, credo anche il primo maggio. Dovremmo essere rigorosissimi e credo cambierà il nostro approccio ai contatti umani e interpersonali, dovremo mantenere le distanze», afferma.
«L’accesso agli ospedali e alle terapie intensive non sta crescendo. I numeri parlano chiaro, cresce anche il numero dei positivi che sono a casa, in terapia intensiva ci si arriva facendo un percorso che parte da un ricovero con sintomi e questi numeri diminuiscono.
E questo significa che si sta fronteggiando la malattia. Non mi risultano situazioni dove gli ospedali non riescono a garantire il ricovero in terapia intensiva», dice ancora.
Angelo Borrelli
Alcune zone del paese non sono state colpite in maniera veemente. «Il sud regge ma bisogna assolutamente essere prudenti, evitare di uscire di casa e seguire alla lettera le indicazioni che sono state date. Il problema delle mascherine è globale, la domanda a livello mondiale è 30, 50 volte il fabbisogno ordinario. Abbiamo una situazione in cui in Italia non esistono imprese per la produzione. Ora si sta facendo una riconversione, l'obiettivo prioritario è diventare autonomi e autosufficienti per la produzione di mascherine. Nel frattempo andremo avanti con le importazioni, con accordi e con il grande lavoro fatto anche a livello di governo». Capitolo test sierologici: «Chi sta governando l'emergenza dal punto di vista tecnico-scientifico dovrà indicare la direzione. Stanno discutendo in queste ore, stanno lavorando su questo».
Misure prudenti che non guardano solo al presente, ma anche al futuro per attuare ogni forma di prevenzione. «Dobbiamo prepararci alla seconda ondata». L'epidemiologo
Pierluigi Lopalco, ospite ieri sera di “Piazzapulita” analizza le possibili cause che hanno agevolato la circolazione del coronavirus in Italia.
«All'inizio di questa epidemia, prima che arrivasse lo tsunami, feci una riflessione. Dissi “tremo all'idea che il virus arrivi negli ospedali italiani dove la cultura del controllo infezioni è così scarsa”. L'Italia in tutta Europa è uno dei Paesi con il più altro tasso di infezione in ambiente assistenziale, quindi diciamo che c'era una condizione strutturale. Non negli ospedali della Lombardia, ma in tutti gli ospedali italiani c'era una condizione che sicuramente ha favorito in piccola parte la circolazione di questo virus».
«Però attenzione: questo virus - spiega ancora Lopalco - è entrato nei nostri ospedali durante l'epidemia influenzale, e sfido chiunque in quel momento, senza nessuna avvisaglia e senza sapere che c'era la circolazione del coronavirus in Italia, ad avere delle precauzioni particolari, a mettere una mascherina in pronto soccorso perché c'era una persona che tossiva. C'è tutta una serie di elementi che probabilmente hanno facilitato l'ingresso del virus negli ospedali. Ma non si tratta di capire di chi è la colpa, perché le pandemie non arrivano mai in un'unica ondata, non c'è mai un'ondata pandemica e poi tutto sparisce. Normalmente abbiamo sempre una seconda ondata pandemica, quindi se vogliamo prevenirla dobbiamo assolutamente imparare la lezione», conclude.
Fonte: Adnkronos