Perché si è predisposti a sviluppare la celiachia? Uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ha tentato di dare una risposta a questa domanda. I ricercatori hanno identificato infatti un possibile meccanismo alla base della predisposizione a questa malattia autoimmune. Come riporta Humanitasalute.it, la celiachia è una malattia genetica multifattoriale, la cui comparsa dipende cioè dalla mutazione di più geni e anche da fattori ambientali. Le variazioni di alcuni geni della regione cromosomica (HLA) costituiscono i principali fattori genetici di rischio.
Lo studio ha analizzato la risposta immunitaria al glutine in relazione a tale rischio e ha scoperto il motivo per cui solo alcuni geni della regione cromosomica (HLA) sono associati alla predisposizione ad ammalarsi di celiachia. Nel 95% dei soggetti con malattia celiaca sono presenti alcuni specifici geni definiti di rischio o predisponenti la malattia, in quanto associati all’instaurarsi della risposta immunologica al glutine del grano, spiegano i ricercatori.
Secondo lo studio, nel determinare la predisposizione alla celiachia, non sarebbe importante solo il numero di questi geni ma anche la quantità di molecole di Rna che producono. Determinare i livelli di espressione potrebbe dunque servire in futuro per stabilire l’entità della predisposizione, concludono i ricercatori.
Lo studio dell’Istituto di genetica e biofisica e dell’Istituto di biochimica delle proteine del Cnr è stato pubblicato su The Journal of Autoimmunity.
A cosa potrebbe condurre questa ricerca sulla predisposizione alla celiachia?
«Sappiamo che la condizione necessaria per lo sviluppo della malattia celiaca - spiega la dottoressa Paoletta Preatoni, gastroenterologa ed endoscopista digestiva di Humanitas - è la presenza dei geni predisponenti DQ2e DQ8 legati al maggior complesso di istocompatibilità HLA. I soggetti omozogoti (portatori di una doppia dose di geni) sono a maggior rischio di sviluppo della celiachia. Sappiamo inoltre che questi geni non sono specifici della malattia celiaca in quanto presenti nel 30% della popolazione generale, pertanto è chiaro che sicuramente il manifestarsi della malattia dipende dall’espressione non solo degli stessi ma anche di altri geni coinvolti nella risposta immunitaria e infiammatoria. Scoprire la correlazione tra l’espressione di questi geni e la malattia ci permetterebbe di identificare gli individui che sicuramente la svilupperanno prima che si manifesti clinicamente».
Che ruolo hanno i test genetici nella pratica clinica?
«Dovrebbero essere utilizzati, e pertanto prescritti come esami di secondo livello, solo da uno specialista gastroenterologo che li utilizza solo in casi particolari o dubbi. Non devono essere prescritti come test di screening. Ricordiamoci - conclude la specialista - che il 30% della popolazione generale presenta l’aplotipo DQ2 o DQ e non svilupperà mai la malattia celiaca. I test genetici hanno valore solo in caso di negatività: l’assenza infatti nel Dna dei geni sopra indicati stabilisce l’impossibilità di ammalarsi di celiachia».