Il melanoma è il tumore della pelle più conosciuto, perché uno tra i più aggressivi, ma non è il più diffuso. I diversi tipi di tumori cutanei originano da differenti cellule che costituiscono l’epidermide.
Il melanoma si sviluppa dai melanociti, le cellule responsabili della produzione di melanina, la sostanza che conferisce alla pelle il suo colore naturale e la protegge dai raggi solari. Ne ha parlato
Riccardo Borroni, dermatologo di Humanitas, in un articolo pubblicato su
Humanitasalute, che vi proponiamo di seguito.
“I carcinomi basocellulari (noti colloquialmente anche come basaliomi) originano dalle cellule dello strato basale, lo strato più profondo dell’epidermide. Sono i tumori in assoluto più frequenti e insorgono in genere dopo i 50 anni, anche se è sempre più comune il riscontro in soggetti più giovani. Questi tumori si formano in genere sulla pelle del viso, in particolare sul naso, ma anche sul collo e sul tronco: sono infatti le parti del corpo più esposte all’azione dei raggi solari a essere maggiormente colpite.
Diversi sono i fattori di rischio per questo tumore: quelli fenotipici, con un maggior rischio per gli individui con pelle, occhi e capelli chiari; di tipo ambientale, con l’esposizione prolungata negli anni e senza protezione alle radiazioni ultraviolette dei raggi solari. È bene sottolineare che sono nocive anche le radiazioni ultraviolette di lampade e lettini abbronzanti. Il DNA delle cellule basali viene danneggiato dai raggi UV innescando l’origine del carcinoma. Ecco perché l’aver sviluppato un carcinoma basocellulare rappresenta un “campanello d’allarme” per lo sviluppo di un altro basalioma o di altri tumori della pelle causati dall’esposizione agli UV. Estremamente rara è la predisposizione genetica al carcinoma basocellulare, che si presenta con la sindrome di Gorlin-Golz, caratterizzata oltre che dalla comparsa di carcinomi basocellulari nella giovane età adulta (20-25 anni), da malformazioni scheletriche, tumori cerebrali e tipiche depressioni puntiformi al palmo delle mani e alle piante dei piedi.
Il carcinoma basocellulare si sviluppa lentamente e quasi mai si diffonde ad altri organi. La sua prognosi è favorevole e il trattamento di prima scelta è chirurgico, il più delle volte risolutivo In alcuni casi selezionati, quando il tumore è superficiale, è localizzato in sedi come il viso, e quando le condizioni del paziente (tra cui l’età e alcune terapie farmacologiche) contribuiscono a un rischio maggiore di complicanze dell’intervento chirurgico (emorragia, infezioni), possono essere prese in considerazione altre opzioni terapeutiche, non invasive.
Per i carcinomi basocellulari superficiali, per esempio, sono indicati imiquimod 5%, che applicato in crema sul basalioma, attiva il sistema immunitario a debellare le cellule malate, e la terapia fotodinamica: l’applicazione di un farmaco (aminolevulinato) rende le cellule sensibili alla luce, questa attiva poi il farmaco stesso che “distrugge” le cellule tumorali della pelle. Nelle rare forme di carcinoma basocellulare metastatico, o quando le dimensioni e la sede anatomica del tumore non ne consentano l’asportazione chirurgica radicale, si può ricorrere alla radioterapia o alla terapia sistemica con vismodegib.
Anche il carcinoma squamocellulare origina dai cheratinociti, che possono andare incontro a una trasformazione neoplastica dando origine a un tumore maligno. Il decorso clinico di questo tumore è variabile, e comprende forme non invasive, e altre con potenziale metastatico. Anche questa forma di tumore cutaneo si sviluppa sulle regioni della pelle più esposte ai raggi del sole, ma poiché i raggi UV non solo l’unica causa, questo tumore può formarsi in qualsiasi area della superficie cutanea e delle mucose.
I fattori di rischio sono sempre legati al fototipo chiaro (capelli biondi o rossi, pelle chiara, occhi azzurri o verdi); all’esposizione alle radiazioni ultraviolette e all’utilizzo di lampade e lettini abbronzanti. Il sistema immunitario gioca un ruolo importante nel rischio di insorgenza e nella progressione del carcinoma squamocellulare, che è il tumore più frequente nei soggetti trapiantati in cura con terapie immunosoppressive. Un altro elemento di rischio è il contagio con il Papilloma virus (HPV), che in certi casi può favorire l’insorgenza di alcuni tipi di carcinoma squamocellulare. I fattori di predisposizione genetica comprendono l’albinismo oculocutaneo, lo xeroderma pigmentoso e l’epidermolisi bollosa distrofica. Il trattamento d’elezione è chirurgico; per le forme in situ, cioè non ancora invasive (morbo di Bowen) è utile invece la terapia fotodinamica.
Utile per identificare i pazienti a rischio di sviluppare è riconoscere le cheratosi attiniche (o solari): lesioni precancerose superficiali, non invasive, causate dall’esposizione ai raggi UV. Con il passare del tempo, se non trattate, alcune cheratosi attiniche possono trasformarsi in carcinoma squamocellulare invasivo.
Le cheratosi attiniche appaiono come piccole macchie rosa o rosse, dalla superficie ruvida, che tendono a unirsi tra loro; sorgono in genere sul viso e il dorso delle mani, oppure sul cuoio capelluto degli uomini calvi. Se le lesioni compaiono sul labbro inferiore si parla di cheilite attinica.
Le lesioni isolate si trattano con crioterapia o diatermocoagulazione, mentre quando sono estese o confluenti sono indicate la terapia fotodinamica con aminolevulinato e la terapia topica con diclofenac 3%, imiquimod 3.75% o ingenolo mebutato; diversi farmaci che vengono applicati localmente e che, con diverse modalità di azione, sono in grado di intervenire sul “campo di cancerizzazione”, cioè su tutta l’area di pelle che è stata soggetta all’azione dei raggi UV e che ospita quelle alterazioni non necessariamente visibili a occhio nudo, che se non trattate possono rappresentare il primo passo per lo sviluppo di un carcinoma squamocellulare.
”