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Cercasi cuoco! Scuole piene, ma pochi vogliono davvero lavorare

Da un lato, le scuole professionali andrebbero potenziate per garantire un’offerta formativa adeguata, con maggiori collegamenti con il mondo del lavoro. Dall’altro, i “cuochi superstar” dovrebbero apparire più umili, trasmettere una speranza, una concretezza che può essere per molti un obiettivo da raggiungere

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
12 giugno 2016 | 11:16
Cercasi cuoco! Scuole piene, 
ma pochi vogliono davvero lavorare
Cercasi cuoco! Scuole piene, 
ma pochi vogliono davvero lavorare

Cercasi cuoco! Scuole piene, ma pochi vogliono davvero lavorare

Da un lato, le scuole professionali andrebbero potenziate per garantire un’offerta formativa adeguata, con maggiori collegamenti con il mondo del lavoro. Dall’altro, i “cuochi superstar” dovrebbero apparire più umili, trasmettere una speranza, una concretezza che può essere per molti un obiettivo da raggiungere

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
12 giugno 2016 | 11:16
 

Cercasi cuoco! È la frase più ripetuta e più presente su tutti i social, è la frase più frequente quando ci si parla tra colleghi, spesso con il timore di trasmettere una incapacità professionale. Come mai, nonostante la grande esposizione mediatica del settore e le centinaia di iscritti alle scuole professionali del settore, siamo in questa situazione? Perché non si trova personale? La colpa è del settore in generale o delle scuole, probabilmente di entrambi. Io che insegno Cucina ad un triennio superiore sono particolarmente preoccupato, sono veramente pochi quelli che diverranno “Cuochi”, poche decine su centinaia di allievi. Perché?

Responsabilità della scuola: certamente, non c’è ombra di dubbio, le scuole professionali fanno fatica a intercettare le necessità del mondo del lavoro, anche se timidamente qualcosa di nuovo è apparso all’orizzonte con il Jobs Act (stage più lunghi, addirittura 330 ore continuative, quasi tre mesi), il decreto Buona Scuola prevede anche un apprendistato “duale” con periodi di lavoro vero e proprio in alternanza ai periodi scolastici. Insomma qualcosa si muove. Ma pur essendo in presenza di nuove modalità formative, il settore resta orfano di nuovi collaboratori professionali e motivati.



È anche vero che pochissime scuole sono attrezzate con cucine e strumenti tecnici in grado di offrire agli allievi una parvenza di formazione professionale. È anche vero che i docenti non frequentano corsi di aggiornamento per imparare le nuove dinamiche della gastronomia. È anche vero che i nostri allievi non conoscono le lingue straniere, capaci di aprire orizzonti lavorativi all’estero. È anche vero che gli allievi “inviati” in stage spesso ne escono spaventati per la dinamicità del lavoro. È incredibile che anche le famiglie siano inconsapevoli della modalità operativa della cucina, abituate a settimane bianche, ponti e vacanze programmate, trovandosi poi spiazzate dalla diversità tra mondo scolastico e mondo del lavoro.

Qualche giorno fa un mio cliente, titolare di un’azienda di ristorazione commerciale, giocando d’anticipo mi raccontava che volevano investire su giovani cuochi, volendo quasi creare un vivaio interno, e dopo aver dato mandato ad un’agenzia esterna, hanno selezionato 30 ragazzi. Di questi, 10 sono stati inviati in azienda per un periodo di prova. Risultato: nessun assunto. I tempi di lavoro, sabato e domenica, sia pure a turni, hanno scoraggiato i ragazzi e nessuno ha voluto proseguire.

Ma i cuochi hanno anche loro una responsabilità? La cucina in televisione non aiuta. In tanti credono veramente che si possa diventare chef con pochi mesi di studio o di pratica, e che pur avendo svolto altri mestieri, magari con un po’ di passione (della serie: “a casa cucino io, anche per gli amici”) sia possibile “inventarsi” il mestiere di cuoco, spinti da una necessità economica, sia pur giustificata. In fondo è la stessa situazione di chi, avendo frequentato per anni scuole di recitazione teatrale, poi si vede surclassato da chi per pochi mesi partecipa ai vari reality. Essere cuoco è il frutto di anni e anni di lavoro, di studio, di gavetta, di curiosità, di umiltà, doti fondamentali che difficilmente vengono insegnate a scuola.

Come fare? Intanto, per esempio, credo sia necessario dare visibilità al lavoro dei docenti e alle scuole e creare sempre più collegamenti con il mondo del lavoro. Oggi siamo presi da eventi gastronomici più o meno nazionali, in cui si riflette e risplende l’eccellenza del settore. Cuochi famosi si contendono la copertina di momenti ricchi di creatività e di storia professionale. Forse bisognerebbe coinvolgere le scuole del settore. Come spesso accade, si cerca “manodopera a costo zero”, ricompensata con applausi e sfilate ad ogni fine evento. Ma questo non basta.



