La tecnologia, come già ci viene incontro nel mantenimento dei rapporti sociali, ora potrebbe aiutare a limitare davvero la diffusione del Covid-19. Come? È stata realizzata un'app che permette di ricostruire i movimenti delle persone positive al coronavirus e di avvertire così chi è entrato in contatto con loro ed è quindi a rischio contagio. L'app è stata sviluppata da aziende italiane e pensata soprattutto per la Protezione civile: per farla funzionare si aspetta il via libera del Governo.
Protegge le persone sane e assiste i positivi
«Abbiamo già sviluppato un'app da scaricare sui cellulari che permette di tracciare in tempo reale i movimenti delle persone positive al coronavirus e di avvertire chi è entrato in contatto (che è quindi a rischio contagio), individuando così, in ultima analisi, lo sviluppo di possibili nuovi focolai sul nascere. Il tutto in modo assolutamente anonimo. Stiamo facendo gli ultimi test e siamo pronti a metterla a disposizione della Protezione civile». Queste le parole di
Luca Foresti, ad della rete di poliambulatori specialistici Centro medico Santagostino.
Foresti ha frequentato la facoltà di Fisica e matematica alla Normale di Pisa, ha esperienze in Finanza etica e nell'Imprenditoria digitale. Ad oggi sta lavorando con i maggiori esperti italiani di big data a un progetto senza fini di lucro per mettere l'analisi dei database e la geolocalizzazione digitale al servizio del contenimento dell'epidemia di Covid 19. Insieme hanno formato una onlus sotto la direzione tecnico-scientifica dell'ex commissario per l'Agenda digitale Diego Piacentini e del presidente dell'Accademia dei Lincei Giorgio Parisi. All'app lavorano Bending Spoons, la più importante azienda italiana che fa app; Jakala, una società di marketing digitale con grandi competenze sulla georeferenziazione; Geouniq, che ha sviluppato un programma di geolocalizzazione capace di individuare la posizione di un cellulare (compreso il piano del palazzo a cui si trova) con un errore di soli 10 metri.
Secondo quanto riportato da Foresti al Corriere della Sera, l'app servirebbe a «limitare e contenere i contagi, intervenendo sui focolai in modo mirato, chirurgico. L'isolamento deciso dal Governo in questo momento è fondamentale, ma dobbiamo pensare a degli strumenti per il dopo, quando il virus sarà diminuito ma non del tutto scomparso, e dovremo prevenire che si diffonda di nuovo».
«È un'applicazione scaricabile sul cellulare - prosegue Foresti - che permette, una volta individuati i positivi, di ricostruire tutti i loro movimenti nelle settimane precedenti e di mandare un messaggio a coloro con cui sono entrati in contatto per segnalare che sono a rischio e devono mettersi in autoquarantena. In questo modo si ferma la diffusione del virus. È lo stesso approccio sperimentato in Corea del Sud, a Singapore e in parte in Cina, che si è rivelato molto efficace».
Un problema che può destare delle preoccupazioni sull'effettiva efficacia di quest'app è che molte persone positive, con sintomi lievi, non vengono rilevate perché non sono sottoposte ai tamponi... A questa osservazione Foresti spiega che «la app ha anche un "diario clinico" per la early detection, l'individuazione precoce delle infezioni. Una sezione in cui i singoli utenti possono registrare in modo anonimo eventuali sintomi. I dati così raccolti permettono di prevedere se ci sono delle zone in cui si sta diffondendo il contagio. Oggi invece facciamo i test solo alle persone che si aggravano: significa che rileviamo i casi quando ormai sono vecchi di almeno 10 giorni. E quindi hanno già contagiato altri. Sapere se oggi a Milano, per esempio, c'è un improvviso aumento di persone con la febbre significa poter intervenire subito con la quarantena e l'isolamento preventivo. Poi certo, è auspicabile fare test a tappeto: speriamo che si arrivi anche a quello».
Per quanto riguarda poi i grandi spostamenti, ad oggi troppo frequenti e denunciati, Foresti dice: «Siamo già in grado di rilevare su base statistica (e quindi anonima) assembramenti a rischio o di dire quali quali comuni hanno comportamenti sbagliati e quindi devono rivedere le politiche di contenimento. Non solo, questi dati possono essere incrociati con quelli dell'Istat, per tracciare ulteriori mappe di rischio». I dati dell'Istat a cui si riferisce Foresti interessano le "cellette" di 65 famiglie in cui l'Istat divide tutto il territorio nazionale. «Per ognuna di esse abbiamo la distribuzione della popolazione in base all'età: se sappiamo che in un determinato territorio c'è una maggiore concentrazione di anziani, sappiamo che c'è una più alta probabilità di avere vittime, quindi si deve pensare a interventi mirati per quella zona».
L'accesso a quei dati chiaramente sarebbe riservato alla Protezione civile, che così «potrebbe intervenire in tempo reale per prevenire i comportamenti sbagliati o predisporre la risposta sanitaria. E poi la comunità scientifica. La ricerca scientifica è fondamentale per sconfiggere il coronavirus, ma deve essere veloce: per questo deve avere dati il più possibile precisi. Infine l'app funziona anche nel verso opposto: permetterebbe di informare e seguire i cittafini preoccupati o con sintomi, che adesso non sempre riescono a raggiungere i numeri di emergenza».
Naturalmente come può non insorgere, con questa app, il problema della privacy? «Ne abbiamo tenuto conto fin dall'inizio e abbiamo sviluppato la app in collaborazione con Giuseppe Vaciago, avvocato e tra i maggiori esperti in Italia nella protezione dei dati sensibili. La app non rivela né i dati anagrafici né il numero di telefono delle persone». In più, a differenza della Corea, «noi non rendiamo pubblici i tracciati, ma avvertiamo in modo atuomatico coloro che sono stati in posti dove c'erano positivi».
Risolta anche questa problematica, c'è già il supporto del ministero per l'Innovazione digitale, guidato da Paola Pisano che conclude Foresti, «ci ha dato il suo supporto».