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Agromafie, business da 24,5 miliardi Il vino è il settore più colpito

 
14 febbraio 2019 | 12:43

Agromafie, business da 24,5 miliardi Il vino è il settore più colpito

14 febbraio 2019 | 12:43
 

Il mercato delle agromafie si estende sempre di più e si specializza in modo sempre più preoccupante, falsificando o producendo in modo illecito prodotti che - nella versione originale - sono bandiera del made in Italy.

È così vasto l’assortimento di prodotti che è possibile comporre un menu ricco e diversificato. Coldiretti ha “giocato” - con un intento serio e coscienzioso - su questo problema, componendo appunto un’idea di pranzo dagli antipasti al dessert dove a ideali commensali vengono messi nel piatto prodotti derivanti da associazioni mafiose. Il menu è stato denominato “Il crimine nel piatto degli italiani” e vede tra i protagonisti la mozzarella sbiancata con la soda, il pesce vecchio rinfrescato con un “lifting” al cafados, la carne dei macelli clandestini di animali rubati, il pane cotto in forni con legna tossica, le nocciole turche prodotte con il lavoro dei minori al miele “tagliato” con sciroppo di riso o di mais.

(Agromafie, business da 24,5 miliardi Il vino è il settore più colpito)

Un’iniziativa promossa a Roma in occasione della presentazione del sesto Rapporto Agromafie sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’ agroalimentare. Numeri preoccupanti quelli che sono emersi perché fanno registrare un balzo del 59% nel 2018 le notizie di reato nel settore agroalimentare che si estendono ai principali comparti, dal biologico al vino, dall’olio all’ortofrutta, dalle conserve ai cereali. Oltre 54mila i controlli effettuati dall’Ispettorato Centrale Repressione Frodi (Icqrf) nel 2018. I settori agroalimentari più colpiti da truffe e reati nel 2018 sono il vino con +75% nelle notizie di reato, la carne dove sono addirittura raddoppiate le frodi (+101%), le conserve con +78% e lo zucchero dove nell’arco di dodici mesi si è passati da zero e 36 episodi di frode.

Il volume d’affari complessivo annuale delle agromafie è salito a 24,5 miliardi di euro con un balzo del 12,4% nell’ultimo anno con una crescita che sembra non risentire della stagnazione dell’economia italiana e internazionale. Nell’ultimo anno sono stati sequestrati 17,6 milioni di chili di alimenti di vario tipo per un valore di 34 milioni di euro con lo smantellamento di un’organizzazione fra Campania, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia e Veneto che importava zucchero da Croazia, Isole Mauritius, Serbia e Slovenia e poi lo immetteva nei canali del mercato nero attraverso fatture false per rivenderlo a prezzi stracciati a imprenditori che lo usavano per adulterare il vino. Più di un italiano su cinque (17%) è stato vittima di frodi alimentari nel 2018 con l’acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati ed effetti anche sulla salute, secondo l’indagine Coldiretti dalla quale si evidenzia che ben l’88% dei cittadini nel momento di fare la spesa è preoccupato dell’idea che nei negozi ci siano in vendita prodotti alimentari pericolosi per la salute.

Il menu del crimine vede fra gli antipasti la mozzarella sbiancata con carbonato di soda e perossido di benzoile oppure le frittelle di bianchetti, conosciuti a Napoli come cicinielli, vietati dal regolamento UE 1967/2006 che ne mette fuori legge la cattura, lo stoccaggio, l’immagazzinamento e la vendita che purtroppo però ancora avviene attraverso le vie illegali.

Se poi si passa ai primi sulla tavola del crimine si può trovare il riso che arriva dalla Birmania frutto della persecuzione e del genocidio dei Rohingya. Quando poi si passa ai secondi si rischia di trovare nel piatto del pesce vecchio “ringiovanito” con il cafados, una miscela di acidi organici e acqua ossigenata che viene mescolata con il ghiaccio e consente di dare una freschezza apparente, oppure una bistecca che arriva da macelli clandestini senza alcun controllo sanitario sia sulla carne che sui locali nei quali viene sezionata e tantomeno sulle procedure igieniche usate dai “macellai” per il lavoro.

Sui contorni la “tavola del crimine” propone tartine di tartufi cinesi spacciati per italiani visto che il “Tuber indicum” è simile del tartufo nero nostrano al quale assomiglia nell’aspetto senza però possederne le straordinarie qualità organolettiche e funghi porcini secchi romeni serviti come italiani. Il tutto innaffiato da vino scadente adulterato con lo zucchero, la cui aggiunta è vietata in Italia. Per condimento si rischia di imbattersi, soprattutto tra i low cost, nella frode dell’olio di semi colorato alla clorofilla al posto dell’extravergine. Un pericolo presente anche al ristorante dove ancora vengono portate in tavola vecchie oliere e bottiglie senza il tappo anti rabbocco che sono vietati da anni. Il rischio della truffa riguarda anche le formaggere dove al posto di parmigiano reggiano o grana padano dop vengono spesso spacciate imitazioni di infima qualità.

Ad accompagnare i piatti illegali c’è poi il pane cotto in forni clandestini dove si usano scarti di legna e mobili laccati contaminati da vernici e sostanze chimiche. Tra i dolci le preoccupazioni riguardano ad esempio i biscotti con il miele “tagliato” con sciroppo di riso, mais o zucchero per gonfiarne il volume con sottoprodotti che costano un decimo del vero miele. C’è anche il rischio di portare a tavola inconsapevolmente i frutti dello sfruttamento come le nocciole turche o le banane dell’Ecuador prodotte dal lavoro minorile come denunciato dal Ministero del lavoro degli Stati Uniti d’America e infine, se si vuole regalare un fiore c’è sempre in agguato il circuito della vendita illegale delle rose che sfrutta manodopera straniera in generale bengalese che fa il giro di ristoranti e pizzerie per ore e ore con mazzi di fiori da vendere alle coppiette a cena.

«È necessario - afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - controllare affinché tutti i prodotti che arrivano sulle tavole degli italiani, provenienti dall’interno o dall’estero dei confini nazionali rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti in vendita sugli scaffali o serviti al ristorante, ci sia un percorso di qualità e legalità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Occorre vigilare sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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