Troppa confusione sulla carne. Troppi allarmismi ingiustificati per l'annuncio di uno studio che non aggiunge nulla a quanto già si sapeva. Mangiare troppa carne non fa bene, ma non tutta la carne è uguale e non tutte le lavoriazioni o le cotture sono uguali. Il consumo eccessivo di salumi, insaccati e ogni genere di carne lavorata può cancerogeno e probabilmente è tale anche quello di carne rossa. Se queststo è l’allarme lanciato il 26 ottobre dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), non è detto che questo segnale si debba adattare per forza a tutti i Paesi e si debbano cambiare diete e abitudinim, se oculate e attente. Lo dimostra il fatto che dal fronte degli oncologi le risposte prevalenti sono ispirate alla prudenza: «No agli allarmismi: l'Oms dice cose che in gran parte già sappiamo - dice ad esempio all'Agi Carmine Pinto (nella prima foto in basso a destra), presidente dell'associazione italiana degli oncologi (Aiom) - e nessuno si sogna di vietare il consumo di carne: come per tutti gli alimenti, serve equilibrio».
La classificazione Iarc delle carni cancerogene
Stando al rapporto stilato da Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) le carni “lavorate”, ovvero carni salate, essiccate, fermentate, affumicate, appartengono al gruppo di rischio nel quale entrano sostanze come alcol, fumo, benzene, naftalina, ma anche farmaci come la ciclosporina. L'Oms ha inserito questo tipo di carni nel Gruppo 1, che contiene i carcinogeni umani certi e comprende oltre 115 sostanze. Il consumo di carne rossa non lavorata (carni di manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo, capra a fette o macinate, fresche o congelate e di solito consumate cotte) è stato invece inserito nel Gruppo 2A, perché associata al cancro al colon-retto, al pancreas e alla prostata. Il Gruppo 2A comprende cancerogeni "probabili per l'uomo", e conta al momento circa 70 agenti. Il rischio di cancro del colon retto aumenterebbe del 18% per ogni porzione di 50 grammi di carne lavorata consumati al giorno e del 17% ogni 100 grammi di carne rossa.
GRUPPO 1
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pancetta, salsicce, wurstel, salame, prosciutto, mortadella
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GRUPPO 2A
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carni di manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra. A fette o macinate, fresche o congelate e di solito consumate cotte
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«Lo Iarc - continua Pinto - dà diversi livelli di rischio, legati al livello di probabilità che un determinato agente sia cancerogeno per l'uomo. Gli studi sugli insaccati hanno indotto gli esperti a collocarli nel gruppo più a rischio perché se ne è appurata la cancerogenicità, soprattutto per via di nitrati e nitriti, i conservanti che vengono utilizzati. Ma va detto che si tratta in gran parte di studi vecchi, oggi si usano molto meno questi conservanti tossici». Il riferfimento a studi vecchi e a vecchi sistemi di produzione sono particolarmente importanti se si tiene conto della evoluzione delle tecniche di trasformazione e lavorazione adotatti negli ultimi tempi in Italia, per non parlare della alimentazione più controllata degli animali allevati.
«La carne rossa, collocata nel gruppo 2° - aggiunge Pinto - è messa tra i “probabili” elementi cancerogeni, perché' ancora non c’è una certezza sugli studi epidemiologici. Poi ovviamente dipende dalla quantità, non si può dire che la carne rossa fa male come il fumo. C’è un equilibrio che va mantenuto».
In sostanza il rapporto dello Iarc e la tesi dell'Oms non aggiunge nulla di nuovo a quello che già sapevamo. Negli anni sono stati più di 800 gli studi che hanno associato il consumo di carne rossa al maggior rischio di sviluppare il cancro.
Umberto Veronesi: rliminare progressivamente il consumo di carne
Umberto Veronesi (
nella foto accanto), direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia, che da tempo invita a ridurre progressivamente il consumo di carne, dichiara che i dati diffusi sulla carne rossa non ci colgono di sorpresa, ma precisa che bisogna fare molta attenzione ad accostare la dannosità della carne rossa rispetto a quella del tabacco per esempio.
«Il mio consiglio da vegetariano - afferma Veronesi - da sempre è quello di eliminare del tutto il consumo di carne, e questo per motivi etici e filosofici. Detto ciò, lo studio dell'Organizzazione mondiale della sanità Oms sulla cancerosità della carne rossa e trattata non ci coglie di sorpresa».
«Se da un lato è provata la cancerosità di un eccessivo consumo di carne - sottolinea Umberto Veronesi - la discussione sulle quantità che lo rendono pericoloso è aperta. Numerosi medici e ricercatori sono impegnati in queste ore a evitare che si diffondano allarmismi che spingano a concludere che una singola fetta di salame possa essere causa diretta di un tumore al colon. L’invito è piuttosto a una riduzione progressiva del consumo di insaccati e carne rossa, a favore di un aumento del consumo di pesce, verdura, frutta, cereali, grassi di origine vegetale».
