L’inflazione cala perché il carrello della spesa si svuota, con gli italiani che hanno speso 5 miliardi in meno negli acquisti alimentari nel 2013. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati sull’andamento dell’inflazione a settembre resi noti dall’Istat con i prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche che a settembre su base congiunturale sono addirittura scesi dello 0,2%, con cali fino al 4,8% per la frutta fresca. Con la crisi il 68% dei consumatori taglia sull’abbigliamento, mentre il 57% degli italiani per risparmiare sceglie prodotti più economici nel largo consumo. Sei italiani su 10 hanno tagliato le spese per l’alimentazione, che ha raggiunto il livello più basso degli ultimi venti anni.

Nel 2013 il crollo è proseguito con le famiglie italiane che hanno tagliato gli acquisti per l’alimentazione, dall’olio di oliva extravergine (-9%) al pesce (-13%), dalla pasta (-9%) al latte (-8%), dall’ortofrutta (-3%) alla carne, sulla base delle elaborazioni su dati Ismea-Gfk Eurisko relativi ai primi 8 mesi dell’anno, che fanno registrare complessivamente un taglio del 4% nella spesa alimentare delle famiglie italiane.
La situazione potrebbe peggiorare ad ottobre con l’aumento dell’aliquota Iva che potrebbe favorire la ripresa dell’inflazione. L’aumento dell’aliquota a tavola colpisce direttamente i bicchieri degli italiani con rincari dalle bevande gassate ai superalcolici, dagli spumanti alla birra, dai succhi di frutta al vino, fino all’acqua minerale, mentre sono esclusi la maggioranza dei prodotti di largo consumo come frutta, verdura, carne, latte e pasta. In realtà per effetto della riduzione del potere di acquisto generale ad essere coinvolto è l’intero sistema economico che si trova già in una fase recessiva.
«L’inflazione frena - afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori - ma i consumi non ripartono. Anzi, le vendite di prodotti alimentari sono crollate dall’inizio dell’anno dell’1,8% in quantità e del 3,7% in valore. E ora l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, scattato il primo ottobre, non farà che rendere tutto più difficile per famiglie e imprese. Il rallentamento della corsa dei prezzi, a cui ha contribuito anche l’agricoltura con il forte ribasso congiunturale dei listini della frutta fresca (-4,8%), non ha modificato in nessun modo la situazione sul fronte dei consumi, tanto meno di quelli per la tavola. Nonostante il moltiplicarsi di promozioni e offerte speciali nella Gdo, con oltre un quarto dei prodotti sugli scaffali “a sconto”, il 71% delle famiglie (16 milioni) continua a tagliare sul cibo. Mentre sale spaventosamente il ricorso agli hard-discount, l’estremo avamposto del “low-cost”: dall’inizio della crisi, infatti, la quota di famiglie che acquista in questo tipo di esercizio commerciale è praticamente raddoppiata, superando oggi il 20%».

«In uno scenario del genere - sottolinea la Cia - l’aumento dell’Iva non può che peggiorare ulteriormente la condizione delle famiglie, riportando in alto l’inflazione. L’innalzamento dell’aliquota coinvolge il 60% dei consumi, con ricadute economiche per le famiglie comprese tra i 200 e i 300 euro l’anno. Senza contare gli effetti per negozi ed esercizi professionali, con oltre 25mila piccole imprese a rischio chiusura. Per questo bisogna fare il possibile per cancellare l’aumento dell’Iva: le famiglie e le imprese hanno bisogno di un segnale di fiducia».
«Al contenimento dell’inflazione - rileva la Copagri - continua per l’ennesima volta a contribuire l’agricoltura, posto che i prezzi dei prodotti alimentari non lavorati, ovvero non trasformati e quindi propriamente agricoli. Questi diminuiscono dello 0,6% rispetto ad agosto ed aumentano dell’1,9% su base annua, ma con un netto rallentamento rispetto al confronto agosto 2013/2012 quando il tasso di crescita era pari al 3,6%. Il contributo dell’agricoltura e dell’agroalimentare è riscontrabile anche nel carrello della spesa, i beni acquistati con maggiore frequenza, dove il tasso di crescita è vicinissimo allo zero ed in rallentamento sia livello congiunturale che tendenziale. Esiste un collegamento nella direzione del contenimento dell’inflazione tra i beni energetici non regolamentati, i carburanti in primis, e i prodotti agricoli, che non a caso viaggiano per il 90% su gomma. I primi sono diminuiti su base annua del 4,1%, gli altri come detto hanno fatto segnare un forte rallentamento del tasso di crescita. Meno costano i trasporti più calano i prezzi agricoli. I maggiori contributi a livello di ribasso dei prezzi agricoli vengono dalla frutta fresca e dai vegetali».