Come salvaguardare e valorizzare la professione di cuoco? Per rispondere a questo interrogativo la Federazione italiana cuochi, da oltre un anno, è impegnata nella redazione della norma tecnico specialistica Uni sulla professione del cuoco. Il complesso iter pre-normativo è stato avviato con un lavoro sinergico della commissione Uni deputata alla stesura della stessa.
Il processo di redazione è attualmente in corso e il bilancio che se ne può ricavare è positivo. Diversi sono stati gli incontri tecnici avuti, anche in Parlamento. Ma molto resta ancora da fare. In attesa del completamento dell’iter giuridico, intanto, sono emersi diversi spunti di riflessione da un questionario veicolato tra gli iscritti della Federazione. Tra questi vi è la forma giuridica dell’attività che resta ancora oggi, in larga misura, quella del lavoro dipendente (72%).
Questa casistica in molti casi non fa riferimento in modo diretto ai profili contrattuali riportati nel Ccnl del turismo o nelle normative regionali che regolano il lavoro stagionale nel comparto ristorativo alberghiero. Nel questionario infatti più del 25% del campione ha dichiarato di essere un lavoratore autonomo (sia come libero professionista 13% che come titolare d’impresa 12,4) e quasi il 30 % ha ammesso di esercitare anche come libero professionista. Inoltre la metà degli intervistati ha dichiarato di esercitare la professione in strutture di proprietà o in locazione.
Tali percentuali sono solo in apparenza contraddittorie e registrano di fatto uno stato disorganico all’interno del mercato del lavoro di un comparto professionale che continua ad essere poco regolamentato e molto eterogeneo. Fra i professionisti si registra infatti una tendenza in costante aumento verso l’iniziativa privata, la piccola impresa o il lavoro autonomo. Pur rappresentando oggi uno sbocco occupazionale importante, la professione di cuoco, quindi, ha letteralmente urgenza di riscontri tecnico normativi per orientare l’ambito della sua formazione e dell’esercizio professionale, permettendo così l’identificazione di requisiti minimi o di distinti livelli di professionalità.
Senza questi riferimenti, il professionista specializzato che desideri differenziare il proprio posizionamento competitivo sul mercato o fornire garanzie della propria prestazione all’utente finale, si trova di fatto ad essere spesso danneggiato da una concorrenza non altrettanto attenta a tali criteri. Sulla base di queste premesse e delle ragioni esposte la Federazione auspica si possa dar corso, a favore di tutti gli operatori del settore, ad una regolamentazione che, anche nella forma di una certificazione volontaria, permetta di individuare stabilmente il livello di qualità delle prestazioni professionali garantendo al consumatore e ad un comparto nazionale così importante la garanzia di adeguati standard professionali nel servizio.