Il nutrizionista: Sì alla carne in tavola, con moderazione
Antonio Pietro Migliaccio (
nella foto accanto), nutrizionista e presidente della Società italiana di scienze dell’alimentazione, scongiura l'ipotesi per cui gli insaccati e la carne rossa andrebbero eliminati dalla nostra dieta: «Con tutto il rispetto per l’Organizzazione mondiale della sanità - dichiara Migliaccio a Quotidiano.net - non c’è una prova certa che metta in collegamento l’insorgenza dei tumori con il consumo di carne. Questi studi spesso sono metanalisi, cioè si confrontano le ricerche degli ultimi dieci, venti anni e poi si tirano le conclusioni».
Secondo il nutrizionista la carne non dovrebbe essere consumata più di due volte a settimana, «Ma non tanto perché la carne possa nuocere - continua Migliaccio - piuttosto, il discorso è un altro: non dobbiamo permettere che le bistecche tolgano spazio ad altri prodotti importanti per la nostra alimentazione». Il problema dunque è la quantità; un consumo di carne moderato accostato ad altri alimenti che appartengono alla Dieta mediterranea non comprometterà la nostra salute.
Maurizio Martina: Non bisogna generalizzare«Nel rapporto tra alimentazione e salute - afferma il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali
Maurizio Martina (
nella foto accanto), intervenendo nel dibattito sul rapporto tumori e carne rossa - è centrale l'equilibrio qualitativo e quantitativo del consumo dei cibi. Una regola che è parte integrante della piramide della Dieta mediterranea. Una cultura alimentare patrimonio mondiale dell'Unesco e all'interno della quale il modello italiano rappresenta un'eccellenza sotto il profilo delle abitudini alimentari e della produzione».
«Abbiamo consumi al di sotto della soglia indicata dallo Iarc - continua Martina - e i più alti standard qualitativi e di sicurezza a livello mondiale sulla produzione e lavorazione di carni. Questo grazie a disciplinari molto rigidi e controlli effettuati costantemente in tutta la filiera. Come è stato ribadito da tutti gli esperti non bisogna generalizzare e cadere in allarmismi, mentre dobbiamo continuare il lavoro di educazione alimentare portato avanti anche nei sei mesi di Expo».
Fiesa Confesercenti: no ad allarmismi, sì a maggiore chiarezza
Assomacellai e Fiesa Confesercenti, in riferimento al recente allarme dell’Oms e della Iarc sulla supposta correlazione tra l’insorgenza di tumori e il consumo di carni rosse insaccate, manifestano tutta la propria preoccupazione nei confronti di questa presa di posizione, peraltro non nuova, che rischia di ingenerare allarmismo e danneggiare importanti filiere alimentari. In assenza di elementi di conoscenza specifici, a nostro avviso, la notizia sarebbe maggiormente da verificare.
La pubblicazione anticipata sulla rivista scientifica Lancet Oncology va invece nel contesto di una comunità scientifica che continua ad esprimere posizioni in materia assai variegate, arrivando anche a consigliare di inserire la carne nelle diete per favorire l’assunzione di proteine, vitamine, ferro e le altre sostanze necessarie all’organismo, soprattutto in alcune fasce d’età.
Servono maggiori informazioni per fare chiarezza: in primo luogo, il campione preso a riferimento dallo studio, inclusi gli stili di vita dei soggetti analizzati ed i metodi utilizzati per la produzione degli alimenti assunti dagli stessi. Metodi che non sono certo peculiari della tradizione italiana di lavorazione delle carni bovine e suine e dei prodotti di salumeria, che non privilegiano grassi e abbondanza di additivi, soprattutto nelle piccole produzioni artigiane.
È per questo che il ministero della Salute e l’Autorità europea della sicurezza alimentare non possono che chiarire, il prima possibile, i reali termini della questione. Allo stesso tempo, occorre proseguire con l’etichettatura obbligatoria di tutte le carni lavorate, includendo su tutti i prodotti, anche quelli semilavorati, l’origine dei Paesi.
Cia: Scegliete prodotti locali e tracciati«Queste classificazioni - commenta
Gian Piero Ameglio (
nella foto accanto), presidente provinciale Cia Alessandria e allevatore di Razza Piemontese - ci devono far riflettere sulla nostra alimentazione e, ancora di più, sulla tracciabilità dei prodotti. Occorre fare distinzione tra i vari prodotti; ricordo che, ad esempio, la Razza Piemontese è particolarmente povera di grasso e ne contiene una quantità di polinsaturi a volte maggiore rispetto ad alcune varietà di pesce azzurro. Consigliamo un consumo equilibrato di carne rossa all’interno della dieta mediterranea, perché contiene proteine immediatamente disponibili ed enzimi che in altri alimenti non troviamo e raccomandiamo consapevolezza nella scelta del prodotto. Non ci stancheremo mai di indirizzare i consumatori verso la scelta dei prodotti del territorio, anche alla luce dei severi controlli ad opera del Ministero della Sanità, ai quali noi allevatori ci sottoponiamo puntualmente. Nessun allarmismo, quindi, ma solo attenzione alle scelte che effettuiamo a tavola».
