Non posso, non possiamo non sollevare e sottolineare critiche a quanto sta ancora accadendo intorno all’Expo 2015, a meno di 200 giorni dall’inaugurazione. Tralasciamo però gli innumerevoli scandali e arresti delle diverse personalità coinvolte, spetta ad altri il giudizio. Naturalmente anche questi aspetti stanno minando la credibilità dell’evento, ma a noi piace cercare di capire cosa stia succedendo al suo interno.
Nonostante tutto non sono ancora stati diffusi i nominativi delle aziende che riempiranno i vari padiglioni. A parte Eataly e Peck che sembra si siano aggiudicati i lotti per le rispettive attività, le notizie di stampa riportano gare di appalto per i tanti servizi di somministrazione andati deserti, ma ne parleremo dopo.
L’Expo di Milano ci sta molto a cuore, potrebbe dare un po’ di ossigeno alle attività turistiche e commerciali di tutta la Lombardia, ma la direzione presa non sembra dare qualche possibilità a questa evenienza, eppure fin dai suoi esordi il progetto venne “venduto” come la migliore occasione di sviluppo per il Paese; in tanti ci hanno creduto, in tanti sperano che questo si possa ancora verificare.
Cosa è successo nel frattempo? Expo intanto ha dimostrato di essere avida, vuole tutto il business per sé, anzi a riprendere le parole di Carlo Petrini è una manifestazione senza anima. E come dargli torto, a meno di 6 mesi dall’inaugurazione, in città e soprattutto in provincia, non si percepisce nessun segnale di coinvolgimento.
In un Paese come il nostro fatto di piccole aziende e di artigiani niente è stato fatto per favorire uno sviluppo e partnership. Al contrario i costi altissimi di partecipazione hanno tenuto lontano il cuore pulsante del sistema della ospitalità milanese, infatti le gare di appalto vanno deserte e a quanto ci è dato sapere, la partecipazione di Peck (di proprietà della famiglia Marzotto) ha qualche strascico legale da parte di una cordata torinese interessata, mentre per quanto riguarda il super presente Oscar Farinetti con il suo Eataly, i bene informati dicono sarà presente con almeno 20 ristoranti.
Le critiche sono tante, il settore della ristorazione è deluso e rassegnato dalla scelta degli organizzatori di Expo di chiudere la manifestazione a mezzanotte, avvalorata dal biglietto pomeridiano a prezzo scontato. Con una permanenza media del turista di tre giorni, chi avrà il tempo di uscire da Expo e visitare la provincia insieme ai suoi ristoranti? Perché in pochi ricordano che Expo non sarà un evento dedicato alle mattonelle o ai mobili, ma un evento dedicato all’alimentazione, dove tutto ruoterà intorno al cibo e le realtà presenti probabilmente presenteranno le loro migliori eccellenze alimentari.
Se poi si pensa alle oltre 140 nazioni che hanno aderito, cioè 140 offerte ristorative, si capisce che l’ospite, il turista, sarà letteralmente preso per la gola, e chiudere a mezzanotte vuol dire proprio non dare nessuna chance alla ristorazione milanese. Altre critiche stanno già arrivando da settori come quello dell’olio extravergine di oliva, che, stando alle parole del presidente di Aifo Nazionale Piero Gonnelli, denuncia una mancata occasione di valorizzazione dell’intero settore proprio nel sito di Expo; l’olio extravergine sarà relegato come molti altri nel settore condimenti, ma l’olio italiano non meriterebbe maggiore attenzione? Dove è Federalimentare? Perché il ministero delle Politiche agricole e forestali non interviene?
È di questi giorni anche la polemica che contrappone il settore alberghiero milanese ai vertici di Expo; questi ultimi denunciano che i tour operator non concludono affari a causa dei prezzi sempre più alti delle camere. Forse Giuseppe Sala, commissario unico di Expo 2015, avrà anche ragione, ma resta il fatto che è mancato il dialogo con il territorio, quasi che Expo sia qualcosa di lontano, e certamente ha ragione Josep Ejarque, direttore generale di Explora, la società nata per promuovere e supportare le attività turistiche, quando afferma che Expo è un evento per famiglie, mentre Milano è un città di affari con un certo tipo di costi, ma dovevamo arrivare ora, a meno di 200 giorni dall’apertura dell’Esposizione universale, per capire questo?
Ci chiediamo, se la struttura dell’ospitalità milanese in qualche maniera dovesse “modellarsi” secondo le necessità di Expo, una volta chiusa la kermesse cosa succederà? Il settore già vive con mille problemi e la mancanza di marginalità nei ricavi è uno dei più evidenti; c’è spazio per ridurre i prezzi? Noi difendiamo gli operatori del settore, sappiamo già che in realtà nessuno aumenterà i prezzi, la concorrenza è un fatto vero e non virtuale.
Basteranno 40mila camere tra Milano e dintorni a soddisfare i bisogni di Expo? Gli alberghi che nel fine settimana sono vuoti cosa faranno? Non c’è, o almeno non si intravede, la possibilità di attuare una politica capace di valorizzare la cultura e l’arte di cui il territorio milanese è comunque ricco. Riusciremo a sviluppare un’alternativa per gli affari di queste realtà, che mostrano in ogni caso un affanno legato alla crisi?
La speranza era che Expo potesse diventare un traino anche per il futuro, invece ogni giorno nasce qualche critica e le difficoltà si sommano. Gli operatori, anzi, i vertici delle associazioni hanno partecipato a molte riunioni e incontri, soprattutto con Explora, ma sembrerebbe con scarsi risultati. Noi siamo fiduciosi, crediamo ci sia ancora spazio per un confronto su alcune delle questioni sottolineate, una su tutte la chiusura a mezzanotte. Se Expo vuole diventare un “affare di cuore” anche per i milanesi deve chiedersi se la strada intrapresa è quella giusta.