Ridurre i grassi per evitare che il tumore alla prostata provochi metastati letali. È la scoperta fatta dai ricercatori del Beth Israel deaconess medical center (Bidmc) della Harvard medical school di Boston.
I ricercatori non solo hanno identificato questi processi indotti dai grassi, ma sono anche riusciti a bloccarli somministrando dei farmaci allo studio per combattere l’obesità. Per la prima volta quindi si riesce a intervenire sulla proliferazione tumorale.
La scoperta è frutto di due ricerche pubblicate su
Nature Genetics e
Nature Communications, e punta il dito sull’ambiente come fattore chiave in grado di interagire direttamente sui tumori rendendoli più aggressivi, oltre ai fattori genetici. Sempre su
Nature Genetics di oggi un’altra indagine, condotta all’Institute of Oncology Research dell’università della Svizzera italiana di Bellinzona conferma l’importanza dei grassi nello sviluppo del tumore alla prostata aggiungendo un ulteriore tassello alla scoperta.
«Il tumore alla prostata - spiega
Pier Paolo Pandolfi, direttore del Cancer center institute al Bidmc, che ha diretto le scoperte - viene detto indolente da noi ricercatori perché cresce piano restando latente. La sua mortalità è calata del 40% negli Stati Uniti in questi ultimi 25 anni ma, se avvia le metastasi, diventa inevitabilmente fatale e la correlazione con il tipo di alimentazione era già stata ipotizzata tanto che la diffusione di questo tumore è molto più elevata negli Stati Uniti che in altre nazioni dove si assumono meno grassi di derivazione animale, come nei paesi asiatici, tipo il Giappone, dove l’incidenza è di circa il 10%. Quando però gli asiatici si trasferiscono negli Stati Uniti l’incidenza cresce al 40% avvicinandosi a quella di chi nasce qui».
Pandolfi prosegue: «Sapevamo che il gene soppressore Pten svolgeva un ruolo importante nella prevenzione del cancro alla prostata. La sua perdita parziale di attività infatti si riscontra nel 70% dei casi e, quando si perde del tutto, partono le metastasi ma le nostre osservazioni di laboratorio ci indicavano che non bastava l’assenza di questo gene a innescarle. Così abbiamo cercato di identificare altri geni coinvolti nel processo e abbiamo notato che un altro soppressore del tumore, il Pml, tendeva ad essere presente nei tumori localizzati e non più in quelli già diffusi. Abbiamo visto che nel 20% dei tumori con metastasi erano carenti sia il gene soppressore Pten che il Pml. Abbiamo generato tumori senza Pten a quelli senza Pten e Pml, questi ultimi erano molto più aggressivi e metastatizzavano».
Gli scienziati avevano ancora un nodo da sciogliere: come mai nei topi di laboratorio il tumore alla prostata produce metastasi molto raramente? Da qui l’intuizione: se fosse l’alimentazione dei topi a proteggerli dall’aggressività del tumore? Afferma Pandolfi: «Ci siamo resi conto che i topolini di laboratorio mangiano essenzialmente vegetali. È una dieta quasi vegana di sicuro più vicina alla dieta asiatica che a quella occidentale Abbiamo quindi provato a introdurre nella loro dieta i grassi animali e, per la prima volta, sono comparse le metastasi anche in quei tumori indolenti, non metastatici, in cui manca la sola funzione del gene Pten».
Una volta ottenuto un modello di ricerca e individuati i meccanismi molecolari alla base del processo che avvia le metastasi gli scienziati hanno somministrato ai topi un farmaco attualmente in fase di studio per il trattamento dell’obesità, le fatostatine, che bloccano la sintesi dei grassi. Sorprendentemente, la molecola ha causato una profonda regressione del tumore così come la completa soppressione delle metastasi. I ricercatori stanno anche cercando di capire quali siano nel dettaglio i lipidi cattivi che aumentano l’aggressività dei tumori, ma anche se ci siano lipidi buoni che possano avere un ruolo protettivo nella prevenzione dei tumori e nel bloccarne la loro progressione.