Il "Paolino" di tutti a Misano Adriatico (Rn), o più correttamente parlando, il ristoratore Paolo Torsani, ha chiuso uno dei suoi tre locali in quel di Rimini, precisamente il "Quelli di Paolino". Niente di strano fin qui, locali di ogni genere nell'ambito ristorativo chiudono in continuazione. Ciò che lascia a bocca aperta è la motivazione, scritta nero su bianco su un cartello appeso alla porta del locale: "Chiuso per mancanza di personale".
Il cartello è stato fotografato e ha invaso le pagine dei social network, e, com'è usanza, per immediata conseguenza, critiche stereotipate sono cominciate a piovere contro il titolare del locale: «Ma come si fa - eccone una - con tutti i disoccupati che ci sono là fuori?». La risposta di Torsani, proprietario anche del ristorante Hochey e della Birra di Paolino, non tarda ad arrivare e, per quanto inaspettata, è di efficace e semplice limpidezza.
Paolo Torsani
«Purtroppo - rivela il ristoratore - è diventato sempre più difficile trovare personale idoneo. Che figura ci faccio se i piatti che servo in tavola non sono all'altezza? Per me il rispetto viene prima degli affari. Mi piange il cuore, ma piuttosto che offrire ai miei clienti un'esperienza scadente, ho preferito tenere chiuso».
Il problema della formazione è diffuso, all'ordine del giorno, ne ha parlato numerose volte anche il presidente Fic - Federazione italiana cuochi,
Rocco Pozzulo. Ma non si tratta solo di questo. Secondo Torsani, il problema vero è anche la troppa convinzione che un lavoro stagionale debba essere un ripiego, e quindi non possa permettersi di richiedere sacrificio, impegno e soprattutto conoscenza.
Lo ha detto chiaramente Torsani al giornalista Lorenzo Muccioli, chiacchierando sulla quarantina di ragazzi che si sono presentati all'annuncio di rinnovo dello staff del locale: «Alcuni sono stati scartati subito perché non avevano i requisiti. C'è gente che si propone come pizzaiolo anche se in vita sua ha sempre fatto tutt'altro», e ancora: «Chi lavora in cucina non può non conoscere le materie prime e i prodotti tipici della nostra zona».
Certo, su quaranta "candidati", qualcuno che andasse bene certamente non sarebbe mancato, e difatti: «Con alcuni abbiamo raggiunto un accordo, ci siamo stretti la mano. Poi perà non si sono più fatti vedere. Spariti nel nulla. Forse qualcuno ha paura che da noi si lavori troppo...».
Ed ecco allora, rassegnata all'evidenza, la decisione di chiudere: ««Ripeto: è stata una scelta sofferta. Chi mi conosce sa quanto impegno metto in quello che faccio. Conosco le difficoltà degli italiani che non trovano sbocchi. Con i miei due locali do lavoro a 40 persone, tutte in regola. Ma non mi andava di tenere aperto un altro ristorante, non potendo garantire le adeguate professionalità. È una questione di rispetto nei confronti delle famiglie che vengono a mangiare da me».