Con la fine del 2010, grazie alle vendite all'estero, si può dire che il vino italiano sta uscendo dalla crisi. Cala la superficie vitata. Aumenta il rapporto ettari/azienda, che è triplicato dagli anni Novanta a oggi. Continuano a scendere i consumi interni. Questo il quadro fatto da Assoenologi - Associazione enologi enotecnici italiani, ossia l'organizzazione di categoria che nel nostro paese rappresenta i tecnici vitivinicoli a consuntivo dell'anno appena trascorso.
«I dati di fine anno - afferma il direttore generale di Assoenologi, Giuseppe Martelli - lasciano intravedere un incremento di vendite all'estero non solo quantitativo ma anche di introiti che, se confermati nel 2011, potrebbero far ipotizzare una inversione di rotta. La congiuntura a livello internazionale è pesante ma il vino italiano, sia pur mani-festando degli spiragli superiori ad altri prodotti agroalimentari, non rimane più in balia della schizofrenia dei mercati».
Produzione
Nel 2010 l'Italia ha prodotto 45,5 milioni di ettolitri di vino, ossia il 3,3% in meno rispetto la media quinquennale attestata su 47 milioni di ettolitri. Il che significa che a livello strutturale il settore si sta contraendo sensibilmente (nel 2000 si produssero 54,1 milioni di ettolitri), ma con prospettive di sviluppo assai interessanti per le aziende che hanno saputo interpretare e gestire la crisi. Il business del settore complessivamente ha tenuto rispetto al 2009 rimanendo sui 13,5 miliardi di euro con una netta flessione di introiti nei primi mesi dell'anno poi recupera-ta sui mercati internazionali.
Superficie vitata
Continua a calare la superficie vitata di uva da vino che in Italia nel 1990 era di 970.000 ettari e oggi è di 702.000 (-27,6%), ma con una maggiore specificazione e con un deciso incremento della superficie azienda/ettaro, che è quasi triplicata, passando da una media di 1 ettaro degli anni ‘90 ai quasi 3 ettari di oggi.
Negli ultimi vent'anni si sono persi 268.000 ettari, ovvero più di quanti ne hanno oggi la Lombardia, la Puglia e la Sicilia messe insieme, ma ricompattando il settore e specializzandolo, nonostante la tendenza manifestata nel 2010 a un'ulteriore diminuzione, visti gli estirpi (Ocm vino) e la scarsa remunerazione. Un dato su tutti può mostrare l'entità della contrazione: la Sicilia nel 2000 produceva 7,1 milioni di ettolitri e nel 2010 ne ha prodotti 4,3 migliorando però sensibilmente la sua produzione, nella convinzione che bisogna 'produrre per vendere e non per distruggere” con assurde distillazioni.
Consumi interni
Il consumo di vino in Italia si attesta a meno di 43 litri pro capite. Un valore, secondo Assoenologi, destinato a calare ulteriormente. Si prevede, infatti, che i consumi scenderanno sotto i 40 litri entro il 2015.
Mercati esteri
Il 2009 è stato caratterizzato dalla instabilità dei mercati internazionali che, a fronte di incrementi di vendita, hanno continuato a far registrare decrementi di introiti.
«Una situazione che è cambiata nei primi mesi del 2010 – aggiunge Martelli - . Da febbraio si è infatti registrata una inversione di tendenza tanto che gli ultimi dati disponibili parlano di vendite all'estero in cresci-ta dell'8,1% in quantità e del 9,8% in valore rispetto allo stesso periodo dello scorso anno».
Il vino italiano nel mondo continua a piacere e a essere richiesto con performance migliori di quelle dei nostri principali competitor. Un dato di fatto che implica diverse positive considerazioni.
«L'anno appena passato è stato un anno molto importante per il vino italiano, caratterizzato da una prima parte concentrata al recupero delle perdite imputabili alla crisi finanziaria internazionale e da una seconda, in particolare l'ultimo trimestre, improntata alla crescita dei volumi e valori – sottolinea Martelli - . Tra gli aspetti positivi è da rilevare la crescita dei mercati extra-europei e dalla contemporanea crescita del valore medio unitario, che ha dato un respiro alle imprese. Le stime prevedo-no un valore export intorno ai 3,8 miliardi di euro e un volume di 22 milioni di ettolitri».
Il mese di novembre ha fatto registrare un picco inedito: il valore export ha superato per la prima volta la barriera dei 400 milioni di euro, 414 per l'esattezza, e la soglia dei 2,2 milioni di ettolitri.
La fase espansiva dei nuovi mercati è molto evidente: Cina +145% e Russia +69%. Ottima la performance del mercato canadese +67,5%, Danimarca +37,1%, Paesi Bassi + 32,2%.
I due grandi mercati Germania e Stati Uniti mostrano una vivace dina-micità +14,4% e +16,3% rispettivamente. Non meno importanti i segna-li che giungono dalla Svizzera +15,5%.
Sul versante dei volumi è da segnalare la stanchezza del mercato bri-tannico verso l'offerta italiana che nell'arco del 2010 gennaio-novembre ha accumulato una contrazione del –4,2%, contrazione che tende a crescere come risulta da dato di novembre – 34,0%. In leggera flessione le consegne in Svizzera –1,1% e –4,2% in novembre, imputabili ad una minor domanda di prodotto sfuso. In recupero le flessioni di Svezia e Norvegia che in compenso mostrano una lievitazione dei valori.
Molto sostenuta la domanda in novembre in: Cina +218%, Russia +123%, Canada +50%, Corea del Sud 34%, Danimarca +30%, Paesi Bassi +24%.
Cambiano i gusti e vincono i bianchi
Nel 2010 è stato registrato un ulteriore decremento della richiesta di vini rossi che, fatta eccezione per alcuni mercati, rimangono in subordine a quelli bianchi. Il dato è confermato anche dai risultati di produzione: i vini bianchi hanno quasi raggiunto il 60% del totale delle vendite mentre i rossi e i rosati sono scesi al 40%, capovolgendo la situazione rispetto a dieci anni fa.
Settore in ristrutturazione
Nel 2010 si è ulteriormente accentuato il decremento delle strutture produttive di uva da vino (-2%) passate dalle 700.000 del 2000, a circa 450.000 (-36%). Così come sono continuati a diminuire gli imbottigliatori, scesi da 30.000 del 2005, a meno di 25.000 (-16,8%).
Denominazioni, non c'è spazio per polemiche
Nel 2009 i vini a denominazione di origine erano 363. A fine del 2010 sono arrivati a 386, con un incremento del 6,3%. I vini a Indicazione geografica tipica alla fine del 2009 erano 118 e questo numero è rima-sto invariato anche nel 2010. «Sovente si tende a paragonare il numero delle denominazioni di origine italiane con quelle francesi - prosegue il direttore generale di Assoenologi - che sono circa 500, un numero superiore a quelle del nostro paese. Stando a questi dati, quindi non è vero che in Italia i Dop sono molti di più di quelli francesi, anzi».