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Stati generali del vino a Bergamo Importante vedere bicchiere mezzo pieno

Nella provincia lombarda sono confluiti gli operatori interessati al momento delicato che sta vivendo il mercato a livello nazionale. Ha prevalso l’ottimismo. Nuovi input sono stati dati ai protagonisti della filiera

di Roberto Vitali
21 marzo 2013 | 17:02

Stati generali del vino a Bergamo Importante vedere bicchiere mezzo pieno

Nella provincia lombarda sono confluiti gli operatori interessati al momento delicato che sta vivendo il mercato a livello nazionale. Ha prevalso l’ottimismo. Nuovi input sono stati dati ai protagonisti della filiera

di Roberto Vitali
21 marzo 2013 | 17:02

BERGAMO - Sono stati chiamati - un po’ pomposamente - “Stati generali del vino” e in parte lo sono stati, almeno per la provincia di Bergamo, nel senso che all’incontro, promosso dal Consorzio tutela Valcalepio, sono confluiti tutti gli operatori (imbottigliatori, produttori d’uve, distributori, agenti di vendita) interessati al momento delicato che sta vivendo il mercato del vino a livello nazionale. A Bergamo, alla fine, ha prevalso l’ottimismo e la volontà di vedere il bicchiere mezzo pieno. Anche perché questo avviene in un periodo in cui l’enologia bergamasca sta venendo fuori brillantemente da decenni di “secondo piano” e di ingiusto snobbismo da parte di molti consumatori e ristoratori orobici. Il cambio ai vertici del Consorzio, l’approvazione della seconda Doc Colleoni, le nuove tecniche agrocolturali messe in atto, l’azione sul mercato estero sono iniziative che dovrebbero dare maggior respiro all’economia orobica legata alla produzione di vino.

Enrico Rota, Riccardo Ricci Curbastro, Sergio Cantoni e Giovanni De Ferrari, vicepresidente del Consorzio tutela Valcalepio

Nuovi input sono stati dati dai relatori ai protagonisti della filiera. «La crisi dell’enologia si innesta ovviamente su quella generale dell’economia - ha detto il presidente del Consorzio, Enrico Rota (nella foto sopra, primo a sinistra) - e su questo abbiamo riflettuto produttori, distributori e agenti, per la prima volta convocati tutti al capezzale del malato. Sono però sempre più fiero ed orgoglioso di appartenere ad una comunità laboriosa che mai ostenta quanto sa fare e che nei momenti difficili sempre emerge».

Sono diversi gli aspetti che dovrebbero indurre speranza e nuovo entusiasmo ai protagonisti della filiera: il miglioramento dei vini prodotti sull’arco collinare bergamasco; la presenza di un aeroporto che porta ogni anno nella nostra provincia milioni di visitatori (leggi “turismo enogastronomico” di grandi potenzialità); la tradizione e la leggenda da trasmettere nella figura del Colleoni scelto come simbolo del Consorzio. Agenti di commercio, quindi, siano più convinti di quello che vendono e più convincenti nei confronti del ristoratore, chiamato a valorizzare il prodotto locale e a presentarlo bene nella sua lista dei vini, con annotazioni complete e magari qualche spiegazione sul territorio.

Il franciacortino Riccardo Ricci Curbastro (nella foto sopra, secondo da sinistra), presidente di Federdoc, ha detto la sua: «Un vantaggio lo dà la vendita di vini a Denominazione di origine, in opposizione a vini generici. Il messaggio è chiaro: se compri un vino Doc sai cosa compri, da dove proviene, come è fatto e hai una garanzia legata al prodotto maggiore rispetto a quella dei vini generici. Tutti fattori che vanno a ricoprire una rilevanza non indifferente in momenti nei quali il pubblico spende sempre meno e vuole sempre più essere sicuro di cosa sta acquistando».

A Bergamo i vini a denominazione sono quantitativamente in aumento: 1 milione 200mila bottiglie di Valcalepio Doc, 55mila di Moscato di Scanzo, 20mila di Terre del Colleoni (che arriverà presto a 40mila).

L’enologo Sergio Cantoni (nella foto sopra, secondo da destra), direttore del Consorzio Tutela Valcalepio, ha posto l’accento sull’importanza rivestita dai vini del territorio, che portano con sé un bagaglio di valori intrinseci che ne rendono più facile la vendita sul territorio stesso, sia per l’appeal che hanno sui turisti sia per la tradizione che rivestono per il pubblico locale. Sta agli operatori del comparto restituire al vino il suo ruolo di bene di consumo (nel corso degli anni c’è stata la tendenza a farlo diventare bene durevole, da conservare e non da bere) in modo da poterne riattivare il circuito di consumo-vendita. Rivolgendosi ai produttori, Cantoni ha ricordato che vendono a qualcuno che a sua volta dovrà vendere: si tratta quindi di studiare strategie comuni che possano soddisfare tutti: produttore, venditore, utente finale. Produttori e agenti di commercio devono farsi vedere di più nei locali di degustazione e spiegare bene cosa stanno vendendo, perché il vino, dopo tutto, è anche storia, poesia ed emozioni.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
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