Non sarà la mela del peccato di Adamo ed Eva né quella avvelenata di Biancaneve, ma certamente è qualcosa di più. Stiamo parlando della "mela rosa", un prelibato frutto che cresce da secoli nell'entroterra marchigiano e precisamente nella zona dove dimorò uno dei personaggi più affascinanti e misteriosi dell'antichità: la maga Sibilla.

Monte San Martino è il posto delle mele. Situato in un’invidiabile posizione panoramica a circa 600 m.s.m. Dall'alto è possibile vedere, messi in riga come tanti soldatini di un pacifico esercito, gli alberi di mela rosa, con le sue varianti. Perchè qui le mele assumono forme e colori inusitati, forse perchè, in terra di Sibilla, sul piano pomologico, tutto è possibile.
La “mela rosa” è così chiamata un po' per via della colorazione che assume quando è matura, un po' per il profumo di rosa che emana quando è in fiore. Una mela non bella, perchè piccola ed irregolare, ma nutriente e gustosa, sana e genuina. È uno dei frutti più antichi di questa zona, resistente alla ticchiolatura ed alle più comuni avversità biotiche. Non ha, quindi, bisogno di particolari trattamenti antiparassitari, peculiarità che la rende particolarmente genuina.
Ed è certamente per questo che la “mela rosa” nel quadro del programma del festival della biodiversità, promosso ed organizzato dalla comunità montana dei Monti Sibillini presieduta da Giampiero Feliciotti, ha occupato un posto di primo piano, unitamente a tanti altri prodotti tipici che ciascuno dei 15 comuni facenti parte della comunità, è in grado da sempre di proporre.
Per esempio i salumi prodotti a Sarnano dal laboratorio artigianale di Fabrizio Monterotti, fra cui il tipico “ciaiuscolo”, un salame morbido da spalmare. E poi la celebre “Vernaccia”, unico spumante rosso Docg che subisce ben tre diverse e successive fermentazioni, reperibile un po' dovunque ma, in particolare, presso l'azienda di Alberto Quacquarini a Serrapetrona.
Perchè poi non parlare dei formaggi, come quelli prodotti al Caseificio Dipietrantonio a Belforte che produce, fra l'altro, il noto “belfortino” una vera e propria prelibatezza. E poi ci sono aziende agricole biologiche che producono legumi, l'olio Coroncina e finanche lo zafferano. Insomma, come dice il presidente della comunità montana dei Monti Sibillini Giampiero Feliciotti (nella foto), l'agricoltura biologica è e deve essere un commercio equo e solidale.
L'obiettivo deve essere la salvaguardia della salute, dell'ambiente, della qualità della vita e non ultimo quello di una valorizzazione turistica in quanto sono già tanti gli italiani che vanno sempre più alla ricerca di prodotti ottenuti senza l'aiuto della chimica. Ma torniamo alla “mela rosa” e ricordiamo che un antico proverbio recita “una mela al giorno toglie il medico di torno”. Se poi è biologica e autoctona è meglio.