Gli allarmismi hanno già provocato 12 miliardi di danniL'allarme lanciato dall'Oms sull'abuso di salsicce, würstel e, in misura minore, di carne rossa, rischia di provocare nuovi danni a una filiera che ne ha già sopportati fin troppi. Du-rante l'ultima assemblea nazionale la Fiesa (Federazione italiana degli esercenti speciali-sti dell'alimentazione aderente a Confesercenti) ha presentato un rapporto su 15 anni di scandali alimentari, veri o presunti, e di relativi allarmismi. Dalla mucca pazza all'aviaria, i timori scatenati tra i consumatori, spesso e volentieri ingiustificati, hanno causato 12 mi-liardi di danni.
Gli oncologi italiani, con il loro presidente Pinto, e la comunità scientifica ribadiscono che non è il caso di fare allarmismi, anche perché viene ribadito un concetto già noto: è l’abuso che fa male, come per tutti gli alimenti serve equilibrio e moderazione. Nel caso italiano è stato ribadito che i consumi pro capite sono abbondantemente sotto la soglia indicata co-me pericolosa, attestandosi intorno ai 25 grammi giornalieri. Le produzioni nostrane poi si caratterizzano per la bassissima presenza di grassi e additivi, indicati tra i principali agenti cancerogeni. Inoltre le produzioni italiane fanno riferimento ad una lunga e consolidata sto-ria gastronomica che vede nella salumeria italiana un punto di eccellenza.
Il nostro è tra i principali paesi produttori di salumi a denominazione protetta e controllata, riconosciuti e tutelati dall’Ue, i cui disciplinari di produzione sono sotto la sorveglianza del Ministero delle Politiche Agricole, oltre che sottoposti ai severi controlli della medicina ve-terinaria pubblica. Questi prodotti sono protagonisti di Expo 2015 ("Nutrire il pianeta, ener-gia per la vita"), la cui carta è stata redatta da esperti e rappresentanti della comunità scientifica di fama mondiale. Le piccole produzioni italiane tipiche rappresentano carni di alta qualità e ad elevati contenuti nutrizionali che si accompagnano ad una attenta azione di trasformazione, vigilata e controllata.
«Bisogna evitare inutili sensazionalismi. È giusto mettere in guardia i consumatori dai pos-sibili rischi di un'alimentazione scorretta - fa notare
Cesare Rossi, segretario bergamasco della Fiesa - ma bisogna evitare di suscitare psicosi ingiustificate. Non è certo una novità che l'abuso di carne, specie lavorata, può nuocere alla salute. Ma come ogni altro ecces-so, né più né meno. Per stare tranquilli è sufficiente seguire una dieta equilibrata e soprat-tutto acquistare carne di qualità, proveniente da una filiera certificata».
A Bergamo gli esempi di alta professionalità non mancano. Proprio durante l'assemblea della Fiesa sono state premiate due realtà bergamasche di grande tradizione, insignite del titolo di "Maestri dell'alimentazione": Loreto Carni e la bottega di
Mario Rossoni, storico macellaio di Verdello (Bg) e presidente nazionale del Gruppo italiano carni equine.
«Ho condiviso idealmente il premio con tutti i macellai d'Italia che da anni resistono a que-sto terrorismo commerciale - dice Rossoni - Credo che nessuno possa dire con certezza che la carne provoca il tumore. Mi viene il dubbio che dietro certe notizie ci sia una regia per favorire questo o quel settore a scapito degli altri. Nell'incertezza il consumatore non comprerà più nulla per settimane e noi ne subiremo le conseguenze. Noi per primi teniamo alla salute dei clienti e possiamo garantire che nei nostri negozi ci sono prodotti sani, trac-ciabili e controllati».
«È sempre sbagliato - aggiunge
Giovanni Terzi, titolare di Loreto Carni - fare di un'erba un fascio. Noi andiamo negli allevamenti a selezionare il bestiame che macelliamo. I nostri bovini sono italiani, sempre controllati dall'Asl nella loro alimentazione. Non c'è il rischio che assumano sostanze che poi possono avere effetti tossici. Gli standard della filiera ita-liana sono molto elevati, il consumatore può stare sereno. Che poi non si debba mangiare carne tutti i giorni si sa da anni, non lo si scopre ora. Basta evitare gli eccessi e mangiare in modo equilibrato».