L'agricoltura non ha più tempo da perdere. Aziende agricole al centro dell'attenzione, meno burocrazia, promozione del Piemonte agricolo e un occhio di riguardo all'agricoltura di montagna: sono queste le priorità dell'assessore all'Agricoltura della Regione Piemonte, Claudio Sacchetto (nelle foto a destra; a sinistra insieme al presidente della Regione Piemonte Roberto Cota). Cuneese, laureato in Agraria a Torino, imprenditore agricolo, il bisnonno fu tra i fondatori del polo della frutta a Lagnasco (Cn), nel Saluzzese. Dal 2004 al 2006 ha ricoperto l'incarico di vicesegretario della Lega Nord a Cuneo e dal novembre 2006 è segretario della circoscrizione Cuneo-Saluzzo del partito. Consigliere comunale di Cuneo dal 2007, eletto nel 2009 nel Consiglio provinciale e in seguito assessore provinciale all'Agricoltura, caccia e pesca, tutela faunistica. Nel 2010 è stato eletto per la prima volta in Consiglio regionale nella circoscrizione di Cuneo, con 11.756 voti di preferenza e il 16 aprile 2010 è stato nominato assessore regionale all'Agricoltura e foreste, caccia e pesca (per approfondire la biografia di Claudio Sacchetto vedere l'articolo correlato, ndr).
Quali sono le linee guida del suo mandato per favorire lo sviluppo del settore agricolo?
Non ritengo utili i sussidi a pioggia per le aziende agricole, ma un aiuto primario al potenziamento del settore, penso alla Pac (Politica agricola comune) e alle misure agroambientali. Lo stesso Psr (Piano di sviluppo rurale) non è un vero aiuto alle aziende, perché i loro investimenti fungono da moltiplicatore economico e vanno a vantaggio dell'indotto dell'agricoltura. Nei prossimi anni rischiamo di trovarci una filiera con un anello mancante, proprio le aziende agricole e nel frattempo molte di esse sono fallite. Una particolare attenzione sarà dedicata alle zone di montagna per valorizzare il patrimonio culturale e naturale. Occorre pensare a un sostegno al reddito, come accade in Francia, perché l'agricoltura di montagna serve a conservare il territorio. è una reazione a catena, si migliorano le opportunità occupazionali, ritornano i giovani, aprono i negozi, le scuole e si migliora la vita e si incrementa il turismo.
La mancanza di una strategia per il settore agricolo a livello nazionale si ripercuote anche a livello regionale. Cosa ne pensa?
Una vera strategia agricola negli ultimi due decenni non l'abbiamo avuta. Ci sono Paesi europei che hanno una politica agricola molto forte, penso alla Francia e alla Germania. Noi in sede europea arriviamo impreparati, nei primi anni dell'integrazione europea abbiamo mandato politici e funzionari a fine carriera, occorrono invece persone motivate, competenti e attente alle tematiche agricole. A livello piemontese occorre creare un asse tra quei territori che hanno problemi comuni, Lombardia, Veneto e aggiungo Emilia Romagna, per presentarci alla Conferenza Stato e Regioni con argomentazioni univoche, fare un discorso macroregionale e portarlo avanti anche in sede europea.
Nell'intento di dare slancio al Piemonte agricolo è importante la promozione. Qualche anno fa la Regione ha fatto nascere l'Istituto di marketing alimentare (Ima), che è stato il primo di questo genere in Italia. Intende dargli un nuovo assetto?
Sicuramente cambierà la filosofia dell'Ima, con direttive ben precise da parte dell'Assessorato essendo una struttura in house può essere un supporto fondamentale per tutte quelle aziende che pur avendo delle potenzialità per affrontare l'export non riescono con la loro struttura a sondare i mercati, capirne le reazioni ed è qui che l'Ima deve intervenire. Abbiamo anche molte aziende che portano le loro eccellenze in giro per il mondo senza necessità di utilizzare supporti pubblici e sicuramente il privato lo sa fare meglio dell'ente regionale.
A gennaio è stato presentato il marchio 'Piemonte Agriqualità” con il relativo piano di comunicazione e promozione. Intende utilizzarlo?
Oggi è una scatola vuota, abbiamo il logo, ma non i contenuti. è fondamentale far conoscere il nome Piemonte a livello internazionale. Dobbiamo comunicare che abbiamo un'agricoltura pulita, certi nostri disciplinari, e penso alla frutta, sono più restrittivi di quelli del Trentino, per esempio, che fa della ecocompatibilità un cavallo di battaglia. Agricoltura pulita grazie a metodi di produzione rispettosi dei disciplinari e a basso impatto sull'ambiente e sull'uomo, produzione di qualità: da comunicare ai consumatori, alla grande distribuzione. Vorrei creare un ente certificatore a livello regionale che lavorando con gli enti già esistenti ci permetta di arrivare a una certificazione riconosciuta a livello internazionale. Non intendo creare ulteriore burocrazia alle imprese, voglio utilizzare al meglio tutto quello che è disponibile. Il logo 'Piemonte Agriqualità” deve seguire la politica di promozione del nome Piemonte.
Cosa ne pensa dei distretti di vino, riso, fiori?
Per quanto riguarda i distretti del vino ho dato indicazione di sospendere per rivederli. Sugli altri due ho ricevuto opinioni discordanti, sono distretti molto circoscritti e potrebbero anche funzionare. Certo che per il riso bisognerebbe pensare a un distretto interregionale perché comunque non possiamo pensare di arrivare solo fino al Ticino!
Le quote latte?
è una partita macropolitica, le premesse per uscire dalla ideologia ci sono, il mercato non va, tutte le aziende boccheggiano e rischiano di fallire. Bisogna mettere da parte quello che è stato e ipotizzare una soluzione per quello che potrebbe essere.
E il programma dei 100 giorni?
Aspetto a fare dichiarazioni, mi guardo intorno, mi informo. è questo un assessorato strategico, molto complesso. Amo il mondo agricolo, vorrei portare la mia mentalità cattolico liberale slegata dall'interventismo pubblico, ma non puoi rompere in pochi giorni una tradizione radicata, mi interfaccio con gli altri e intanto porto avanti questa politica. La politica deve fare le leggi ma deve anche modificare quello che non vanno. Mi auguro durante il mio mandato di portare vantaggio alle aziende agricole, di uscire dalla logica di far presa sulla gente nel promettere solo fondi che poi non arrivano alle aziende agricole. Non siamo un ente di beneficienza, dobbiamo dare i soldi a fronte di progettualità vere che vadano a vantaggio delle aziende agricole.
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