Le Associazioni di cuochi potrebbero adottare le scuole dei propri territori, creare vere e proprie sedi distaccate all’interno delle stesse, far respirare agli allievi e ai docenti l’aria della vita professionale, diventando - le associazioni stesse - il ponte con il mercato, selezionando i luoghi più adatti per gli stage, creando un database degli allievi più meritevoli da indirizzare per un successivo apprendistato o collegamento con le cucine, creando veri “tutor” che possano stimolare la scuola per iniziative di formazione specializzata, e magari coinvolgendo le aziende fornitrici di materiale tecnico che in qualche maniera possano rifornire le cucine delle stesse scuole con campioni di strumentazione, pentole, coltelli e simili.

È importante creare un filo diretto con le associazioni imprenditoriali e sindacali - penso alla Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi - e cercare di modificare il comportamento di chi vede nella scuola e negli stage un bacino di utenza per personale a basso costo. Bisogna stimolare le imprese a investire in quello che domani sarà il nuovo personale, i nuovi collaboratori.

Infine, voi cuochi cercate di essere i primi testimonial di questo fantastico e faticoso lavoro. I ragazzi devono intravedere in voi esempi di vita, di passione, ma anche di umiltà. Dovete essere capaci di trasmettere una speranza, una concretezza che può essere per molti un obiettivo da raggiungere, un sogno realizzabile. Meno show, meno televisione, e più cucina!

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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29/06/2016 16:04:58
3) ho letto le prime 5 righe e bastano
Mi fa meraviglia di come un giornale che tratta ristorazione possa far uscire articoli del genere... Sembra l'opinione inesperta di una singola persona!
davide del galdo

