Bar e ristoranti di circoli culturali o associazioni sono comunque bar e ristoranti in tutto e per tutto e quindi devono pagare le tasse come tutti gli altri, senza ulteriori agevolazioni. Così ha deciso la Cassazione, secondo cui somministrare bevande, anche se agli associati, non rientra nelle finalità istituzionali del circolo.
Ecco allora che anche queste strutture da oggi devono "ritenersi ai fini del trattamento tributario - scrive la Cassazione - attività di natura commerciale".
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Sono anni che aspettiamo. L'ordinanza della Cassazione riconosce un principio sacrosanto per il quale ci siamo sempre battuti, quello dello "stesso mercato stesse regole". Una regola semplice, banale nella sua elementare comprensione, che tuttavia nella ristorazione non viene applicata. Fino ad oggi esistevano due piani, quello di chi fa ristorazione rispettando tutte le normative fiscali e quello di chi, come alcuni circoli culturali, sociali e ricreativi che agiscono in condizioni di "extraterritorialità", sono esentati dalle leggi applicate per tutti gli altri operatori. Questa ordinanza chiarisce che le attività di somministrazione dietro pagamento di corrispettivi specifici, anche se rivolte esclusivamente ai soci, nulla hanno a che vedere con i fini istituzionali perseguiti da questi enti. Pertanto, è logico quanto sostenuto dalla Cassazione, per cui agli enti non commerciali possono essere riconosciuti i vantaggi fiscali esclusivamente per le attività strumentali al raggiungimento dei propri fini istituzionali».
Aldo Maria Cursano
Questa la posizione espressa da
Aldo Maria Cursano, vicepresidente vicario di
Fipe - Federazione italiana pubblici esercizi, in merito all'ordinanza della Cassazione. «Il nostro obiettivo - ha concluso Cursano - non è penalizzare i circoli, ma tutelare i consumatori e garantire una concorrenza leale nel settore, ed è giusto che chiunque voglia somministrare del cibo e delle bevande dietro compenso lo faccia nel rispetto degli stessi diritti e degli stessi doveri».
Per informazioni:
www.fipe.it