In poco più di due mesi la petizione lanciata da Il Fatto Alimentare su Change.org, nata con l'intento di fermare l'utilizzo dell'olio di palma negli alimenti, ha già raccolto circa 100mila firme. Italia a Tavola a sua tempo si era associata alla raccolta firme, che continua auspicando di raggiungere l'obiettivo prefissato (clicca qui per firmare).
Come riporta Il Fatto Alimentare, alcune catene di distribuzione alimentare (Coop, Esselunga, Carrefour, Ikea, Ld discount e Md market) si sono unite a questa protesta annunciando di essere intenzionate a togliere l'olio di palma dai loro prodotti e di aver già iniziato a vendere alcuni prodotti da forno (biscotti e fette biscottate) senza l'aggiunta di grassi tropicali.
Ricordiamo infatti che la produzione di olio di palma tra le cause primarie della deforestazione di aree boschive (prima causa di emissioni di CO2 nel Sud-Est asiatico) e della devastazione degli “habitat” naturali per lasciare spazio alle monocolture come quelle della palma da olio. L’Indonesia ha perso oltre 5 milioni di ettari di foreste primarie, convertite in monocolture di palme da olio, e oltre 4 milioni ne ha persi la Malesia, con effetti disastrosi sulla biodiversità locale.
Il motivo per cui molte aziende ne fanno uso riguarda i costi bassi del prodotto e il sua versatilità in ambito alimentare, ma secondo i nutrizionisti un consumo giornaliero e massiccio dell'olio di palme provocherebbe danni alla salute, a causa della presenza di grassi saturi. Questo tipo di grassi può essere facilmente sostituito con altri grassi non “nocivi”, come l'olio di mais e girasole, oltretutto senza andare incontro a spese aggiuntive.