La provincia di Pavia vanta un immenso patrimonio di cultura enogastronomica, messa in luce da Annalisa Alberici con il volume “La tavola del Gran Pavese, della Lomellina e dell’Oltrepò”,considerato la bibbia del buon mangiare, del buon bere e delle tradizioni del territorio.
È stata l’Alberici che ci ha segnalato uno dei cenacoli della gastronomia locale, il ristorante “Selvatico”, dove si possono scoprire i più autentici e genuini piaceri della vita offerti dall’ottima tavola e dal buon riposo nel piccolo, delizioso albergo annesso al ristorante.
Il ristorante "Selvatico" ieri e oggi
Il nome non gli rende giustizia, poiché è ben lontano dall’essere "inospitale" come suggerirebbe la dicitura, dovuta al cognome dei proprietari: invece, fin dall’ingresso si è accolti da una cordialità premurosa e discreta, e si percepisce quell’aria "di casa" che mette subito a proprio agio.
Il ristorante è nato all’interno dell’azienda agricola Selvatico operante a Rivanazzano dal 1756, in cui nel 1912 è stata inserita un’Osteria con alloggio. Cucinavano le donne della famiglia, che preparavano piatti della tradizione locale, finché arrivò in cucina la giovane sposa dell’ultimo discendente, Piera Spalla, che dopo una breve esperienza di maestra elementare portò con sé idee nuove, e la passione per mantenere viva la cultura della propria terra. E da allora nulla fu più come prima.
Dopo la nascita e la crescita di due figlie, si verificò un miracolo sempre più insolito tra le giovani generazioni: Francesca e Michela, ammirate per le capacità della madre, vollero fermarsi a collaborare con lei, specializzandosi in attività affini che allargarono e completarono l’immagine del locale.
Francesca, dopo il liceo linguistico, alcuni corsi Ais e varie esperienze all’estero nel settore enologico, assunse il compito di occuparsi della sala, e quale sommelier professionista iniziò a gestire la cantina con circa 500 etichette italiane e straniere, dedicando particolare attenzione ai vini dell’Oltrepò che segue da vicino, dal grappolo alla bottiglia.
Col marito Sergio Daglia e la sorella Michela gestisce in continuità col ristorante la vineria “La Dahlia Selvatica”, il primo wine & restaurant bar della zona, dove in un ambiente elegante ed esclusivo si possono gustare ottimi vini, accompagnati dalle raffinate prelibatezze della casa.
Alla cucina si dedica soprattutto Michela, alter ego della madre Piera con cui opera in comunità d’intenti e di scelte, con l’aggiunta di qualità particolari. Infatti, dopo avere frequentato un istituto d’Arte, in cui ha dimostrato vivido talento nella pittura e nella scultura della ceramica, si è perfezionata in Italia e all’estero e ha inoltre seguito corsi di scultura vegetale e di panificazione artistica, portando nel ristorante le sue creazioni, così belle che spesso i clienti chiedono di portare via con sé quei piccoli capolavori, anziché distruggerli per farne cibo.
Il ristorante “Selvatico”, iscritto da qualche tempo nel “registro delle imprese storiche italiane”, è tra l’altro specializzato nelle cene a tema, nate da ricerche scrupolose su documenti delle varie epoche, per scoprire "come mangiavano" i nostri antenati: ci sono state serate medievali, futuriste, dannunziane, floreali, esotiche, con un contorno scenografico in carattere con l’argomento, il tutto destinato spesso a scopi benefici, in aiuto ad associazioni assistenziali.
Le riunioni si svolgono nelle 2 sale comunicanti, disponibili per 100 e per 80 coperti, con la possibilità di aprirsi nella buona stagione allo spazio interno contenente altri 30 posti, rallegrato da piante fiorite e da musiche in sottofondo.
Divenuto da vari anni centro di cultura, ospita “La comunità del cibo dell’Oltrepò”, centro di iniziative di vario genere, tra le quali opera un gruppo tutto femminile che organizza “occasioni di festa” per promuovere iniziative volte alla tutela del patrimonio culturale e delle tradizioni dell’Oltrepò Pavese.
La cucina del ristorante "Selvatico"
Si entra nel grande laboratorio solo con un permesso speciale, perché questo è un luogo magico vietato agli intrusi, dotato di tutte le moderne tecniche di cottura e conservazione, dove avvengono geniali trasformazioni d’ingredienti semplici, che diventano cibi squisiti a base di erbe di campo, dal finocchietto selvatico alle cime di ortica, dalla borragine all’acetosa, al crescione di acqua, alle cime di luppolo dal sapore di asparagi o alle foglie di papavero, rarità selezionate con pazienti ricerche, trasformate sapientemente in piccoli assaggi, con la scoperta di sapori mai provati, delicati, subito trasformati in sorprendente piacere.
«Non sono io che creo le ricette» dice Piera, «mi basta ascoltare i loro suggerimenti per creare matrimoni felici».
Gli altri piatti spaziano attraverso le cucine nazionali ed estere rivisitate con intelligenza, ma è quella dell’Oltrepò che riserva le maggiori sorprese, dai primi di pasta e riso declinati in ogni possibile variante ai pesci di acqua dolce, perché il mare è lontano, e non si viene in Oltrepò per cercare ciò che non nasce qui. Non mancano le rane e le lumache, il tutto autoctono, cucinate da Piera e Michela con un’arte che le rende gradite anche a chi non le ama, per arrivare ai prodotti della caccia, del cortile, con la presenza rara altrove dell’oca e del suo salame delicato, fino alla stalla, dalle carni ai formaggi.
E poi ci sono i magnifici salumi, tra i quali il Gran Varzi prodotto a breve distanza da qui, tornato in auge dopo un periodo di declino, per terminare con i dolci, specialità di Michela, in una varietà introvabile altrove.
Coccolati con garbo, aiutati nelle scelte dei cibi e dei vini –giusti- dall’esperienza di Francesca, che sa interpretare i desideri di ciascuno, ci si alza da tavola soddisfatti e leggeri mentre il conto, proporzionato alla qualità del cibo, non rappresenta certo un peso. Se poi si desidera sostare, magari per praticare le cure nello Stabilimento balneare noto fin dall’antichità per le acque salso-bromo-iodiche o sulfuree, e per i fanghi mineralizzati, basterà salire un piano e si troveranno camere deliziose, arredate con romantici mobili d’epoca, tutte diverse tra loro, affiancate da servizi dotati di ogni moderno comfort.
La modestia di Piera, che non ama esibire le proprie qualità, ci ha reso difficile individuare la sua presenza in tutte le principali Guide enogastronomiche, e conoscere i numerosi titoli di cui è insignita. Non sono mancate partecipazioni a trasmissioni televisive, innumerevoli citazioni in testi e riviste di gastronomia e altro ancora; noi di “Italia a tavola” non avevamo ancora segnalato i meriti della lady chef Piera Selvatico e del suo ristorante: ci fa piacere provvedere ora all’involontaria mancanza. «Del resto - dice lei - che cosa valgono i riconoscimenti ufficiali, di fronte a quelli che mi riservano i clienti-amici? Sono quelli, che contano veramente!».