Riaffermazione del primato del settore agricolo lombardo a livello nazionale, tutela dell'identità attraverso territori e prodotti, difesa dell'originalità contro gli Ogm e valorizzazione culturale ed economica delle aree agricole. Sta in questi 4 concetti il programma di Giulio De Capitani (nelle foto), il nuovo assessore regionale all'Agricoltura in Lombardia a cui tocca il non facile compito di traghettare il settore primario fuori dalla più grave crisi economica degli ultimi decenni.
A fronte di un sostanziale azzeramento delle risorse finanziarie che rischia di lasciare il campo alla vittoria della globalizzazione, De Capitani può forse giocare con un'arma in più e di cui da tempo si avvertiva forse la mancanza: un progetto politico-culturale 'forte” che, abbinato a un sano pragmatismo da architetto abituato a lavorare nella più profonda terra lombarda (l'area del Lecchese), permette di tracciare con coerenza strategie di ampio respiro (per approfondire la biografia di Giulio De Capitani vedere l'articolo correlato, ndr).
Il neo assessore lombardo condivide fra l'altro questa visione con i colleghi di Piemonte, Veneto e Friuli, tutti del 'movimento” come lui. Come dire che per la prima volta, almeno sulla carta, c'è la possibilità di immaginare programmi agricoli condivisi da quattro delle principali regioni del nord, e in ogni caso quelle che segnano una continuità territoriale da ovest ad est lungo la pianura padana e l'arco alpino.
Non si può non partire da questa considerazione (l'asse leghista che gestisce le Politiche agricole di 4 regioni strategiche del nord) visto che, per l'importanza che riveste il settore primario in Lombardia (nonché per il ruolo baricentrico di Milano), a De Capitani toccherà nei fatti di coordinare in qualche modo le iniziative politiche dell'agricoltura della Padania.
«In Lombardia - premette subito il neo assessore - abbiamo primati assoluti a livello nazionale per quantità e qualità (dalla zootecnia al vino) e proprio per questo oggi avvertiamo situazioni di crisi elevate che ci impongo di ottimizzare l'uso delle risorse, previste in un momento di congiuntura normale, messe a disposizione dal Psr 2007-2013 e oggi obiettivamente non sufficienti per tutte le necessità. Dobbiamo cercare di allentare la pressione che c'è oggi in alcuni settori per noi strategici, come quello dell'allevamento, cercando di intervenie sul piano finanziario e rivedendo alcune norme, ad esempio sulle quote latte e sui nitrati, per garantire un po' di ossigeno alle aziende».
Il tutto con una premessa: «Da architetto non ho la verità a disposizione, sarei poco credibile, ma sto allenandomi per essere in buone condizioni in vista del campionato e quindi cerco di consultare tutti in questa fase per capire le richieste di ciascuno».
Qual è l'obiettivo principale oggi del suo assessorato?
«Il dato di partenza è che dobbiamo avere una maggiore attenzione ambientale, ma partendo dall'obiettivo di preservare al massimo i terreni agricoli (anzi estendendone la superficie) e non tanto, o non solo, normando rigidamente ad esempio i trattamenti dei terreni (è il caso dei nitrati) sulla base dei periodi vegetativi del nord Europa, notoriamente più brevi dei nostri. Servono aggiustamenti di lungo periodo».
Ma come si può tutelare il terreno agricolo dopo anni di urbanizzazioni e industrializzazioni spesso selvagge che hanno fatto scempio anche di alcuni paesaggi lombardi?
«Da architetto sostengo che dobbiamo procedere a politiche di scambio: là dove si deve utilizzare terreno agricolo (ad esempio per infrastrutture) si devono rimettere a coltivazione e uso agricolo aree dismesse e abbandonate, per aumentare il valore anche ambientale che dà identità ai nostri territori».
Che cosa rappresenta l'identità in agricoltura?
«I prodotti tipici, di cui la Lombardia è ricca, parlano le lingue dei territori ed è quindi doveroso tutelarli maggiormente per garantire l'identità sociale, culturale ed economica di quelle zone».
Un'impostazione che la accomuna ad altri assessori regionali.
«Non c'è dubbio che il fatto di appartenere allo stesso movimento politico, e condividere questi ideali ci faciliterà nell'avviare politiche agricole coerenti. In tempi brevi dovremo avviare azioni non diverse fra le varie regioni, compatibilmente coi programmi delle rispettive giunte, che sono tutte di centro destra».
In questo 'comune sentire” c'è anche il no del nord agli Ogm?
«Il nostro è un indirizzo preciso: siamo d'accordo con la ricerca, ma fino a prova contraria non si vede la necessità di introdurre cambiamenti radicali per togliere originalità ai nostri prodotti, che vanno invece tutelati e valorizzati».
Cosa si può fare per garantire di più i consumatori, anche sul piano sanitario, rispetto ai prodotti agricoli lombardi?
«Tracciabilità e filiera sono le parole chiave. Dobbiamo garantire non tanto la zona di produzione e trasformazione di un prodotto, quanto la provenienza delle materie prime. Dobbiamo seguire l'esempio del vino lombardo dove siamo ad ottimi livelli di garanzia offerta. Si deve dare fiducia ai consumatori attraverso nuove forme di assistenza e qualificazione dei piccoli produttori».
I prodotti locali possono essere valorizzati da ristoranti e agriturismi, ma questi non sempre sono in regola...
«Deve finire il tempo dei furbi che danneggiano il sistema spacciando prodotti per genuini. Dobbiamo riuscire a distinguere fra chi fa le cose sul serio e chi no. Studieremo con l'apporto di tutti dei criteri che valorizzino gli operatori seri e tutelino i consumatori. Il tutto potenziando anche le iniziative per l'educazione e quelle per l'Expo 2015, obiettivo strategico per la riqualificazione a livello ancora più alto dei prodotti lombardi».
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