27/06/2016 18:10:17
2) docente inascoltato
21 giugno 2016 7:14 mi va di riproporla Chiedo scusa agli amministratori, ma la riflessione va fatta, (giusto per ragionarci un po’ su); ho 52anni, (trentasette di lavoro sul groppone), non fumo, non bevo e non mi drogo! (Questa è una premessa che aimè con i tempi che corrono va fatta) prendo spunto dal post , per alcune considerazioni che mi va di fare. Analizzando la situazione da sponde diverse, (imprenditori o operatori del settore) e nel mio caso, da punti di altra vista, essendo un formatore (sono un itp dell'alberghiero e chef), il mestiere dell'operatore della ristorazione, è diventato una babele, non ci sono più punti fermi e si naviga a vista, nell'incertezza più assoluta. Tra la domanda e l'offerta ci sono dei punti dove, si cerca di mercanteggiare, una volta, il vitto e l'alloggio, erano sacrosanti per gli operatori, un diritto del lavoratore, un onere per il datore di lavoro; oggi invece si tira su quello, e trovi delle situazioni paradossali, personale costretto a dormire in modo promiscuo, in ambienti malsani, in sottoscala o camere con letti a castello. le stagioni lavorative (vuoi la crisi, vuoi per una scellerata scelta di governo che riduce la possibilità di usufruire delle ferie solo in un determinato periodo dell'anno),si sono ridotte a 50 giorni per farla larga, ma appena a 26 giorni in realtà; cosi come le stagioni invernali( ridotte ai soli giorni delle festività natalizie), il lavoro in questo modo diventa un inferno; i giovani scappano perché ormai il benessere per fortuna ce n'è ancora ,paradossalmente grazie ai nonni, poiché le famiglie sono in sofferenza,non hanno nessuna intenzione, di penare in cucina o ristorante anziché godersela, sono in pochi a voler fare o a non poter fare altrimenti,detto questo,analizziamo un altro aspetto, gli imprenditori per via dei costi da sostenere non solo amministrativi,ma anche stipendiali, credono che prendendo un giovane o un extracomunitario, risparmino sul tutto,ritrovandosi poi in momenti della stagione lavorativa di correre ai ripari,e li casca l'asino,a quel punto chi ha subito, perché non ha trovato lavoro gli farà un culo esagerato,a Napoli si dice che il risparmio è un cattivo guadagno!veniamo alla formazione, non esistono più dei capipartita che possano fare da sous chef o da capo addirittura, la scuola ed il mercato del lavoro non li forma! Le ore di laboratorio son poche, e tutti li vogliono già preparati e nessuno li prepara se non gratis o sotto forma di stage, dove i ragazzi sono sfruttati e vessati, per cui fuggono da questo lavoraccio, un’ultima cosa la voglio dire sul lavoro nei ristoranti, sono dei veri e propri macelli, non si può pretendere da un lavoratore che faccia doppio turno di servizio, finendo a notte inoltrata! Tutto ciò è inammissibile, è normale che dopo un certo periodo si crolli e si lascia. Bisogna assolutamente, discutere su quest’aspetto nelle sedi opportune, a tal proposito darò tutto il mio appoggio all'amico luigi vitiello responsabile nazionale della commissione lavoro eletto nel consiglio nazionale della FIC ne riparleremo a tempo debito,un caro saluto.
antonio nunziata
itp cucina
isis de medici di ottaviano napoli
27/06/2016 18:10:07
1) vi ho scritto diverse volte in merito
rabbia profonda c'è qualcosa che non funziona! quant'è che ci chiamano per capirlo? chi sono gli scienziati che scrivono le carte per l'alternanza?gente con trent'anni di servizio nel campo di pertinenza non serve a niente? ma andate a... altrove IL CUOCO.... Cos'è un cuoco, puo' essere una persona normale se fa un mestiere come questo? NO...MA PER LE TV E' UN LAVORO FACILE. Il cuoco si sveglia la mattina con già in testa quello che deve fare, comprare, cucinare, FORNITORI....certo, quello che passa in TV non fa fare una gran bella figura ai cuochi, che ricordiamo, NON HANNO UNA PROFESSIONE RICONOSCIUTA DALLO STATO, sono solamente operai generici, ma lavorano ben 12/15 e a volte 20 ore al giorno E 6 GIORNI SU 7, siamo segregati dentro 4 mura, quasi come i carcerati, abbiamo una cosa diversa dei detenuti, lo facciamo per passione. Non si vedono i figli crescere, non si festeggia mai un compleanno, un natale, una pasqua, tante volte non si hanno ferie, sempre al lavoro, febbre o non febbre, scottature, braccia rotte o caviglie slogate, per i meno fortunati con una bella trombosi alla gamba.... che dire, un lavoro magnifico, UGUALE a come lo fanno vedere in TV, proprio UGUALE, FACILE FARE UN BEL PIATTO, che ci vuole, 4 fiorellini, 2 creme, una carne scottata, oppure un filetto di pesce, magari comprato al super di fronte alla TV CONGELATO.... MA, sapete QUANTE ORE DI PROVE e STUDIO CI VOGLIONO, e poi, piacera'? e poi, riusciro' a farlo per i coperti che ho nel ristorante? C'è un bel lavoro dietro, non basta la passione, ci vuole anche ESPERIENZA, e tanta, non basta fare zapping per TUTTI i canali TV per imparare a cucinare, o fare un corso con qualche cuoco, anche se bravo, o 2 mesi in qualche scuola.... Ci vuole esperienza, tanta, e tanta buona volonta' e tanto RISPETTO PER CHI HA PIU' ANNI, l'umilta' la dovete avere voi giovani, ai vecchi cuochi va il rispetto. Eppoi.. non vogliamo anche aggiungere gli affetti???? mogli, fidanzate che non si vedono mai, o amici che prima o poi si perdono, che figata, in tv poi è tutto una FIGATA....facile fare un piatto che poi, con i tempi TV fanno SCHIFO, ti fanno vedere che si puo' mangiare il pollo crudo, o il maiale crudo... cosa pericolosissima, non spiegano gli accorgimenti, le vere cotture, l'attenzione a microbi e malattie che puo' portare il cibo, come nel pesce crudo, un vermetto molto pericoloso. Ad certo periodo della vita poi, iniziano gli acciacchi a circa 45 anni, le gambe gonfie con tutte le vene rotte, rischio trombosi, le mani distrutte, vari dolori alle articolazioni, tunnel carpale e altre cose anche peggiori, visto che si vive dentro l'umidita' e calore altissimo, oltre a gas e fumi vari..., nessuno spiega che nelle cucine la temperatura media è 40 gradi, quando va bene e si ha la cappa che funziona benissimo, altrimenti si raggiungono anche i 50 gradi se non di piu... .. ma la TV non dice queste cose, sono sciocchezze. Svegliatevi, non è oro colato quello che fanno vedere, E' UN MESTIERE DI SACRIFICI E DOLORI, certo, ha un suo tornaconto, ma a che rischio? sapete la maggior parte dei cuochi come muore? o di trombosi o di infarto... ma che volete che sia, tanto, si deve morire no? Se qualche giornalista o TV vuole ragguagli, venga in cucina con me per 15 giorni, VEDIAMO SE DURA...... RISPETTO PER UN MESTIERE CHE NON E' NEPPURE RICONOSCIUTO DA QUESTI FINTI POLITICI E PRESENTATORI TV.... Mi sono rotto un po le balle di tutta questa porcheria. Luca Mora
antonio nunziata
itp cucina e cuoco
isis de medici di ottaviano


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