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Curioso, appassionato, semplice Claudio Ceriotti si racconta

Abbiamo sollevato il cappello da cuoco a Claudio Ceriotti del ristorante Hostaria Rid e Pacià di Legnano (Mi), che ci ha svelato i suoi segreti: da cosa voleva diventare da grande a ciò che non manca mai nel suo frigo

di Clara Mennella
 
04 febbraio 2017 | 11:19

Curioso, appassionato, semplice Claudio Ceriotti si racconta

Abbiamo sollevato il cappello da cuoco a Claudio Ceriotti del ristorante Hostaria Rid e Pacià di Legnano (Mi), che ci ha svelato i suoi segreti: da cosa voleva diventare da grande a ciò che non manca mai nel suo frigo

di Clara Mennella
04 febbraio 2017 | 11:19
 

L’aria da eterno ragazzo, la simpatia e l’energia che lo contraddistinguono non devono trarre in inganno. Claudio Ceriotti ha da tempo raggiunto la maturità (parlo ovviamente di quella professionale) e ha vissuto una vita intensa ricca di esperienze importanti in giro per il mondo.

Dopo l’alberghiero, tante collaborazioni al top fra le quali il Toulà e Marchesi, fino a diventare un imprenditore astuto che ha avviato diversi locali di successo, dal ristorante trendy e gourmet all’attuale “Hostaria Rid e Pacià”, dove vivere momenti di convivio abbinati a spettacoli dal vivo.

Curioso, appassionato, semplice  Claudio Ceriotti si racconta

Affamato e curioso, si è fatto affascinare dalle cucine di tutto il mondo, ha sperimentato e assaggiato senza paura per poi tracciare una sua filosofia di cucina originalissima e sorprendente. Partendo dalla scelta maniacale delle materie prime e, ispirandosi a preparazioni intriganti ma complesse, le decodifica e semplifica rendendole uniche e affascinanti, manovrando con abilità le strumentazioni tecnologiche ma prediligendo le tecniche di cottura antiche.

Membro di Euro-Toques Italia dal 2000, da qualche anno ricopre il ruolo di vicepresidente, oltre ad essere Maitre Rotisseurs della Chaine de Rotisseurs Baillage di Milano, nonché associato Fic. Grandi risultati, se si pensa che da bambino sognava semplicemente di seguire lo zio missionario in Africa... La vita poi lo ha portato a lasciare il cuore in altri continenti, l’Asia e il Sudamerica.


Da bambino cosa sognavi di diventare?
Sognavo di seguire un mio caro zio e fare il missionario in Africa poi, vedendo cucinare mia madre, la cucina ha preso il sopravvento.

Il primo sapore che ricordi?
La passata di pomodoro fatta in casa dalla mia mamma.

Qual è il senso più importante?
L’olfatto, ma i sensi danno il meglio se usati tutti insieme... compreso il sesto.

Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato?
Il salamino di pesce per la mia cassoeula di mare.

Come hai speso il primo stipendio?
Se intendi il primo stipendio serio, in un viaggio.

Quali sono i tre piatti che nella vita non si può fare a meno di provare?
Il Baccalà alla vicentina, il Som tam (insalata di papaya thailandese), la Cullen skink (zuppa scozzese).

Cosa non manca mai nel tuo frigorifero di casa?
Le uova (per me l’alimento in natura più affascinante e polivalente, simbolo di nascita e di continua evoluzione anche in cucina, nasce in natura già confezionato per conservarsi).

Qual è il tuo cibo consolatorio?
I datteri.

Che rapporto hai con le tecnologie?
Le utilizzo per semplificare il lavoro in cucina, anche se mi affascinano di più le tecniche antiche.

All’inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto, quale?
A me piace praticamente tutto e comunque qualsiasi piatto, se mangiato sempre, diventa infernale.

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Mia moglie e la mia bimba.

Quale quadro o opera d’arte rappresenta al meglio la tua cucina?
Riconosco la mia cucina in Paul Gauguin e nei suoi Nabis. Gauguin, in un suo scritto dichiara con forza ai suoi discepoli: «Voglio una pittura che sia semplice, molto semplice». Ecco quello che piace a me della cucina.

Se la tua cucina fosse una canzone, quale sarebbe?
“My Way”... ma quella dei Sex Pistols.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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