Siamo invasi dal cibo, dalla comunicazione che ha come oggetto il cibo e come cucinarlo. Il rischio è che dopo questa “abbuffata mediatica” possa arrivare la nausea. Le scuole di formazione professionale sono praticamente sature di allievi e di appassionati folgorati sulla strada di Damasco della cucina.
Il cuoco Antonello Colonna da Roma denuncia anche la sindrome MasterChef. «Oggi - dice Colonna - tutti vogliono fare i grandi cuochi stellati, l’idea è che per arrivare al vertice della piramide non sia più necessario scalare la piramide gradino dopo gradino, ma che sia più facile farsi lanciare in cima alla piramide con un paracadute». Ma ormai sappiamo che non è così, il grande chef per diventare tale deve fare la trafila dal basso. Siamo un paese di apprendisti cuochi, di apprendisti registi, di apprendisti attori, che rifiuta di partire dal basso. È la logica del Grande Fratello, dove in centinaia ci hanno provato e vogliono provarci, senza scuole di recitazione, di canto, di musica, spesso senza cultura alle spalle, in molti casi facendosi beffe dei veri attori, dei veri cantanti e musicisti che in realtà come i grandi cuochi hanno alle spalle anni di sacrificio, di studio e di lavoro.
Di chi la colpa? Certo che anche le trasmissioni televisive non aiutano la professionalità del vero cuoco. Come è possibile far credere che sia facile diventare cuochi o in tanti casi lasciar trasparire che sia possibile cucinare realizzando ricette in mezz’ora o al massimo in un’ora, avere comportamenti alla Ramsey che dice parolacce o come i nostri giudici di MasterChef Italia, che spesso non eccellono per simpatia e per linguaggio? Cucinare in fretta non aiuta a diventare cuoco, la cucina è anche lentezza, un continuo studio. Lo studio e la ricerca, la curiosità sono i veri percorsi del cuoco. La passione e i sacrifici, la scelta di una vita, questo è il Cuoco, il vero Cuoco.
Ma nel nostro sistema di ristorazione c’è anche un problema su cui bisognerebbe riflettere: la “sindrome della stella”. Far credere che solo i 330 ristoranti stellati siano la faccia presentabile di un’Italia con una grande storia del cibo, non è più sopportabile. I veri cuochi stellati sono quelli che cucinano per la gente normale; i veri cuochi sono quelli che partendo da materie prime normali realizzano piatti eccellenti; i veri cuochi stellati sono quelli che devono, giorno dopo giorno, far quadrare i conti; i veri cuochi sono quelli che dedicano ore ed ore a far da mangiare buono e giusto nelle tante trattorie e osterie d’Italia.
Penso anche alle centinaia di cuochi che nelle mense, negli ospedali, nelle caserme cucinano per la gente normale. Facile, troppo facile, cucinare per i ricchi e i potenti, facile far da mangiare con astici, aragoste, tartufo bianco con costi e prezzi che normalmente la gente normale non potrà permettersi. È come guardare i nuovi grattacieli di Milano, belli e irraggiungibili: un mondo spesso falsato. Ristoranti e cuochi con alle spalle società finanziarie che coprono le perdite. Tra l’altro le stesse ti permettono di non pagare le tasse...
Ecco quello che voglio dire: il cuoco come grande star, che si estranea, non aiuta il settore, non aiuta la ristorazione, attività che spesso vive in solitudine la propria impresa e guarda con sempre più distanza il mondo degli chef star, consulenti e testimonial di tanti oggetti che non hanno nulla a che vedere con il cibo, un mondo sempre più lontano dalla gente, gente che affolla pizzerie e locali etnici a 15 euro tutto compreso.
Chiudo con un’altra riflessione, direttamente proporzionale alle osservazioni sopradescritte, che mi tocca e sperimento ogni giorno a scuola. Insegno da molto tempo tecniche di cucina, da alcuni mesi presso una scuola di formazione a Cinisello Balsamo. Le decine di allievi tra i 14 e i 16 anni a cui insegno, sono spesso ragazzi che osservano il mondo della cucina in televisione, che provengono da famiglie normali, che non possono frequentare ristoranti di qualità. Ecco, questi ragazzi studiano e sperano di entrare nel mondo dorato della ristorazione rappresentato dai cuochi nelle varie trasmissioni: illusione? Speranza? Desiderio? È difficile dare una risposta.
Tutta questa spettacolarizzazione non è la Cucina, dobbiamo tornare ad essere uomini e donne che cucinano veramente. La creatività, la fantasia in un piatto sono sì importanti, aiutano certamente, ma la storia, la tradizione e la cultura sono gli strumenti per far nascere nuovi Cuochi. Parafrasando ancora Antonello Colonna, far studiare un ragazzo oggi per farlo diventare un calzolaio, potrebbe far nascere domani un nuovo Ferragamo; ma far nascere dei nuovi Gualtiero Marchesi, questo sì, sarebbe utile e importante per il nostro turismo e per il Paese.