Per il rilancio dell'Italia, il futuro Governo deve necessariamente mettere in atto la riforma del turismo, di cui si parla da anni ma che è ancora ferma. Riformare un ministero del Turismo sembra il passo più efficace.
Una parola che è stata poco pronunciata dai nostri politici, prima e dopo le ultime elezioni, è stata “turismo”. Io sono tra coloro che stanno predicando da anni, almeno 30, che l’Italia deve puntare tutto sul turismo come prima fonte per il Pil.
Purtroppo non tutti si sono accorti della sua importanza strategica, per non dire del suo ruolo fondamentale per l’economia, il lavoro, la crescita e lo sviluppo del Sistema-Paese.
Si pensi che nell’ultima legislatura, la parola turismo è apparsa solo 10 volte negli emendamenti e sovente in provvedimenti per così dire “laterali”, legati per esempio ai Beni culturali con i quali il turismo non a caso condivide lo stesso Ministero. È così spiegata la lunga e mortificante situazione di stallo e di regresso nelle politiche italiane del turismo (complici l’abolizione del Ministero e la riforma del Titolo V della Costituzione che ha trasferito le competenze alle Regioni).
Nessuno può più contestare o tralasciare che sul turismo si giochi la vera scommessa della rinascita italiana, che dal turismo occorra necessariamente ricominciare per invertire la rotta e risalire la china.
È dunque sul turismo che bisogna lavorare, dandogli giusta centralità e priorità politica, costruendo le condizioni normative, di legge, fiscali, operative, formative, perché il turismo possa crescere e decollare. E ancora, risorse umane, scuole di formazione, stimolo all’industria culturale, comunicazione, spinta al turismo scolastico, sociale, sportivo e giovanile. Ecco la non più rinviabile “rivoluzione” del settore, che non può prescindere da un coordinamento politico e istituzionale, un coordinamento che passa necessariamente anche dal ritorno ad un ministero del Turismo.